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A casa di Emma.

Da Suster
In questi giorni abbiamo un tormentone: "Mamma, andiamo da Emma?"
Ogni mattina la mamma sveglia Mimi nel suo lettino: "Buon giorno vita mia, gioia mia, stellina di mamma!" "Mamma, andiamo da Emma?"
La mamma, non senza grande fatica e dispendio di energia, sfama, veste e incappotta una pupa e mezza, talvolta riesce pure e rinfilare a letto la piccola, addormentata a suon di tette, prima di uscire di casa, con 2 gradi e il ghiaccio sul sellino della bici e iniziare a pedalare verso la scuola con la grande seduta dietro, sul seggiolino. "Amore, hai freddo? Cuore di mamma, ce li hai i guantini? Arriva troppa aria?" (domanda idiota, datosi che la bici non è provvista di finestrini da chiudere all'occorrenza). "Mamma, dove andiamo? Andiamo da Emma?"
La mamma recupera da scuola la bambina, a seconda del caso dopo pranzo, quando spera in una dormita pomeridiana della stessa, se no massimo entro le quindici e quarantacinque, vedete un po' che vantaggione.
"Tesoro mio, bella de mamma, com'è andata? Ch'hai fatto? Ti sei divertita? (Ennesima domanda idiota) hai colorato? Hai giocato? Hai dipinto? Hai incollato paillettes sulle palline di Natale? Ti sono mancata?" "Mamma, ora andiamo da Emma?"
La mamma porta la prole al giardino. "Mamma, andiamo da Emma ora?"
La mamma organizza visite alla biblioteca comunale dei piccoli. "Mamma, stiamo andando da Emma?"
La mamma vince la maratona cittadina con passeggino inventandosi domeniche dal nulla, tra gelati e bancarelle natalizie, compra cioccolatini, ammira pupazzi di neve nelle vetrine, aspetta l'imbrunire per stupire le pupille con coreografie e fantasmagorie di lucine e addobbi per le strade, rincasa trafelata e distrutta e ancora deve incollarsi a turno su per due rampe e mezzo di scale un venticinque chilogrammi totali di bambine svenute nell'abitacolo del mezzo da passeggio. Arriva in cima, depone il dolce fardello nel giaciglio ufficiale e quella apre gli occhi. Poi parla e quel che dice è: "Mamma, ora andiamo da Emma?"
La mamma stordisce la primogenita di letture di librini serali del post-dinner, racconti a luce spenta sul surrealista andante in cui principesse non ben identificate si perdono per strada nell'impasto sonnolento della lingua che racconta e le immagini oniriche di una madre che scivola nel regno di Morfeo. "Mamma che cos'è Prodotto Interno Lordo?" "Eh?" "L'hai detto tu." "Davvero?" "Mamma, mi finisci la storia?" "Sì, allora il gattino..." "No, mamma non c'era il gattino!" "Ah, già, doveravamorimast... zzzzz!" "MAMMA! Mamma, ora basta dormire: andiamo da Emma?"
La bimba si sveglia alle 4 di notte con urla accorate (ultimamente capita con frequenza preoccupante di una volta per notte). La mamma accorre al suo fianco, incespicando su costruzioni di legno aguzze e disintegrandosi il mignolo contro lo stipite della porta (un classico genitoriale). "Amore, cosa c'è? Hai fatto un brutto sogno? Vuoi un po' d'acqua? Mi metto un po' vicino a te?" "Mamma, io... io... non voglio stare qui: voglio ANDARE DA EMMA!"
E' tutto vero, non invento niente. E lasciamo stare gli explois del tipo: "WAAAAAAA! VOGLIO ANDARE DA EMMAAAAA!!!!"
A nulla sono valsi gli escamotage (idioti, lo ammetto) psicologici, per esempio: "Ma perché vuoi andare sempre a casa di Emma? Non ti piace casa nostra?"
"Sì, mamma, casa nostra è BE-LLI-SSIMA. Però io voglio andare a casa di Emma un pochino e poi torno qui, va bene?"
"Mh. Ma la nostra casa è triste che non vuoi mai giocare qui..."
"Ma io gioco qui, e però, anche da Emma, va bene?"
Certo, non mi sono impegnata abbastanza.
Il più delle volte tronco con un: ora no. Oppure assecondo per assurdo: "Sì sì, mo andiamo eh. Tu intanto dormi."
Emma è l'amichetta di Mimi dell'asilo nido. Quest'anno non stanno più a scuola insieme, ma corre comunque tra le due una grande affezione (virale direi), unita al fatto che ancora non sono riuscita a intercettare nella nuova scuola un solo genitore abbordabile né a capire quale sia un possibile e papabile nuovo compagno di giochi prediletto della Mimi in questione, né infine muoio proprio dalla voglia di adescarne di nuovi (compagnucci, come di genitori) e finire ad ammazzare i miei pomeriggi invadendo e devastando case altrui.
Per tutte queste ragioni dunque, se posso l'accontento, e si contatta la mamma di Emma, ci si accorda per una visita, ci si organizza con la macchina e i tempi di scuola, dormite pomeridiane, pappe della piccola, si preparano e caricano le due, si cerca parcheggio in zona stazione che è tutto a pagamento, e già è tanto se sene trova uno libero, ma si spera che non passino i vigilonzi proprio in queste due ore scarse che io mi accollo il supplizio Emma, perché c'è un limite pure a quello che una madre è disposta ad accollarsi per assecondare le richieste della figlioletta.
Non è che posso infilarmi a casa di questi ogni santo giorno.
La mamma è brava, per carità, simpatica, disponibile, ma finirà a denunciarmi per stalking. Finirà per pensare che io abbia una cotta per lei, che non abbia uno straccio di amico, che abiti in un container vuoto e mi piazzi a casa sua per elemosinare un po' di calore domestico.
Insomma, un po' è per non rompere i coglioni altrui, che questa cosa mi crea problemi. Un po' è perché io a casa di Emma mi trituro educatamente le palle!
Casa di Emma per i miei standard abitativi è enorme. Alti soffitti, lungo corridoio, sala spaziosa, pavimenti di marmo. Tipica casa del centro città, edilizia del dopoguerra, come tante ne ho conosciuto nei miei anni di studente.
Mi piazzo in salotto con la piccola che mi sguscia tra le braccia, si catapulta sul pavimento, e tenta ripetutamente il suicidio cozzando la testa contro spigoli vari.
La casa è spaziosa, e totalmente invasa dai giochi dei bimbi. I quali bimbi scorrazzano di continuo su e giù per il corridoio, dalla camera al salone, trasportando pezzi di castelli di plastica rosa, barbie nude, principesse con teste mozzate, pagine cartonate di libri scarabocchiati, pennarelli senza punta, senza tappi, tappi di pennarelli e pezzi frantumati di pastelli a cera. Accumulano giocattoli alla rinfusa senza giocare realmente con niente. Mi viene da pensare che il gioco consista nell'accumulo dei giochi.
Nel frattempo una televisione formato parete è perennemente accesa ad altezza bambino su Rai Yoyo.
Le frequenti incursioni dei bambini (tre compresa la mia) sono continuamente interrotte da improvvise e subitanee ipnosi da Peppa Pig. Poi le ipnosi sono interrotte da uno spintone del fratellino piccolo che reclama il suo legittimo posto sul puff accanto a Emma. Segue breve rissa tra infanti in cui interveniamo a turno noi mamme, che intanto tentiamo invano di intavolare l'ennesima conversazione, interrotta come sempre alla terza battuta e mezzo da una delle seguenti situazioni: urla a svuotapolmoni immotivate di uno dei bambini, testa contro spigolo di qualcuno con conseguenti urla a svuotapolmoni, richiesta di fare cacca/pipì, richiesta di cibo random, tentativo di demolire parte dell'arredamento domestico da tutti in concorso di forze.
Esco di lì sempre un po' provata.
E sapete cosa ha il coraggio di dirmi Mimi mentre me le carico in macchina e combatto contro le cinture dei seggiolini che con lo spessore dei piumini invernali non arrivano a chiudersi?
"Mamma, domani andiamo da Emma?"

A casa di Emma.

Tipico pomeriggio a casa di Emma.



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