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A bigger splash di Luca Guadagnino, la recensione

Creato il 07 settembre 2015 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Insieme a Saverio Costanzo, Luca Guadagnino è senza dubbio il meno italiano tra i registi italiani. Zoomate improvvise, invasività della macchina da presa, insomma lo stile di chi vuole apparire e impressionare a tutti i costi. I fischi lo accolsero al Lido di Venezia con Io sono l’amore nel 2005 e non lo abbandonano neppure nel 2015 quando sbarca in Concorso con A bigger splash. Ora la domanda è: i fischi sono giustificati?

a-bigger-splashA bigger splash risente un po’ degli stessi difetti di Io sono l’amore, il quale addirittura pareva girato da due registi diversi. Le due parti del film del 2005 (diviso tra Milano e Londra) erano diversissime e scollegate a livello estetico, come se Guadagnino, indeciso e incuriosito da entrambe, non volesse rinunciare alla sperimentazione né dell’una né dell’altra. La prima intrisa di posticcio e ingessato viscontianesimo post-moderno, la seconda dominata da un abuso di feticistico zoom sfocato sui corpi dei personaggi. A bigger splash è più unitario visivamente, girato come un videoclip anni Ottanta, ma sempre sporcato da movimenti di macchina privi di alcun senso narrativo, buttati lì solo per joke personale del regista e fastidio dello spettatore.

Perché Luca Guadagnino, diciamolo, più che un regista, è un esibizionista. Il suo cinema è esibizione ed esibizionismo, voglia di divertirsi ed apparire più che raccontare, confezione più che contenuto. Il suo stile pop e rock’n’roll allo stesso tempo aggredisce e importuna lo spettatore, un po’ come la prova attoriale e il personaggio interpretato da Ralph Fiennes, vero alter ego on screen dell’estro del cineasta. A bigger splash, proprio come Harry (Ralph Fiennes), è eccentrico e iperattivo, e dietro questa faccia(ta) nasconde ben poco e anche lascia ben poco. Il colpo di scena arriva all’improvviso, non preparato in alcun modo a livello narrativo, segnale di come Guadagnino viva in modo onanistico il suo “gioco” e giocattolo del cinema, che non contempla minimamente lo spettatore.

Ma la cosa paradossale, è che nonostante quanto già detto, pur con tutti i suoi lati negativi, il colorato e frenetico A bigger splash è il migliore tra i film di Guadagnino. Infatti, a differenza dei film precedenti, è un film che almeno nella prima parte si fa guardare (o sa farsi guardare).

Insomma, A bigger splash se non proprio un buco nell’acqua, quantomeno è un tuffo in una piscina vuota. E lo splash, o forse sarebbe meglio dire lo splat, è la rovinosa caduta di Luca Guadagnino.

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