Magazine

A cosa servono le agenzie immobiliari

Creato il 11 novembre 2013 da Lundici @lundici_it

Solo a Roma sono in tremila (dichiarati), più un numero imprecisato di abusivi. Se hai una casa da vendere, ti telefonano a tutte le ore, assicurandoti che troveranno un compratore in tempi rapidi. In questo periodo di crisi, molte stanno fallendo. E forse non è un male

A cosa servono le agenzie immobiliari
Immaginiamo di essere eredi di una povera zia morta, nubile e senza prole, ad 85 anni, insieme ad altri sei cugini. Immaginiamo che la zia fosse proprietaria di un appartamento in una zona semicentrale di Roma, settanta metri quadrati da ristrutturare. Immaginiamo di volerlo vendere perché quella casa costa, fra Imu e condominio, almeno tremila euro l’anno. Immaginiamo di volerlo fare senza l’intromissione di alcuna agenzia, con un po’ di tempo libero speso nei week-end ad incontrare le persone che rispondono al tuo annuncio e desiderano vedere l’appartamento. Un’utopia, un sogno irrealizzabile? Sì, forse.

L’assedio

Solo un ingenuo come me, rispettoso dei desideri degli altri, può pensare che una semplice frase, per quanto perentoria, messa sull’annuncio e sui cartelli di “Vendesi” – “No agenzie” – possa produrre un qualsiasi effetto dissuasivo su un’orda di agenti immobiliari (termine legalmente improprio, perché si tratta, come vedremo, di «mediatori») che ben presto ti circondano e non ti lasciano respirare.

Le prime telefonate sono proprio quelle di agenzie. Dopo un paio di squilli, cominci a riconoscere quelle voci “finto benevoli”, da simpaticoni che dicono di volerti incontrare ed offrire un caffè. Perché loro, dicono, hanno venduto un appartamento proprio lì vicino, sono del mestiere, possono risolverti il problema in quattro e quattr’otto e poi, comunque, vogliono per ora solo offrirti un caffè.

All’inizio sei gentile, rispondi a tono, ti scusi ma protesti pacatamente – e lo hai scritto anche sull’annuncio – di non desiderare mediatori perché hai un po’ di tempo libero e lo vuoi impiegare per trovare con le tue forze un compratore. Quindi, perché telefonano così numerosi? La risposta è univoca: «Noi facciamo solo il nostro lavoro». «Che è quello di telefonare alle persone che non vi vogliono e che lo scrivono chiaramente?».

Un’agenzia addirittura mi contatta nella scuola dove insegno e numerose altre telefonano ai miei cugini, che non si occupano della vendita. Qualcuno deve aver passato loro l’atto di successione, dal quale hanno conosciuto nomi e cognomi degli eredi di quella casa, compiendo naturalmente un reato.

Fuori controllo

Alcuni mediatori immobiliari si confidano. Sono soprattutto donne, le più gentili e le meno arroganti. «La situazione oramai è fuori controllo» mi confida una di loro; «soltanto a Roma ci sono oltre tremila mediatori immobiliari dichiarati alla Camera di commercio, ma ci sono anche quelli abusivi, senza partita Iva. Si figuri cosa può succedere in un momento di crisi come questo, in cui si vendono pochissime case ». Cosa può succedere? «Succede che quando becchi il cliente che compra cerchi di tirargli fuori più soldi possibili e accantoni la cortesia e i diritti di privacy». La crisi delle professioni, poi, sta spingendo orde di studi di architettura, di ingegneria, perfino di commercialisti, a prendere qualche incarico, perché tutto fa brodo, anche se non ci vuole una laurea per fare il mediatore di case.

A cosa servono le agenzie immobiliari
L’incarico

In realtà, i mediatori immobiliari non curano affatto gli interessi di chi vende (in fondo, sei tu che fornisci loro l’incarico «a procurare la vendita», così definiscono i loro contratti, con la conseguente occasione di reddito), ma soltanto i propri. Ci ragiono sopra e dai molti spunti che l’esperienza mi offre comprendo che è proprio così. Anche se stipuli un contratto in cui metti “zero” nella parte relativa alle commissioni che devono incassare da te (solitamente ti chiedono almeno l’uno per cento, mentre all’acquirente chiedono dal tre al cinque per cento del corrispettivo della vendita), queste commissioni finisci spesso per pagarle tu.

Il meccanismo è oramai standardizzato e lo capisco quando, dopo sei mesi infruttuosi di visite con clienti che non comprano, decido di affidare l’incarico ad un’agenzia molto conosciuta nel quartiere. Col sorriso prestampato sulle labbra, incravattato come peggio non si può e con un gessato terrificante, il mediatore mostra un untuoso interesse per la tua casa, dicendo di essere sicuro di venderla entro luglio, inondando la città di annunci e di pubblicità. Non farà niente di tutto questo, se non inserire un anodino annuncio sullo stesso giornale in cui li ho pubblicati anche io e su un fantomatico «settimanale» edito dalla sua agenzia, la cui tiratura e diffusione mi sono ignote. Lungo i cinque mesi dell’ incarico, non si degna di una telefonata per informarmi sullo stato delle trattative o comunque sul lavoro svolto, salvo l’ultima settimana, quando mi convoca nel suo spettrale ufficio per annunciarmi trionfalmente di aver trovato un cliente disposto a pagare la casa 250 mila euro, quando avevamo concordato una somma minima di 320. La settimana dopo, gli revoco l’incarico e torno ad incontrare personalmente i possibili acquirenti.

Le commissioni

Di solito un mediatore chiede il 3% sul valore dello scambio, che riscuote al momento della stipula del contatto preliminare (quello che in linguaggio comune si chiama «compromesso»). In teoria, la percentuale sul prezzo della vendita dovrebbe indurre il mediatore a spuntare quello più favorevole al proprietario e a lui stesso ma non sempre è così, soprattutto in un momento di forti difficoltà del mercato. Quando le cose vanno per le lunghe e non si riesce a vendere, il mediatore cerca di farsi accordare uno sconto, tentando di far rimanere ferma la sua commissione. Se riesce a convincere il proprietario, avrà un motivo in più per chiedere la stessa commissione all’acquirente, che comunque avrà risparmiato un po’ di soldi. Sui tre soggetti coinvolti nell’affare, ci rimette solo il proprietario proprio chi, con la sua casa, fornisce il reddito al mediatore («Si accontenti, in fondo è un buon prezzo visti i tempi che corrono», si sentirà dire).

Un valore aggiunto prossimo allo zero

Ma c’è un altro elemento, più tecnico, da considerare. Qual è il reale valore aggiunto che gli agenti immobiliari producono per il mercato? Il valore aggiunto è la creazione di valore che si determina in una fase della produzione. Un falegname acquista il legno e, segando, incollando, fissando e verniciando, produce una libreria che ha un valore di mercato molto più alto di quello dei suoi singoli componenti. Un commercialista risolve i tuoi problemi fiscali grazie alle sue conoscenze in anni di studi universitari e di pratica in un guazzabuglio di norme tributarie. Questo è il valore aggiunto. Qual è il servizio prodotto dall’agenzia immobiliare che possiamo qualificare come «valore aggiunto»? Infilare le chiavi nella serratura e illustrare le bellezze di una casa che possiamo ammirare benissimo anche senza di lui?

In alcuni casi, i mediatori ti accompagnano in case abitate, dove entri ed ammiri calzini ben nascosti sotto il letto e valigie accatastate nello stanzino. Il loro lavoro è bussare ad un campanello e dire qualche battuta per lenire il fastidio per l’odiosa visita mattutina. A fronte di ciò, i loro guadagni possono essere rilevanti. Se vendono un immobile per 500 mila euro, supponendo una commissione del 3%, percepiscono la bellezza di 15 mila euro lordi. Il secondo governo Prodi impose per legge che il loro compenso fosse dichiarato nel rogito notarile, per stanare un’evasione che nel settore era molto rilevante, soprattutto grazie al fenomeno della sotto-fatturazione, conveniente anche per chi pagava la commissione. Quasi tutti gli agenti si rivoltarono contro il governo di centro-sinistra, diventando accesi berlusconiani (ma la legge non è stata abrogata).

A cosa servono le agenzie immobiliari
A dispetto dei volantini che i più intraprendenti diffondono nei quartieri battuti casa per casa, non hanno alcuna «prestigiosa clientela» o «ambasciate» nel loro portafoglio. Tu telefoni incautamente dicendo di avere una casa da vendere e loro ti cercheranno un acquirente, che al 99% non sarà né prestigioso né ambasciatore, ma qualcuno che si è materializzato grazie ad un annuncio gratuito. Quando poi appare la magica frase «trattative riservate», non puoi fare a meno di pensare a qualche affare di Stato, dove sono coinvolti anche i servizi segreti di Sua Maestà. Ma si tratta solo di case supercostose e non sempre maestose.

I casi limite

Un mediatore della provincia romana di una grande catena di franchising mi ha mostrato (allora ero io il possibile acquirente) alcune case quasi tutte con rilevanti problemi di abusivismo. In una di queste, il proprietario aveva trasformato un patio all’aperto nella stanza più grande della casa e il mediatore asseriva che l’operazione non era abusiva e non aveva dunque bisogno di sanatorie.

Qualche giorno dopo, mi aveva mostrato una villa denominata “casa del contadino”, con un grande giardino e un terreno incolto, ad un prezzo del tutto accessibile. Perché quel nome? Non ci volle molto a scoprirlo, dopo che, alla mia richiesta di esaminare la concessione edilizia ed altri documenti, mi disse che poteva farmi vedere soltanto il «certificato di abitabilità»: si trattava di un immobile censito come «fabbricato rurale», costruito quindi su terreno agricolo, dove si può edificare soltanto la modesta abitazione (la «casa del contadino», appunto) di chi lavora la terra e munge le vacche. Insomma, era una casa a rischio demolizione. Lo chiamai qualche giorno dopo e gli dissi di non aver notato né il fieno, né le pecore.

In un caso che mi è stato raccontato è successo questo: il contratto era scaduto senza che la casa si fosse venduta. Dopo un paio di mesi, il proprietario l’aveva venduta da sé ad uno di quelli portati dall’agenzia e questa aveva subito cominciato a subissarlo di richieste di commissione, anche se oramai il legame contrattuale era terminato.

Una legge che regolamenti il settore

A cosa servono le agenzie immobiliari
«Il vero problema» mi dice un mediatore che, come molti altri, svolge il suo lavoro onestamente, «è che manca una legge specifica». Ha ragione. Ci sono solo undici articoli del codice civile (1754-1765) sulla mediazione (quindi, un contratto generico, che non riguarda specificatamente il settore immobiliare). E soprattutto c’è l’articolo 1759, il quale prevede che il mediatore debba riferire alle parti le circostanze a lui note «relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso».

Se compri una casa con qualche sua parte abusiva, non potrai rivalerti sul mediatore «ignaro», a meno che non dimostri che lui conosceva lo stato di fatto dell’immobile. Naturalmente, ci sono moltissime agenzie serie che nemmeno prendono in carico case abusive o con vizi non condonati. Ma come si fa a distinguerle? Hanno un bollino “dop” o “doc”, oltre alle promesse televisive di «solide realtà»?

Infine, c’è un’altra considerazione di buon senso che, anche non essendo studiosi di economia, viene alla mente. Quando non c’è la crisi le case si vendono «da sole», anche senza un mediatore; quando c’è la crisi, il mediatore riesce a vendere solamente dimezzando il prezzo richiesto o non vende affatto (un risultato che, senza sforzo, può benissimo essere raggiunto anche dal proprietario). Qualcuno mi può spiegare a cosa serve e qual è la sua funzione economica?

A cosa servono le agenzie immobiliari
Metti "Mi piace" alla nostra pagina Facebook e ricevi tutti gli aggiornamenti de L'Undici: clicca qui!

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :