Qualcuno mi ha chiesto: ma con tutti i paesi freschi, puliti, profumati, senza immondizia a ogni angolo (e non solo), in cui il cibo è un piacere per il palato, dove magari capisci anche qualche parola di ciò che dicono, perchè hai scelto proprio la Cambogia per terminare il tuo anno di aspettativa?
Già: perchè proprio la Cambogia? Innanzitutto, qui è cominciato tutto: a Phnom Penh, un anno fa, con una valigia troppo pesante in mano e un biglietto di sola andata in tasca. E un cuore pieno di sogni, possibilmente da inseguire in aereo.
E poi: dopo mesi di Oman lindo, profumato, senza inquinamento atmosferico nè acustico, senza possibilità di salire su un moto-taxi sgangherato nè di passeggiare a piedi da un quartiere all’altro, dopo uomini in tuniche bianche e turbanti, donne in abaya neri e hijab, dopo avances misteriose e giornate noiose, tutto ciò che desideravo era di rimettere piede di nuovo qua, nel caldo umido infernale di Phnom Penh che ti mette ko (e dove ovviamente un bel virus mi ha già infettato l’intestino), in questo paese dei sorrisi, in questa Harlem asiatica piena di calore e colore che ti scalda non solo il corpo, ma anche l’anima. Perchè in fondo, se l’anima è fredda, che senso avrebbe vivere ai tropici? Sono le persone che fanno un Paese: ho un amico che vive nella freddissima Islanda, e non c’è uomo più sereno di lui.
Ma quali sono i motivi per cui amo la Cambogia? Eccoli, in ordine rigorosamente sparso:
1. MOTO-TAXI: Adoro farmi trasportare in quelli che qui chiamano motodop, da un quartiere all’altro, da una via all’altra; guardare i passeggeri delle altre moto, le insegne, i locali e non pensare a niente, solo allo sfrecciare del motorino in mezzo al traffico sempre troppo congestionato, sorridere osservando le unghie (lunghe) e il colletto (sporco) dell’autista di turno, assaporare ogni angolo di questa città respirandone pure i gas di scarico: anche questa è libertà. La città si scopre meglio così, che a bordo di un asettico taxì.
2. TUK TUK e TRISCIO’: Solo qui puoi passeggiare per le strade e sentire quella domanda gentile che ti apre il cuore: “Tuk Tuk, Madame?”. O incrociare chi ti offre un giro in trisciò: i loro sorrisi si fanno strada tra rughe profonde che hanno visto di tutto, e puoi che rimanerne incantato.
Tuk Tuk
Trisciò
3. MASCHERINE ANTI-SMOG, PIGIAMI E TRAVESTIMENTI: Ragazzi e ragazze girano per la città con la mascherina anti-smog azzurra o rosa confetto; le ragazze passeggiano tranquillamente in pigiama, e la maggior parte si abbarda con guanti lunghi da sposa, cappello con visiera, mascherina, foulard e i sandali infradito infilati su improponibili calze di cotone (a righe) o di filanca (color carne), il tutto per evitare alla pelle di scurirsi: l’ossessione delle asiatiche.
Quella a destra sono io…
4. UNIFORMI: I cambogiani hanno un’adorazione per le uniformi: qualunque compagnia, supermercato o negozio di marca che si rispetti ha il suo guardiano seduto fuori su una sedia di plastica, o in un gabbiotto, in uniforme con pantaloni neri e maglia colorata, e anfibi o scarpe con la punta all’insù – solitamente di due numeri in più – che gli danno un’aria da Signor Bonaventura (dopo una dieta, però: qui sono tutti magri come acciughe).
5. MONACI: Imperdibili i monaci buddhisti nelle loro tuniche arancioni, rosse o color zafferano, quando la mattina escono dalle pagode per chiedere l’elemosina con le loro ciotole nere in mano, spesso scalzi, con sguardo serioso: ma spesso è solo timidezza. Poi basta uno scatto, e sorridono alla straniera curiosa che li bracca come una gatta che insegue il topo.
6. SALUTO: Per otto mesi, quando avevo fatto volontariato in Cambogia, le mie mattine erano cominciate così: con un “Sok sabai?”. Che è il saluto più bello del mondo: “Sei felice?”.
7. SORRISI: Come tutti gli asiatici, anche i cambogiani tengono tutto dentro. Anni di patimenti, ingiustizie, problemi, paure, emozioni: è difficile aprirsi. Però, non mancano mai di regalarti la loro calma, accompagnata dal più dolce dei sorrisi.
8. MUSICA KHMER: Che si entri in una farmacia, un negozio di abbigliamento o un caffè, spesso di viene avvolti dalla musica cambogiana, che è rilassante, distensiva, dal ritmo leggermente ipnotico, da amaca in mezzo a manghi e banani. Al supermercato Lucky, poi, hanno pure messo uno schermo all’entrata con il karaoke: così, mentre si è alle casse, si viene distratti dalle immagini dei video khmer, (che sono tutto un programma) e si esce più felici. Anche se si è appena speso un capitale.
Eccone un esempio:
Clicca qui per vedere il video incorporato.
E voi, siete pronti per un’avventura cambogiana? Se siete rimasti ipnotizzati dal video e vi è salito un desiderio irresistibile di vederne altri, lo siete.
Benvenuti in Cambogia. The land of smiles.