...Non troverete nessuna festa in queste pagine, una filo ininterrotto da quel marzo 1908 vede le donne in prima linea nelle lotte per l'emancipazione, per i diritti, per il lavoro e per la libertà.
Per queste ragioni voglio in occasione di questo 8 marzo ricordare alcune di queste donne, solo alcune perchè sarebbe impossibile ricordarle tutte anche se ogni giorno dell'anno dalle mura domestiche ai più diversi luoghi di lavoro e nei più diversi ruoli nella società c'è sempre una donna impegnata nell'emancipazione.Questo 8 marzo "a sinistra" vuole ricordare Malala Yousufzai, la giovane Pakistana ferita gravemente dai talebani per punirla nella sua rivendicazione del diritto all'istruzione per le giovani Pakistane. Ecco alcuni stralci del suo diario prima che venisse colpita dai proiettili dei talebani:
Sabato 3 gennaio: “Ho paura”
Ho fatto un sogno terribile ieri, con gli elicotteri militari e i talebani. Faccio questi incubi dall’inizio dell’operazione dell’esercito a Swat. Mia madre mi ha preparato la colazione, e sono andata a scuola. Avevo paura di andare perché i talebani hanno emanato un editto che proibisce a tutte le ragazze di frequentare la scuola.
Solo 11 compagne su 27 sono venute in classe. Il numero è diminuito a causa dell’editto dei talebani. Per la stessa ragione, le mie tre amiche sono partite per Peshawar, Lahore e Rawalpindi con le famiglie.
Mentre tornavo a casa, ho sentito un uomo che diceva “Ti ucciderò”. Ho affrettato il passo, guardandomi alle spalle per vedere se mi seguiva. Ma con grande sollievo mi sono resa conto che parlava al cellulare. Minacciava qualcun altro.
Domenica 4 gennaio: “Devo andare a scuola”
Oggi è vacanza, e mi sono svegliata tardi, alle 10 circa. Ho sentito mio padre che parlava di altri tre cadaveri trovati a Green Chowk (al valico). Mi sono sentita male sentendo questa notizia. Prima del lancio dell’operazione militare, andavamo spesso a Marghazar, Fiza Ghat e Kanju per il picnic della domenica. Ma ora la situazione è tale che da un anno e mezzo non facciamo più un picnic.
Andavamo sempre anche a passeggiare dopo cena, ma adesso torniamo a casa prima del tramonto. Oggi ho aiutato un po’ in casa, ho fatto i compiti e ho giocato con mio fratello. Ma il mio cuore batteva forte — perché devo andare a scuola domani.
Lunedì 5 gennaio: “Non indossare vestiti colorati”
Mi stavo preparando per la scuola e stavo per indossare la divisa, quando mi sono ricordata di ciò che il preside ci ha detto: “Non indossate le divise, e venite a scuola in abiti normali”. Perciò ho deciso di mettermi il mio vestito rosa preferito. Anche altre ragazze indossavano abiti colorati, per cui c’era un clima molto casalingo in classe.
Una mia amica è venuta a chiedermi: “Dio mio, dimmi la verità, la nostra scuola sarà attaccata dai talebani?”. Durante l’assemblea del mattino, ci è stato detto di non indossare più vestiti colorati, perché i talebani sono contrari.
Dopo pranzo, a casa, ho studiato ancora un po’, e poi la sera ho acceso la tv. Ho sentito che a Shakarda viene rimosso il coprifuoco che era stato imposto 15 giorni fa. Sono contenta perché la nostra insegnante di inglese vive nella zona e adesso forse riuscirà a venire a scuola.
tratto dal Corriere della Sera
*** In giorni come quelli attuali in cui viene fatto scempio del parlamento, viene calpestato il sacrificio di chi per darci libertà e democrazia sacrificò la propria vita, il ricordo vada a quelle donne che col sangue contribuirono a scrivere quel patto con lo Stato e tra cittadini che si chiama Costituzione.
Loris
Irma Bandiera
Nata a Bologna l'8 aprile 1915, fucilata al Meloncello di Bologna il 14 agosto 1944, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Di famiglia benestante, moglie e madre affettuosa, il suo amore per la libertà la spinse a schierarsi contro gli oppressori. Staffetta nella 7a G.A.P., divenne presto un'audace combattente, pronta alle azioni più rischiose. Fu catturata dai nazifascisti, a conclusione di uno scontro a fuoco, mentre si apprestava a rientrare a casa, dopo aver trasportato armi nella base di Castelmaggiore della sua formazione. Con sé Irma aveva anche dei documenti compromettenti e per sei giorni i fascisti la seviziarono, senza riuscire a farle confessare i nomi dei suoi compagni di lotta. L'ultimo giorno la portarono di fronte a casa sua: "Lì ci sono i tuoi - le dissero - non li vedrai più, se non parli", ma Irma non parlò. I fascisti infierirono ancora sul suo corpo martoriato, la accecarono e poi la trasportarono ai piedi della collina di San Luca, dove le scaricarono addosso i loro mitra. Il corpo di quella che, nella motivazione della massima onorificenza militare italiana, è indicata come "Prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà... ", fu lasciato come ammonimento per un intero giorno sulla pubblica via.
fonte ANPI