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C'è una risposta, e so che è diffusa, che a me lascia sempre un po' perplessa, e fatico a trovare le parole per giungere ad una spiegazione, durante il breve confronto che è il colloquio scuola-famiglia: "Ma mio figlio a casa studia tantissimo, lo interrogo, sa sempre tutto, mi sembra strano". Io di fronte a quest’affermazione, non frequente ma ciclicamente presente, mi trovo al primo impatto in imbarazzo. Intanto non so mai se quella frase significa anche altro e durante questa valutazione mi viene in mente che se il bambino sa tutto allora il problema sono io. Poi ci penso un secondo (ringraziando mentalmente per l’ormai esile esistenza del modulo) e mi ricordo che anche i colleghi hanno segnalato la stessa situazione. Penso che il problema sta altrove e mentre il genitore cerca di dirmi che forse il problema è a scuola, io invece non penso che il problema sia a casa, perché sarebbe la risposta più ovvia e banale, e mi sono imposta all’inizio della mia carriera di non pensarlo mai. Penso che se c'è un problema, esso è collegato ai tempi di crescita del bambino, allo sviluppo della consapevolezza personale circa il suo percorso scolastico. E allora spiego, che sicuramente il bambino studia, non c'è alcun motivo per dubitare sia del bambino sia della famiglia che lo afferma, ma può essere che, in questa fase, il senso del compito scolastico non sia maturo affatto. La scuola è ancora caratterizzata da giocosità e in qualche modo da leggerezza, che servono proprio a tenere vivo l’interesse dei bambini, le attività anzi, per dirla tutta, si giocano nel bel mezzo di una transizione, e proprio perchè il bambino è in una fase di passaggio egli può non essere ancora pronto a calarsi completamente nel ruolo scolastico. Il bambino è cioè disponibile a partecipare alle attività nel gruppo e con il gruppo, ma ancora non ha preso coscienza dell'obbiettivo e dell’impegno personale che deve profondervi. E quando si tratta di tornare su cose già fatte, di consolidare, risponde partecipando con meno entusiasmo di quanto non faccia nel resto delle attività, alle conversazioni e alle interrogazioni, perché semplicemente pensa ai giochi, è distratto da altre cose che non riesce a disgiungere dal resto. Oltretutto i bambini non sempre si comportano a scuola come a casa. A conferma poi mi ricordo, anche se a volte mi sfugge, che sono proprio quei bambini che si perdono a giocherellare con piccoli oggetti, si distraggono in mille altre cose. Si mostrano interessati alle novità ma allo stesso modo si annoiano di fronte agli stessi argomenti. Tutte cose che la famiglia non riesce a percepire a casa.
Anche la più moderna delle didattiche, analogica o digitale che sia, richiede da parte del bambino una graduale presa di coscienza del proprio ruolo. Dalla classe terza di scuola Primaria è spesso questa una delle cause di differenza nel rendimento degli alunni. Esiste una transizione dal compito perseguito per volontà esterna, quindi per richiesta dei genitori e degli insegnanti, al compito perseguito per volontà interna. Chiaramente i bambini non ci arrivano tutti nello stesso momento, possono esserci differenze di anni: c'è chi ancora in quarta e quinta Primaria, e forse anche in seguito, ha bisogno del continuo incoraggiamento dell'adulto. Ecco perché non bisogna mai abbassare la guardia e sorvegliare sempre anche se a debita distanza e perchè bisogna sempre accompagnare i bambini anche con i discorsi e con un mix di affetto e rigore.© Crescere Creativamente consulta i Credits o contatta l'autrice.
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