Ci sono cose che – da sempre – trovo meschine e ributtanti. Più o meno da quando, ragazzina, ho visto un’amica con la maglietta inzuppata di sangue. Il padre l’aveva riempita di botte perchè lei l’aveva contraddetto mostrandosi poco rispettosa, e la compagna del padre cercava di ragionarle che – nonostante tutto – le voleva bene e che andava capito perchè aveva avuto un’infanzia difficile. In fondo, non era colpa del padre; in fondo, la figlia poteva stare zitta e non provocarlo.
Come misurare il livello di imbarbarimento e volgarità degli ultimi tempi? Uno dei segnali lampanti è che, non solo le notizie delle violenze di genere e dei femminicidi vengono date come se si trattasse di eventi ineluttabili, quanto le donne che vengono stuprate, picchiate e uccise sono – dove in maniera grossolana, dove in maniera insinuante – colpevolizzate e definite corresponsabili, buttandola in caciara attraverso superficiali analisi psico-sociologiche sul fatalismo delle corresponsabilità nelle relazioni. Così, da “ha dato retta ad uno sconosciuto, era in minigonna per cui lo stupro se l’è cercato” a “se non avesse aperto la porta all’ex, pur sapendo che era violento, non sarebbe di certo morta”, il passo è breve.
A chi giova questo fatalismo?
Come mi ricorda un’amica, una buona dose di esso la incontri “in certi foucaultismi e/o postmodernismi del tipo: il potere è ovunque e ci imbroglia con mille maschere e la verità è impossibile. La conseguenza logica di questi ragionamenti è: la verità, una verità è impossibile. Tutto può essere inganno del potere, tutto è mistificazione e noi ne siamo nichilisticamente e quindi fatalisticamente impigliati.”
Trovo la trasposizione di questo ragionamento, nei fatti di violenza, inaccettabile, perchè “c’è mistificazione ma c’è anche la possibilità di discernere e comprendere e scegliere.“
E se è vero che la psicologia descrive, e che la descrizione dei fenomeni è utile, essa non basta; e metterla sullo stesso piano della politica, trasponendo considerazioni generali basate su presunte analisi psicologiche, è fuorviante e pericoloso.
Non sono disponibile a giustificare chi stupra, picchia e uccide; non sono disponibile a dire, di chi è stuprata, picchiata e uccisa: “si , però, in qualche modo te la sei cercata, te la sei voluta”; o “chi era vicino a te ti ha spinto a cercartela”. Questo, per me, è sdoganare la violenza.
QUI il report di scirocconews sul femminicidio
“And now, how do you plead?” (guilty!)