Bellissima, sofisticata, chiamata «la tigre» per il suo fascino aggressivo: una vera pin up della sua epoca. La cantante, ballerina e attrice Lena Horne s’è spenta a New York a 92 anni. Nonostante il debutto nel 1934 al mitico Cotton Club di Harlem, non fu mai una cantante jazz a tempo pieno, disperdendosi tra cinema e tv, ma fu il primo sex symbol di colore di una Hollywood dominata dal pregiudizio razziale. «Il segreto del mio successo? Sono il tipo di nera che i bianchi considerano accettabile. Incarno i loro sogni», diceva con amara ironia la Horne, che ha sempre lottato per i diritti civili delle minoranze. La sua voce, seppur elegante, non era ricca di swing, ma portò al successo un evergreen come Stormy weather, tratto dall’omonimo musical e brani come Something to live for e Chelsea bridge, che si possono ascoltare nell’antologia Seasons of a life. Lena si è fatta apprezzare nella popolare orchestra di Noble Sissle e nella big band di Charlie Barnet (unica nera nella band di Barnet, in alcuni locali era costretta ad aspettare il momento di cantare chiusa nel bagno). Una bellezza così non poteva sfuggire a Hollywood che la reclutò per una serie di film - tra il 1938 e la fine dei ’50 - come The duke is tops, Cabin in the sky, Two girls and a sailor, Ziegfeld follies. Marciò al fianco di Martin Luther King e cantò con Paul Robeson e fu quindi emarginata per «attività antiamericana». La Mgm cominciò a proporle ruoli adatti ai cinema del Sud dove la questione razziale era ancora sentittissima. «La vigliaccheria della Mgm privò il musical di una delle più grandi attrici-cantanti», scrisse lo storico del cinema John Kobal. «Ho sempre combattuto il sistema per stare con la mia gente - replicava lei -. Non voglio esser quell’imitazione di donna bianca che Hollywood vorrebbe che fossi». Halle Berry, prima donna di colore a conquistare l’Oscar, le dedicò la statuetta dal palco del Kodak Theatre. E lei ha ricambiato il suo pubblico tornando alla canzone; nel 1981 il suo show The Lady and her music fu replicato per un anno a Broadway e Londra, e negli anni 80 e 90 ha conquistato diversi Grammy come «miglior voce jazz» . Negli anni ’90 ha inciso tra l’altro il tributo a Ellington We’ll be together again insieme al mitico compositore e spalla di Duke Billy Strayhorn, un cd dal vivo, a 81 anni, l’album Being myself, collaborando poi nel 2000 al disco di Sir Simon Rattle Classic Ellington.
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