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A 60 anni dal Vajont, le parole inascoltate di Tina Merlin

Creato il 16 ottobre 2023 da Gliscrittori
A 60 anni dal Vajont, le parole inascoltate di Tina Merlin

Professione lettore Di Lara Zavatteri. A sessant'anni dalla catastrofe, i libri di Tina Merlin sul Vajont continuano a gridare la verità che non fu mai ascoltata, a dar voce degli abitanti di Longarone, a raccontare gli insabbiamenti della SADE.

Lo scorso 9 ottobre si è commemorato il triste anniversario dei 60 anni del Vajont. Non riesco a definirla "tragedia", perché una "tragedia" sottintende un evento inaspettato, mentre in questo caso vi erano tutti i segnali che avrebbero dovuto rendere chi di dovere consapevole dei potenziali rischi e delle possibili conseguenze.
Il 9 ottobre 1963 persero la vita circa duemila persone e i sopravvissuti rimasero segnati per sempre, senza mai tornare davvero a vivere.
Tuttavia, una voce, già anni prima, si era levata per mettere in guardia sul pericolo imminente, tanto che la gente aveva iniziato ad avere paura: la giornalista dell’Unità Tina Merlin.

Nata a Trichiana, in provincia di Belluno, nel 1926, Clementina Merlin, detta Tina, era la corrispondente locale per l’Unità.

Ben prima di quel 9 ottobre, già nel 1959 aveva iniziato a scrivere denunciando il crollo di materiale nel lago della diga di Pontesei, non lontana dal Vajont. Ma Tina Merlin era sola. Scriveva ascoltando la gente, perché di prove ovviamente non poteva averne da coloro che stavano creando la diga, ovvero la SADE.
Sì, perché dopo Pontesei, dopo anni di scosse di terremoto, crepe nelle case e paura sempre più forte nella gente di Erto, Casso e della valle del Vajont, era solo la gente a parlare con lei, e solo grazie alle popolazioni, anche loro del tutto inascoltate, Tina Merlin poté documentare e raccontare: scrisse quando si aprì la prima fenditura di quella che, solo pochi anni dopo, sarebbe stata la frana del monte Toc che precipitò nel lago.

Nonostante i suoi sforzi, nessuno prese sul serio le sue parole.

Peggio: venne persino processata per aver pubblicato “notizie false e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Fu assolta insieme al suo giornale, perché fu chiaro che la giornalista aveva solamente scritto la verità, ciò che tutti potevano vedere.
Osteggiata dalla SADE, Tina Merlin non si fermò. Continuò a scrivere, anche se era l'unica voce a mettere nero su bianco qualcosa che si poteva prevedere: che una parte del monte Toc si sarebbe staccata e sarebbe caduta nel bacino del Vajont, causando enormi danni alle persone e ai paesi.
I responsabili lo sapevano da tempo, ma avevano scelto di ignorarlo in nome del progresso.

Tina Merlin era coraggiosa. E scomoda.

Questa donna che negli anni Sessanta faceva un lavoro ancora considerato prettamente maschile, ebbe il coraggio di scrivere la verità, sempre. Quello che non poteva immaginare era che la frana che lei aveva ipotizzato in realtà, quel 9 ottobre, avrebbe provocato una catastrofe.
Tina Merlin era scomoda. Sempre dalla parte della verità e della gente, senza lasciarsi intimidire da nessuno, Tina Merlin ammonì sempre che la diga del Vajont era un pericolo per la gente, anche se le sue furono purtroppo parole al vento. La SADE, infatti, continuò nella sua grande impresa, con gli esiti che ben conosciamo.
Per conoscere di più su Tina Merlin, scomparsa nel 1991, e approfondire le sue parole inascoltate sul disastro annunciato del Vajont, vi suggerisco di leggere i suoi libri.
Sulla pelle viva

Sulla pelle viva.
Come si costruisce una catastrofe.
Il caso del Vajont

di Tina Merlin
Edizioni Cierre
Saggio
ISBN 9788883141218
Cartaceo 11,50€

Quarta

Nel libro che ha ispirato l’Orazione civile di Marco Paolini e il film Vajont-La diga del disonore di Enzo Martinelli, Tina Merlin racconta con toccante lucidità gli eventi che portarono alla “tragedia annunciata” del Vajont, e le sue conseguenze negli anni successivi. Prima giornalista a denunciare dalle colonne de «l’Unità» la pericolosa situazione che si stava creando nella valle sopra Longarone. I suoi articoli le costarono un processo per “diffusione di notizie false e tendenziose”. Tina Merlin fa un ritratto più che mai attuale del potere e dei mostri che può generare, dando voce all’attonito sdegno di chi, la tragedia del Vajont, l’ha vissuta sulla “pelle viva”.
«Ho un debito verso gli ertani: raccontare la loro storia. Oggi, dopo vent’anni in cui l’Italia e gli italiani sono stati offesi, umiliati, tiranneggiati, uccisi in mille altre maniere, forse questa storia sembrerà una delle tante "casualmente accadute". Forse più "pulita" di quelle che accadono oggi. Ma non è così. Assomiglia molto a quelle di oggi. È contrassegnata dallo stesso marchio: il potere. E dall’uso che ne fanno le classi politiche e sociali che lo detengono.»

Sulla pelle viva

La rabbia e la speranza
La montagna, l'emigrazione, il Vajont

di Tina Merlin
Edizioni Cierre
Saggio
ISBN 8883142330
Cartaceo 12,50€

Quarta

Una consistente raccolta dei più significativi articoli dell’autrice di Sulla pelle viva scritti tra l’inizio degli anni Cinquanta e la metà degli anni Ottanta.
Le radici contadine, la dignità del lavoro, il bisogno di verità e giustizia costituiscono la realtà densa, corposa dei suoi articoli. Dai primi scritti di denuncia contro la devastazione del territorio alle inchieste sull’emigrazione, ai vibranti articoli sul Vajont, emerge un impegno civile forte e dichiarato.
Il mondo per Tina Merlin è diviso tra quelli che stanno in alto e comandano e quelli che stanno in basso e patiscono. Lei per nascita e per scelta è con questi ultimi, è una di loro, non semplicemente dalla loro parte.

La casa sulla Marteniga

La casa sulla Marteniga

di Tina Merlin
Edizioni Cierre
Memoir
ISBN 9788883141096
Cartaceo 12,50€

Quarta

In una intensa rilettura del proprio passato, simbolizzato dalla casa natia posta nei pressi del torrente Marteniga, a Trichiana, Tina Merlin cerca di rintracciare i segni che, già nella sua giovinezza, preannunciavano il suo destino futuro di donna che ha fatto dell’impegno sociale e politico una fede. In un continuo alternarsi di passato e presente l’autrice racconta la sua infanzia e la giovinezza fino alla fine della seconda guerra mondiale, i difficili rapporti con il padre e la madre, gli anni del lavoro come “serva” a Milano, e i giorni della lotta partigiani, visti come riscatto e ribellione rispetto a un ordine sociale che obbligava i poveri a incanalarsi in un destino precostituito. Nel suo racconto, che è narrazione ma anche autoanalisi alla ricerca di un superiore significato dell’esistenza, la Merlin rievoca inoltre il mondo del suo piccolo paese scosso dalla guerra, una società rurale oggi quasi scomparsa, e le amate figure dei fratelli, precocemente perduti.
«Anche se adesso abito in città, il mio cuore e i miei sentimenti provengono dalla campagna. La città mi ha dato molto: un marito colto che m’indirizza a letture più organiche; amicizie diverse che mi aprono orizzonti appena intravisti durante la Resistenza; un ruolo d’impegno sociale. Tuttavia rimango un essere creato dalla campagna, dalla sua cultura, con i suoi lati negativi e positivi. Sono aggressiva, a volte diffidente, difetti che i poveri coltivano per autodifesa; guai se non li avessi posseduti quando era una ragazza sola per il mondo. Ma sono anche istintiva, altruista, libera nell’amare la natura e gli uomini.»



Lara Zavatteri


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