Italia, Marzo, anno 2011. Una donna Manager licenziata rapina sette banche al Nord: ha perso il lavoro e ha due figli da mantenere.
Roma, arrestata per aver rubato due magliette in un grande magazzino viene, secondo la sua testimonianza che non stento a considerare vera, stuprata da carabinieri e da un vigile del fuoco, e in una caserma. In un luogo considerato sicuro.
Bella giornata di merda avrà passato!
Bella vita di merda l’aspetta fuori.
Cosa può dire a questa donna lo stato –che perdonatemi ma sono costretta a scrivere con la s minuscola- cosa può raccontare a questa donna una giustizia che chissà quando si degnerà di celebrare il suo processo? E soprattutto, cosa può prendere di insegnare?
Forse che in Italia esiste una legge che proibisce di rubare?
Siamo come in guerra, quando le donne erano costrette a vendersi al nemico per un tozzo di pane, per del formaggio o per un pugno di riso.
Prima condannate alla sola attività di partorienti, tradite e costrette a ingoiare bocconi amari, considerate sciocche o isteriche, rinchiuse nei manicomi per aver detto una parole di troppo, per aver preteso di scegliere.
Poi, finalmente conquistato il diritto al voto e al lavoro condannate a fare questo e quello, a badare a lavoro e famiglia e senza poter produrre fiato, magari piegate dalle botte di un marito alcolizzato, fallito e invidioso del nostro successo! E ce la siamo voluta! Così direbbe qualcuno!
Il lavoro!
Basta dare un’occhiata agli annunci per pentirsi di essere nata femmina. Per trarre la conclusione che niente è stato fatto! Tranne che per quelli che procacciano squillo e prostitute e a cui vanno bene anche le quarantenni –a loro avviso anche esperte-, per una donna che abbia superato una certa soglia non esistono più opportunità di lavoro. Come se oggi l’esperienza non avesse peso, la maturità alcun senso.
E ragazze madri e donne divorziate alle prese con case che costano una tombola, affitti alle stelle -e nessuna legge che metta in galera i proprietari che evadono il fisco-, asili comunali latitanti, servizi al cittadino ridotti all’osso, analisi del sangue che anche nelle ASL paghi una tombola e che, se guadagni la miseria di novemila euro l’anno, nemmeno ti rimborsano.
E case popolari nella morsa della malavita!
Vediamo da un lato adolescenti, sempre brutte copie della star di turno, esporsi sul web addobbate come prostitute e con la boccuccia rifatta atteggiata in un cuore, ragazzotte esperte andare a festini e lasciarsi comprare per cifre da capogiro da settantenni impotenti, donne che si accalcano per partecipare a film hard core e alla selezione del grande fratello –la prestazione non cambia di molto- e poi una schiera anzi, un esercito di donne madri, donne single o donne nonne che, catapultate in questa inaccettabile realtà si guardano attorno chiedendosi dove si trovino, come fare a guadagnarsi da vivere.
Ovviamente pare che qui in Italia sia tutto sotto controllo. Appena la notizia fa clamore si accendono numeri verdi, riflettori dell’indignazione e del buon senso comune, e la poverina, in questo caso la ladra di magliette che invece di un domiciliare è dovuta andare in galera per davvero, potrebbe anche essere gentilmente invitata a partecipare a qualche trasmissione, stare lì per un po’ e sentirsi al caldo, protetta dalle opinioni e delle parole di scuse. E poi?
Tutto si dimentica, tutto passa in secondo piano e, dopo un pugno di ore, tutto finisce al macero. Dopo che per buona coscienza ci saremo indignati per bene postando la notizia sul web o scrivendo articoli per il nostro blog, tutto ritornerà a posto, noi con la nostra realtà che ci soffoca e lei con la sua.
Ci sarà l’otto Marzo e un altro giorno dell’orgoglio femminile, vedremo le nostre deputate spendere belle parole e fare ancora demagogia ma di lei, di questa ragazza arrestata per un furto del cazzo e violentata da quattro bastardi, di lei non resterà più niente o forse, in qualcuno, ma solo se molto sensibile, un vago ricordo.
Nessuno parla più delle decine di imprenditori che si ammazzano ogni giorno, nessuno ci pensa ai poveri cristi che a Roma, ormai sempre più spesso, si lanciano sotto i treni della Metropolitana, di quelli che si vendono i denti d’oro, pezzi di corpo, che si vendono pure l’anima per sopravvivere.
Così come scoppiano, i casi si sgonfiano.
Ci pare di essere sempre al tracollo ma non è mai abbastanza.
E la società civile sta a guardare. E la nostra coscienza, una volta al sicuro fra le mura domestiche, tace. Forse, indignarsi non basta più.