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A Barcellona Pozzo di Gotto l’arte del secondo dopoguerra del XX secolo

Creato il 07 maggio 2010 da Stampalternativa

Testimonianze significative dell'arte italiana del secondo  dopoguerra del XX secolo

Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) - Una collezione d’arte contemporanea da fare invidia. Una raccolta unica nel suo genere, che ogni anno si arricchisce sempre di più. Siamo già a oltre 900 pezzi. E più di novecento sono gli artisti contemporanei, come scrive il critico Italo Tomassoni, ‘testimonianze significative dell’arte italiana del secondo dopoguerra del XX secolo’ che hanno accettato di lasciare il loro ’segno’ su un supporto originale. È con orgoglio che Nino Abbate, infermiere all’Ospedale psichiatrico di Barcellona in pensione, ha presentato la nuova collezione, giunta alla XVI edizione, da quando ha avuto l’idea, nel 1994, di inviare ad artisti di tutto il mondo un oggetto così semplice come una mattonella in cotto non trattato di cm 30×30, su cui ognuno con diverse tecniche e materiali, dal bronzo, al marmo, legno, ferro, carta e colori ad olio, acrilici, tempere, ha creato lavori d’arte originali che esprimono il linguaggio artistico di ogni artista che crea liberamente su questo insolito supporto, la propria opera.

Rispondono tutti. Ognuno a suo modo e con i suoi tempi, a volte stupiti dall’ingenuità della richiesta, inconsapevoli probabilmente di ciò che si è sviluppato in questi anni nella piccola frazione del messinese. Il museo ‘Epicentro’ è situato in una località chiamata Gala, su una collina dove è difficile che si passi ‘per caso’. Qui, in un posto quasi dimenticato da Dio c’è un museo che in altre città sarebbe stato abbondantemente visitato e recensito. Invece rimane per i pochi che lo scoprono e che riescono a visitarlo.

Merita sicuramente una fama che finora gli è stata negata per ‘location’ dove sono pochi coloro che ne possono apprezzare la qualità e l’originalità. Fra le “firme” ( fra cui una chicca di Sottssas ) c’è l’imbarazzo della scelta, e che hanno creato sulle mattonelle-supporto quella di cui Abbate è orgoglioso appartiene a Milena Milani (Savona, 1917), nota scrittrice, pittrice e ceramista che ha firmato negli anni Cinquanta con Lucio Fontana tutti i manifesti del Movimento Spaziale. Milena Milani ha aderito con entusiasmo all’iniziativa di Abbate appena è venuta a conoscenza del progetto: “Mi piace molto questa idea che ha avuto questo insolito “mecenate” - dice la Milani - insolito perché quest’uomo conduce una vita semplice, normale, ma caratterizzata dall’amore per l’arte che ha trasferito nella creazione di questo museo.
È importante notare – continua – che, grazie a lui, esiste in una piccola frazione della Sicilia, un “documento” di arte contemporanea molto importante. Mattonelle che arrivano da ogni parte del mondo; si tratta senz’altro di un lavoro, questo svolto da Abbate, capillare e molto interessante dal punto di vista culturale. Secondo me la cultura non deve stare solo nei posti reputati “specializzati” come Milano, Roma, ma dappertutto. E questo museo della Mattonella deve essere per la Sicilia una sorta di “faro culturale” che la unisca ideologicamente al resto d’Italia. È ammirevole l’iniziativa di questo siciliano, che, da privato cittadino si è fatto carico di un lavoro del genere e che ha dato la possibilità ad artisti importanti di essere presenti nella sua raccolta, unica nel suo genere e che dovrebbe uscire dai confini siciliani”.

L’ultima Esposizione Nazionale d’Arte “Artisti per Epicentro” include le mattonelle realizzate da: Giuseppe Antonello Leone (1917). La sua creatività spazia senza tregua dal figurativo e all’astratto. Prosegue con Saverio Barbaro (1924): la sua ricerca si evolve nel corso degli anni verso gli aspetti della cultura arabo-islamica; Marinella Pirelli (1925-2009): nei primi anni sessanta inizia la ricerca di assoluta avanguardia nel campo di “Cine, Luce, Ambiente”; Aldo Pecoraino (1927): gli “alberi” rappresentano nella sua opera una riflessione critica nei confronti della natura, che dipinge pervasa da angoscia; Lino Dinetto (1927): l’armonia, il colore, la luce dei paesaggi veneti e toscani ci trascinano in un mondo pieno di serenità; Ottorino Stefani (1928): evoca il paesaggio senza intenzioni mimetiche, con gestualità cromomaterica; Roberto Malquori (1929): dai primi anni sessanta crea opere di “arte e tecnologia”, immagini tratte dal mondo dei mass-media, trasformate attraverso un particolare dècolage; Elisa Montessori (1931): l’esoterico e lo spirituale sono l’eco che, nel suo profondo esistenzialismo, sente di più; Manuelli Colombo (1931): oltre l’interesse per le nuove tecnologie, usa la scrittura come elemento che sostiene il concetto per le relazioni che si sviluppano tra i materiali e lo spazio delle sue installazioni; Lilli Romanelli: le sue opere filtrano e ricompongono frammenti su cui si riflettano qualità varie dell’esistenzialismo; Alfonso Frasnedi (1934): è riuscito a creare un’inedita osmosi tra la concettualità e la “pittura in genere”; Vettor Pisani (1934): autore di azioni e installazioni ad alto valore simbolico, interpreta il filone più esoterico della tradizione artistica, a cominciare dai Rosacroce e dall’aspetto alchemico di Duchamp; Lucio Pozzi (1935): attraverso il suo lavoro ha capovolto i canoni dell’arte concettuale ed analitica, ideando mostre-provocazioni, in cui ha esposto opere pittoriche, paesaggi e foto, come fossero operazioni concettuali; Umberto Bignardi (1935): esponente della “Pop art italiana”, dai primi anni Sessanta si dedica alle prime realizzazioni multimediali, diventandone un pioniere a livello internazionale; Gianmaria Potenza (1936): lavora le materie naturali e artificiali più diverse che “piega e trasforma con fantasiosa inventiva, colta raffinatezza, decantata eleganza e rigore strutturale”.

E ancora Giuseppe Riccetti (1936): le sue figure nascono da un immaginario computer, interpretato con la pittura; Giuliano Mauri (1938): è tra gli artisti più importanti non solo in Italia della Land-Art; interviene sul paesaggio, dove costruisce installazioni utilizzando materiali naturali; Silvio Monti (1938): i suoi segni trovano corpo su quel profilo arcaico di un volto che è quasi un marchio di fabbrica; Fulvio Ventura (1941): dopo alcune esperienze di reportage, si dedica alla fotografia di ricerca, puntando principalmente sul paesaggio; Luigi Rincicotti (1941): i personaggi delle sue opere si nutrono di magie e attese enigmatiche; Walter Gasperoni (1943): racconta un mondo poetico legato all’infanzia che richiama emozioni dimenticate; Giancarlo Sciannella (1943): il suo lavoro si svolge nel segno della terra e delle sue relazioni con altre sostanze persistenti; Franco Batacchi (1944): la sua pittura e fatta di geometrie di vago sapore sciamanico e surreale bellezza; Radu Dragomirescu (1944): utilizza le più diverse forme espressive; la sua arte è caratterizzata dalla riflessione sulla vita e nella morte; Franco Troiani (1946): sviluppa una sua distinta ricerca neofuturista; Santorossi (1947): gioca con aperture multimediali sui nuovi miti patinati dell’iconografia pubblicitaria; Renato Meneghetti (1947): predilige la pittura, senza tralasciare la musica e il multimediale; Maki Nakamura (1947): la leggerezza materica e la sua poetica sono rivelatrici del divenire che è dentro ogni cosa; Paola Navone: architetto, designer, arredatrice, ha fatto parte del “Gruppo Alchimia”, l’ala più avanzata nella scena italiana del design, sviluppando una posizione d’avanguardia; Luigi Serafini (1949): artista poliedrico, esordisce con il libro “Codex Seraphinianus”, con disegni corredati da una calligrafia misteriosa.

Italo Bressan (1950): la sua ricerca sul colore-luce caratterizza la sua opera, che si sviluppa ed evolve in un preciso codice espressivo; Vitaldo Conte (1951): sviluppa una ricerca sui nuovi segni verbo-visuali e sulla poesia sperimentale; Giancarlo Ianuario (1952): si trova in sintonia con una materia come l’argilla, che risponde con naturalezza al tocco delle mani; Giulio De Mitri (1952): campo della sua ricerca è la luce come corpo, cardine di una poetica che si sviluppa tra progetto e processo del fare; Karpuseeler (1955): privilegia l’aspetto estetico dell’opera, momento conclusivo di una lunga elaborazione dell’idea di scultura astratta; Nelida Mendoza (1956): scultura e installazioni sono i mezzi espressivi di cui si serve per ricomporre il suo universo particolare; Virginia Ryan (1956): tratta tematiche attuali come le questioni razziali, ecologiche e ambientali; Stefano Boeri (1956): architetto, docente di progettazione urbana e fondatore di Multiplicty con la quale ha ideato installazioni per alcune delle principali manifestazioni e istituzioni; Caterina Davinio (1957): è tra i pionieri dell’arte digitale italiana e della computer poetry; Chiara Dynys (1958): una serie di lavori dagli anni novanta trattano la tragicità reale dello stato dell’umanità; Francisco Còrdoba (1958): nelle sue opere a partire dal colore, arriva anche all’integrazione di suoni e parole; Lella Cervia (1958): le terre che adopera nelle sue opere esaltano la sensualità della materia; Bobo Ivancich (1963): eclettico artista italo-cubano si distingue per le provocazioni post-duchampiane e neo-futuriste; Brunella Longo (1965): nutre un particolare interesse per la fotografia come mezzo espressivo; Simona Frillici (1966): costruisce le sue opere intorno a immagini e oggetti che rimandano a violenti episodi di cronaca.


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