Proprio per restar fedeli all’impostazione stacanovista di questa rubrica, l’idea per questo articolo si è presentata in piena pausa pranzo di ieri quando, mentre mi trovavo a riflettere sull’articolo “Tra parentele, favori prostituiti e…” apparso all’interno della rubrica “Follie e Scommesse” di questa settimana, la mia attenzione è stata catturata da quanto appariva sullo schermo tv del bar dove abitualmente pranzo, sintonizzato su “Pomeriggio 5”. Ospiti della trasmissione, le partecipanti al reality “La Pupa e il Secchione”. Sottolineo “le” proprio perché dei secchioni non c’era traccia, mentre invece le belle pupe erano tutte presenti all’appello sbandierando la loro vera o falsa ma sempre ben mostrata superficialità. E qui già mi è venuto da sorridere pensando alla questione relativa alla fuga di cervelli italiani all’estero. Certo che fuggono, visto che neanche quando si prestano a futilità (per non dire altro) come i reality trovano poi uno spazio in cui mettere a frutto le loro qualità intellettive. Tralasciando un momento questa prima e già grave considerazione, per rendervi partecipi dell’idea che mi ha tormentato per buona parte di oggi, vorrei focalizzare l’attenzione sul passaggio del suddetto articolo “…il leader locale di turno che elargisce posizioni privilegiate a compiacenti belle donne che entrano nel mondo politico e governativo del paese con le cariche più disparate, e non ho paura a definirli "favori prostituiti" perchè di questo si tratta, sesso in cambio di carriera…” . Ora, l’idea è questa. La paura che giustamente il collega non ha nel definire in questo modo il meccanismo appena esposto, ma che invece parecchi hanno eccome, soprattutto se sono “ingranaggi” di tal sistema, a mio avviso dovrebbe scomparire all’istante non solo dai pensieri di chi appena menzionato, ma anche di chi non crede, crede o vuole non credere a questa realtà. Ed il motivo è che tale pratica è ormai socialmente riconosciuta e universalmente accettata. Sto impazzendo? No. Mi è bastato seguire per una decina di minuti il programma televisivo prima citato per apprendere tale verità. In che modo? Ma come, se delle avvenenti ragazze non mostrano scrupoli ad affermare che, essendo loro indubbiamente bellissime, in cambio della concessione di tale bellezza (magari anche soltanto in termini di compagnia) il fortunato pretendente deve almeno poter tirare in ballo potere, auto di lusso, conto in banca e quant’altro e prodigarsi in regali e pegni d’amore quali appartamenti in dono, vacanze milionarie, mantenimento ai massimi livelli, invece di venire quantomeno ignorate vengono rese dive da reality, talk show e simili e diventano più o meno consapevolmente degli esempi da imitare, non si sta parlando di totale accettazione della situazione prima descritta? E se, invece di regali o mantenimenti, un uomo o una donna ottiene in cambio dei suoi favori, della sua amicizia e via dicendo, una carriera, un’esenzione, una spintarella per un concorso o quant’altro, non è la stessa cosa? E allora, perché accettiamo che le Pupe sbandierino a destra e a manca la loro visione del sistema, e gridiamo allo scandalo quando si parla di “parentelismo”, “clientelarismo”, favori prostituiti e quant’altro? La mia personalissima risposta a questa domanda è piuttosto semplice: è perché siamo proprio noi la causa di questo sistema, quando lo accettiamo perché ne facciamo parte, e quando lo condanniamo perché ne veniamo esclusi. E queste, a meno di non essere eccessivamente sfortunati, sono condizioni che capitano alternatamente diverse volte nella vita. La differenza risiede soltanto nella frequenza con cui si è chiamati a farne parte o ad esserne esclusi. Più si ha la possibilità di dar qualcosa in cambio, qualsiasi essa sia, più si viene inclusi. Meno se ne ha, più frequentemente si viene estromessi dal gioco. Chi ci rimette sempre? I secchioni (non solo quelli dei reality), che credono di compensare la mancanza di genealogia, di bellezza, di “grana” con la fatica, l’intelligenza, lo studio. Ma è risaputo, queste doti non hanno un gran peso sulla bilancia della meritocrazia italiana. di Andrea Mariani
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Proprio per restar fedeli all’impostazione stacanovista di questa rubrica, l’idea per questo articolo si è presentata in piena pausa pranzo di ieri quando, mentre mi trovavo a riflettere sull’articolo “Tra parentele, favori prostituiti e…” apparso all’interno della rubrica “Follie e Scommesse” di questa settimana, la mia attenzione è stata catturata da quanto appariva sullo schermo tv del bar dove abitualmente pranzo, sintonizzato su “Pomeriggio 5”. Ospiti della trasmissione, le partecipanti al reality “La Pupa e il Secchione”. Sottolineo “le” proprio perché dei secchioni non c’era traccia, mentre invece le belle pupe erano tutte presenti all’appello sbandierando la loro vera o falsa ma sempre ben mostrata superficialità. E qui già mi è venuto da sorridere pensando alla questione relativa alla fuga di cervelli italiani all’estero. Certo che fuggono, visto che neanche quando si prestano a futilità (per non dire altro) come i reality trovano poi uno spazio in cui mettere a frutto le loro qualità intellettive. Tralasciando un momento questa prima e già grave considerazione, per rendervi partecipi dell’idea che mi ha tormentato per buona parte di oggi, vorrei focalizzare l’attenzione sul passaggio del suddetto articolo “…il leader locale di turno che elargisce posizioni privilegiate a compiacenti belle donne che entrano nel mondo politico e governativo del paese con le cariche più disparate, e non ho paura a definirli "favori prostituiti" perchè di questo si tratta, sesso in cambio di carriera…” . Ora, l’idea è questa. La paura che giustamente il collega non ha nel definire in questo modo il meccanismo appena esposto, ma che invece parecchi hanno eccome, soprattutto se sono “ingranaggi” di tal sistema, a mio avviso dovrebbe scomparire all’istante non solo dai pensieri di chi appena menzionato, ma anche di chi non crede, crede o vuole non credere a questa realtà. Ed il motivo è che tale pratica è ormai socialmente riconosciuta e universalmente accettata. Sto impazzendo? No. Mi è bastato seguire per una decina di minuti il programma televisivo prima citato per apprendere tale verità. In che modo? Ma come, se delle avvenenti ragazze non mostrano scrupoli ad affermare che, essendo loro indubbiamente bellissime, in cambio della concessione di tale bellezza (magari anche soltanto in termini di compagnia) il fortunato pretendente deve almeno poter tirare in ballo potere, auto di lusso, conto in banca e quant’altro e prodigarsi in regali e pegni d’amore quali appartamenti in dono, vacanze milionarie, mantenimento ai massimi livelli, invece di venire quantomeno ignorate vengono rese dive da reality, talk show e simili e diventano più o meno consapevolmente degli esempi da imitare, non si sta parlando di totale accettazione della situazione prima descritta? E se, invece di regali o mantenimenti, un uomo o una donna ottiene in cambio dei suoi favori, della sua amicizia e via dicendo, una carriera, un’esenzione, una spintarella per un concorso o quant’altro, non è la stessa cosa? E allora, perché accettiamo che le Pupe sbandierino a destra e a manca la loro visione del sistema, e gridiamo allo scandalo quando si parla di “parentelismo”, “clientelarismo”, favori prostituiti e quant’altro? La mia personalissima risposta a questa domanda è piuttosto semplice: è perché siamo proprio noi la causa di questo sistema, quando lo accettiamo perché ne facciamo parte, e quando lo condanniamo perché ne veniamo esclusi. E queste, a meno di non essere eccessivamente sfortunati, sono condizioni che capitano alternatamente diverse volte nella vita. La differenza risiede soltanto nella frequenza con cui si è chiamati a farne parte o ad esserne esclusi. Più si ha la possibilità di dar qualcosa in cambio, qualsiasi essa sia, più si viene inclusi. Meno se ne ha, più frequentemente si viene estromessi dal gioco. Chi ci rimette sempre? I secchioni (non solo quelli dei reality), che credono di compensare la mancanza di genealogia, di bellezza, di “grana” con la fatica, l’intelligenza, lo studio. Ma è risaputo, queste doti non hanno un gran peso sulla bilancia della meritocrazia italiana. di Andrea Mariani
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