82. il canone rai
Creato il 26 gennaio 2014 da Mavi
Il 31 gennaio scade il termine per il pagamento del canone RAI, ma solo una parte di noi possessori di almeno un televisore, paga questa tassa. Ne ho già discusso nel post n. 25 di giugno 2013 e non intendo rifarlo qui, piuttosto prendo spunto dalle discussioni troppo spesso generate dall'opportunità di alcune tasse per parlare dei diritti e dei doveri, alla maniera mia, senza alcun titolo se non quello di "opinionista del web". Sono contenta che esista il canone RAI, sono contenta di parlare di quanto sia giusta o sbagliata una tassa, sono contenta di constatare che ancora in questa terra di berlenziani ci sia qualcosa di obbligatorio. Pare che niente sia più dovuto, che esistano solo diritti, pare che riusciamo ad indignarci solo per 5 minuti e solo per questioni personali. Vorrei che riuscissimo ad essere un po' più disciplinati, che imparassimo a vivere nel rispetto delle regole, e non parlo solo della legge, anzi, parlo dell'etica e della morale. Lo so, sono parole desuete, poco attuali, che pesantona che sono, eh? Ci lamentiamo se a tavola i nostri figli giocano con il telefonino, con l'iPad, o giochini elettronici vari, ma nessuno di noi si prende la briga di dire al figlio che c'è una regola da rispettare, che è mancanza di rispetto verso gli altri commensali e non lo facciamo perché noi per primi teniamo sempre il nostro smartphone a portata di mano. Parliamo e urliamo contro i nostri governanti perché è quasi una moda, ma pochi vorrebbero realmente delle persone diverse, perché la maggior parte degli italiani non vuole essere controllata, non vuole un capo irreprensibile, perché sarebbe in diritto di pretendere uguale correttezza. Abbiamo paura delle regole perché temiamo troppi controlli, troppe restrizioni alla nostra libertà, e poi finiamo per diventare schiavi di tutti e di tutto. Abbiamo fatto nostro il motto che nella vita non esiste ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, esiste solo ciò che ci fa stare bene e ciò che ci fa stare male. Alla fine tutto accade senza lasciare il segno. L'altro giorno al supermercato sentivo una donna che parlando con un'amica si lamentava delle maestre del proprio bambino, come si erano permesse di rimproverarlo perché non aveva fatto i compiti a casa? Sarebbe andata a parlare con loro, a spiegare che è solo un bambino, che non aveva commesso niente di grave. Per poco non mi sono intromessa nella discussione, ero fortemente tentata di dirle che si sbagliava, che le maestre avevano ragione e che lei non avrebbe dovuto difendere "il suo bambino", che è giusto che gli alunni facciano ciò che l'insegnante dice di fare, che esistono doveri. Invece no, sono stata zitta, è arrivato il mio turno alla cassa ed ho sorriso. Eppure sarebbe molto più comodo osservare le regole imposte da altri, sarebbe molto più facile sapere che esiste un comportamento giusto ed un sbagliato, rispettare un regolamento, anche se non lo condividiamo, o no? E' opinione diffusa che chi agisce da ribelle è un vincente, è uno tosto, coraggioso. Io comincio a credere che non sia così, che il ribelle sia meno intelligente di chi osserva un comportamento corretto, nel rispetto di un'etica, di una morale. Ritengo che sia più facile contestare tutto a prescindere, piuttosto che porsi dei limiti, riconoscere dei doveri. Mi fa tristezza il dipendente che parla solo di stipendio e che contesta ogni decisione aziendale, parlando sempre di diritti e mai di doveri. Mi fa tristezza chi disobbedisce e non sa neanche perché. Sono napoletana, vivo nella città delle contraddizioni, una città meravigliosa, ma troppo spesso scenario di ingiustizie e soprusi. In questa città dire che non ho mai preso un autobus senza biglietto, dire che pago il canone RAI, dire che butto la spazzatura solo la sera, provoca derisione e sguardi di sufficienza. Probabilmente mi fa acquistare punti agli occhi dei miei concittadini ammettere che sono indisciplinata nei parcheggi estemporanei ed in altre sporadiche occasioni, ma non ne vado fiera. Ecco, questo è il punto. Oggi ho scritto un post impopolare, antipatico, forse un po' contorto, ma era solo per dire "viva le regole, viva l'etica, la morale", viva la critica costruttiva, perché le regole possono cambiare, ma bisogna dimostrare che sia opportuno che cambino, ma non devono essere cancellate. Meglio avere regole sbagliate piuttosto che non averne. Viva i genitori che fanno i genitori e non "gli amici", viva chi paga le tasse, viva chi rispetta il capo, ma anche il subordinato. Viva chi ha capito che la vera trasgressione è nell'essere "corretti".
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