Settantanove anni fa il poeta spagnolo Federico Garcia Lorca trovava la morte in una nefanda fucilazione nella campagna granadina poi passata alla storia. Convertitosi ben presto in emblema della Repubblica e degli ideali libertari in difesa della democrazia, dei diritti civili e dell’uguaglianza, il poeta ha lasciato un’ampia produzione letteraria raccolta in varie sillogi tra cui le celebri “Libro de poemas”, “Suites”, “Romancero gitano”, Poeta en Nueva York. Rilevante anche il suo contributo quale drammaturgo dove ha prodotto opere di pregevole tessitura e contenutisticamente formidabili: dai primi canovacci teatrali influenzati dall’avanguardia surrealista e vicini alla farsa, ai famosi drammi rurali in cui si annoverano opere come “Yerma, “La casa de Bernarda Alba” e “Bodas de sangre” ritenute dai nazionalisti pericolose perchè veicolanti ideali progressisti e contro la morale borghese del momento. Nell’opera teatrale basata su un motivo storico, ossia la dolorosa vicenda dell’eroina granadina Mariana Pineda che troverà la morte per essere la compagna di un cospiratore del Re e che non accetterà di sottostare al servigio sessuale, machista, per riscattare la libertà, è forse possibile vedere in maniera talmente vivida lo stesso Federico Garcia Lorca, intellettuale scomodo e perseguitato perchè vicino alle idee di sinistra, critico nei confronti della società, dei pregiudizi e della morale dominante, omosessuale e amico fraterno dell’emarginato. Le opere teatrali nelle quali stigmatizzava mediante simboli e situazioni magistralmente rese contro il potere nazionalista, militaresco e dispotico della Spagna del momento,restano a testimonianza di una vita imbevuta di tormento e dolore, cancellata dalla faccia della terra per sopprimerne le vedute e gli ideali di fondo. Un atto abominevole, come tanti se ne ebbero nel corso del conflitto civile spagnolo, da entrambe le parti, che ancora i partiti di destra si rifiutano di commentare o di riconoscere, contribuendo a scrivere pagine di cronaca che consegnano la tragedia a un doloroso e ingiurioso processo di oblio.
La mia poesia per ricordare Federico, un grande poeta e un amico.
La luna si nasconde
di Lorenzo Spurio
A Federico, nel 79esimo anniversario dell’assassinio
Con lo scuro incorporato e la camicia inargentata
nelle ombre di roccia e polvere grigia
nel fango di idee retoriche e ciniche vedute
la luna, offesa, appariva stizzita e si celava.
Impavide risa imploranti aurea superbia
una mariposa verde al ciglio sdentato
a stento provò il volo ma cadde e ricadde:
neppure un alito di vento a sostenerla.
Dei pertugi infuocati nei crudi tessuti
lacerti di vita vermiglia e puzza di sangue,
con lui un banderillero in ginocchio
impiombato da banderillas fatali.
Allora i proclami, gli incarichi e le armi
le divise marroni, le folgori acuminate
e la libertà dissanguata, un osso privo di
osteociti inzuppato di viltà vischiose.
Gli occhi neroseppia, stinti per sempre
il cristallino smorzato dall’odio
la retina sprofondata in geroglifici infami
le palpebre impantanate di rena e di miseria.
Nelle tribolazioni invereconde e nella polvere
paraventi di luna che fugge alla notte
incunaboli di dolore in tabernacoli di pianto
il fluido rosso fondamento di sacrificio.
Nelle cuevas gitane l’umidore sembrò placarsi;
quella sera la luna non si presentò
talmente impaurita preferì nascondersi
ma alle cinque, tu, dov’eri?
Dallo sparo inginocchiato d’angoscia
il disprezzo e la perdita secolare di voce
l’atonia di ogni cosa e a conforto
nardi candidi e una bandiera verde.
Cosa occupava il giardino della tua mente?
Osservavi la Sierra che buca le nuvole
o componevi melodie con foglie e formiche?
Suona pure coll’aria che noi respiriamo!
La storia si fermò senza dilungamenti
quella dei libri è stantia e deforme.
La roccia scheggiata è primavera di lutto
tu che mostri la faccia della Spagna.
Lorenzo Spurio (C)