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9 marzo 2011

Creato il 09 marzo 2011 da Soniaserravalli

IL TANGO DELLE MINORANZE, I FANTASMI E IL PREZZO DA PAGARE

Vorrei essere una sociologa, oggi, per esprimere il pensiero che mi pullula nelle vene da qualche giorno. Non c’è niente da fare, la voce di chi parla dal Paese, da dentro le cose, può poco di fronte ai cori assordanti dei titoli sensazionalistici e delle voci allarmistiche esterne. E non mi rivolgo solo alla stampa italiana: la mia analisi è trasversale, e tocca direttamente anche i fruitori di quella stampa e certi stessi egiziani reazionari – quel genere di persone, presenti ovunque nel mondo, che grida “al lupo al lupo” per principio e senza eccezione.

E’ in corso, in Egitto, da qualche giorno, una faida familiare causata dalla relazione di un ragazzo cristiano copto con una ragazza musulmana. La questione privata, in un momento tanto teso come quello di una rivoluzione recente (e in parte ancora in corso), si è estesa a persone di una fede o dell’altra che non c’entravano niente con il fatto in sé, ma che guidati dall’adrenalina del momento e da tanta frustrazione dagli infelici episodi passati (dimostratisi innescati dal regime), hanno aggiunto caos al caos. E, naturalmente, la notizia che arriva alle persone meno informate o più di corsa di casa nostra è: guerriglia. Notare che le principali testate inglesi e americane (ma anche Der Spiegel) di oggi manco ne parlavano – e con tutto quello che sta succedendo il Libia e nel mondo, sbattere in prima pagina una faida familiare per farla passare da guerra di religione si riconferma una tendenza tutta italiana  – ma forse sono io che mi sbaglio – e lo spero ancora. Di nuovo (ne scrivevo il 1 febbraio), da dentro il Paese assisti a una notizia che parte da un embrione localizzato, di cronaca, e a volte addirittura puramente orale, e in poche ore diventa un mostro astruso da ogni realtà prima ancora che tu possa fiatare. Nonostante una rivoluzione fatta insieme, in cui musulmani e cristiani si proteggevano a vicenda, e nonostante il gran numero di racconti di convivenza e amicizia di egiziani delle due religioni, nel frattempo la fiammata appiccata da una scintilla locale sta naturalmente divampando in un piccolo incendio -, complici tutti coloro che hanno voluto soffiarci su, approfittando di questi giorni senza legge.

In giorni tesi come quelli storici che stiamo vivendo, con tutti gli occhi del mondo puntati addosso, basta che una persona qualsiasi metta in giro voci di cospirazione, o che esploda un fuoco d’artificio al grido di Bin Laden o Manitù, o che faccia una telefonata anonima inventandosi la presenza di esplosivo in un angolo della città, perché tutti gridino al ladro, all’assassino, al lupo, guerra civile, invasioni barbariche, arrivano i Mori, attenti ai Saraceni e chi più ne ha più ne metta. E il problema è che le parole creano cose, altre volte le fomentano, e che mai come in giorni come questi dovremmo misurarle prima di spargere ai quattro venti affermazioni che sono senza ritorno. Da lontano poi non contano a nulla i numeri: conta il fatto singolo, fossero dieci su milioni, e tutti gli altri vengono relegati al mero sfondo. Standoci dentro, la cosa non solo ti stanca e ti toglie pezzo a pezzo fiducia nel raziocinio umano del XXI secolo, ma ti spossa, e certi giorni a forza di letture sterili ti lascia indefinitamente svuotato.

Sono alla ricerca di anticorpi contro gli agitatori (esterni ed interni agli egiziani) che non puntano ad altro che a creare frattura in un popolo allo sbando che si è appena liberato, e a cui mai come ora serve coesione per darsi una forma. Quelli come certi politici, per esempio, che hanno il coraggio di dire cose come “l’UE intervenga a proteggere i cristiani in Egitto” come se qui ci fosse in corso una guerra. Quelli come certi direttori di giornale, per esempio, che hanno il coraggio di sbattere in prima pagina notizie così, in un mondo di corsa in cui sappiamo che la maggior parte delle persone si porta via dall’edicola o dalla pagina internet appena il brandello di un titolo o delle prime righe. In un mondo in cui su questo si forma un’opinione la maggior parte dei cittadini lavoratori, che per mancanza di tempo e di concentrazione, per mancanza di approfondimento nei nostri giorni frenetici, morde e fugge le notizie così come vengono presentate -, e come sarebbe giustamente loro diritto fare, se vivessimo in un mondo di servizi trasparenti, con un mercato fondato sulla verità invece che sulla sensazione, sull’introspezione invece che sul dramma e sullo spettacolo.

Si potrebbero scrivere interi trattati su quello che sta avvenendo in questi giorni nel solo Egitto. Tolto il tappo di un potere autocratico che teneva insieme un equilibrio e una sicurezza fittizi, scappano fuori tutti gli scarafaggi, viene fuori tutto il pus, il marcio, che include ovviamente anche certe frange della popolazione – e vorrei anche vedere… – e tutti vogliono parlare (inclusi, tra questi, alcuni egiziani di generazioni precedenti, possibilmente spaventati da com’era finita la rivoluzione del ’52, o alcuni addirittura auspicabili lo stesso risultato). In questo boato delirante, ho come l’impressione che ci sia chi ci prova proprio gusto, appena parte uno schiaffo tra due egiziani di idee diverse, a puntare il dito – molti addirittura senza mai aver messo piede in questo Paese – per dire: “Ecco ecco ecco, avete visto? Ve l’avevo detto!”. E se ci prova gusto, vuol dire che questa persona aveva già deciso. L’idea di un saggio si crea sulla base della verità, che per sua natura evolve in ogni momento, e si fonda sull’ascolto e sulla contemplazione, sull’osservazione. Chi aveva già deciso a priori come stesse la storia, fa ben presto, in giorni senza legge come questi, ad aggrapparsi ad uno straccio di titolo o di frase per accaparrarsi quel bel senso di protezione che dà la conferma di un’idea fissa.

La cosa mi mette in cuore una tristezza invadente – oltre che un po’ di invidia, che da sempre abita in me, per le persone che possiedono convinzioni così impermeabili. Fosse così semplice. Mi sembra un discorso elementare constatare che, in questa fase della storia d’Egitto, qualunque cosa succeda verrà matematicamente ingigantita, perché non si aspetta altro. Se già il fenomeno era presente prima, se lo immaginano, queste persone, a che livelli sia arrivato oggi, in cui il grosso tappo che teneva in piedi equilibri internazionali rassicuranti (per quanto precari e costruiti sulle fogne) è stato scalzato via? Lo sanno quant’è elementare e poco eroico oggi farsi belli su qualunque incidente di percorso richieda una vera rivoluzione, e su qualunque lira del prezzo che una rivoluzione deve necessariamente riscuotere per essere tale? Vogliono davvero essere parte di questi falsi eroi da divano, di questi vili parlatori da salotto che sanno tutto senza mai, e dico mai, aver vissuto al Cairo, per esempio? Sparare sulla Croce Rossa, come si dice, sarebbe più facile.

Chi credeva che una rivoluzione non avrebbe richiesto un suo prezzo, e perché?

Chi, prima di parlare, si è reso conto che i disordini di questi giorni riguardano, guarda caso, esattamente le “minoranze” cui durante gli anni del regime non è stata data abbastanza voce in capitolo: i cristiani, le donne e i beduini? (Ho citato questi ultimi nel penultimo post). Questo non significa che cristiani, donne e beduini saranno nemici da temere in questa ricostruzione o che al contrario saranno vittime di qualcuno di cattivo che li bastona. Questo significa solo che la gabbia è esplosa, e che ora bisogna ricostruirla sotto l’egida di una casa comune.

Quanto alla repressione – “pacifica” ma denigratoria – della manifestazione femminile di ieri (festa internazionale delle donne) al Cairo, oggi è stata riconfermata dai principali giornali egiziani , mentre ancora ieri sera si faceva fatica a trovare qualunque notizia sull’argomento.

E quanto ai disordini “nell’aria” con i beduini della zona in cui mi trovo, di cui ho parlato il 7 marzo, riguardavano la pretesa di riscossione di tangenti da parte dei suddetti per il “servizio di protezione” che starebbero prestando a case ed esercizi commerciali in mancanza di polizia. “Protezione da chi?” è la prima cosa che viene da chiedersi in loco, visto che località minori del Mar Rosso come Dahab sono rimaste del tutto tranquille. Probabilmente, protezione da loro stessi sarebbe l’unica risposta sensata, o non si riesce davvero a risolvere l’enigma. E all’improvviso, vogliono costruire sul mare senza permessi. I beduini, a torto o a ragione, si fanno legge da soli, leggi orali forgiate a suon di discussioni sulla strada. Hanno le loro regole, una struttura sociale tribale, e ben poco a che fare con la storia moderna da noi conosciuta. Potremo anche criticare queste ultime azioni finché si vuole, ma cosa ci si aspettava da uno Stato che, mentre diramava infiltrati della polizia segreta a schedare anche quel che mangiava o pensava ogni singolo cittadino egiziano, non aveva mai provveduto ad un’integrazione, e nemmeno a un censimento, della suddetta etnia?

Vi lascio in compagnia delle conseguenze logiche di questi dati di fatto.

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Postilla serale

Vorrei essere una sociologa per descrivere al meglio le spinte centrifughe e centripete insite in ogni rivoluzione, per raccontare dell’Egitto oggi.

Vorrei essere una psicologa di massa, per dissertare al meglio sugli istinti di autoconservazione e sulle paure animali e ancestrali su cui si radicano i baluardi dei fantasmi degli uomini.

Vorrei essere un musicista, per esser certa che stiamo ballando un tango, e non lottando tra sordi in una folla hard-core.

Vorrei essere una poetessa per dipingere con parole migliori il cambio delle maree di costruzione e distruzione e di apertura e di chiusura delle valve dei popoli, delle loro speranze, dei loro mostri ed eroi.

Vorrei essere un cantautore per aver scritto io le parole sentite in una canzone questa sera: “Non riporre la tua fiducia nei muri, perché quando crolleranno potranno solo schiacciarti.”

Invece, sono a un passo dal passare da un blog d’informazione sul campo alla stesura di sketch demenziali di satira fantapolitica -, perché parlare sul serio a volte ti sembra del tutto inutile, e il materiale che ti forniscono i più pavidi offre spunti d’ispirazione geniali per qualunque spirito creativo.

9 marzo 2011



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