La cena trascorsa a casa di Amira e Azmi è stata una delle esperienze più belle del mio soggiorno in Israele. Li ho raggiunti a Usefiya, insieme al gruppo di giornalisti con cui stavo effettuando un press tour. Il loro villaggio si trova vicino ad Haifa, nel nord del paese.
Non avevo mai sentito parlare dei Drusi e della loro comunità, ma sono rimasta affascinata dai racconti di questo popolo senza lingua né nazione, che vive in tutto il mondo. I Drusi sono oltre 2 milioni e mezzo (125 mila solo in Israele), vivono tra Giordania, Siria, Libano, Europa (anche in Italia) e Sud America e pare che siano originari dell’Antico Egitto. Per loro la vita ha un valore sacro e i due elementi fondamentali di ogni esistenza sono Dio e gli esseri umani. “L’uomo – ci racconta Azmi, mentre la moglie Amira è intenta a preparare una originale quanto inaspettata cena – ha il dovere di preservare la santità data da Dio che presiede nel suo corpo, per questo è fondamentale il mantenimento della salute e ciò che viene mangiato serve perché fa bene al corpo”.
Il cibo è un aspetto importantissimo nella cultura dei Drusi e riguarda molti aspetti della loro vita. Ci sono alimenti che non possono essere mangiati poiché ritenuti nocivi per il corpo (come carne di maiale, frutti di mare e alcolici), ma vige anche il divieto di mangiare troppo e di non bere l’acqua a dismisura. Il concetto fondamentale legato al cibo è però uno: il cibo è energia e per questo deve essere pulito, sano e creare energia positiva per il corpo. Rendere onore a chi ha lavorato tanto per preparare un pasto è poi cosa buona e va testimoniato con l’apprezzamento di quello che viene portato in tavola.
La comunità di Usefiya è originaria del Libano, da cui i Drusi sono arrivati circa 400 anni fa. Anche il cibo che preparano in questa casa ha quindi delle influenze legate a quel territorio e lo testimoniano lo stare seduti tutti insieme intorno alla stessa tavola e il mangiare tutti dallo stesso piatto. La nostra cena è stata ricca e sorprendente: dal Mansaf (riso con carne a cui si aggiungono mandorle e frutta secca) al Nasale con melanzane, ceci e pomodori, passando per il Cusa Machshi (ripieno di verdure e riso) e l’Hummus per arrivare al Burghul e al Wark Ainab (foglie di vite arrotolate con all’interno riso o carne). E poi dolci della tradizione e un delizioso the alla menta.
I Drusi credono in un solo Dio e in un’anima infinita; credono nella reincarnazione che però può avvenire solo tra esseri umani e seguendo il genere femminile o maschile. Non sono accettate conversioni da altre religioni, per cui per essere un Druso devi nascere tale. Privi di patria, di terra e di una lingua comune sono fortemente legati allo stato in cui nascono e ad esso sono leali. La loro bandiera non rappresenta una nazione, ma ha un forte valore simbolico testimoniato dai cinque colori di cui è costituita: verde (rinnovamento), rosso (giustizia, amore), giallo (intelligenza), blu (serenità) e bianco (purezza). E proprio il bianco è il simbolo dei religiosi che utilizzano un copricapo di questo colore per distinguersi ed essere puri, chiari e onesti.