Sono nato esattamente vent’anni dopo che ci siamo sbarazzati dei turchi. 1898. Esatto, questo significa che ho settantun anni. Sono anche bisbetico. E cattivo. Puzzo, come tutti i vecchi. Sono un reumatismo ambulante: spalle, anche, ginocchia e gomiti. La notte non dormo. Chiamo mia figlia con il nome di mio nipote e mi ricordo del giorno in cui ho conosciuto mia moglie molto meglio di ciò che ho fatto ieri oppure oggi. Era il 2 agosto, credo. 1969. Ieri notte ho pisciato nel letto e chissà quali altre delizie mi toccheranno stanotte. Non sono né originale né al passo con i tempi. Ma forse sono geloso di un uomo morto da sessant’anni.
Ho trovato le lettere che ha scritto a mia moglie molto prima che ci conoscessimo, quando lei aveva sedici anni. Una di quelle scoperte stupide, da romanzo rosa, niente a che vedere con la realtà e la vecchiaia. Mi è caduto il suo portagioie. Il coperchio si è spalancato e sul fondo è scattata l’apertura di uno scomparto segreto. Dentro c’era un libriccino, un diario in forma epistolare.
Non riesco neanche a immaginare di essere capace di scrivere lettere che una donna voglia conservare per sessant’anni. Vorrei essere stato io ad aver conosciuto Nora quand’era più vicina all’inizio della sua vita che alla fine. Perché questa è la semplice verità: siamo prossimi alla fine. E lo non voglio. Io voglio vivere per sempre. Voglio rinascere nel corpo di un giovane e con la mente di un giovane, diversi dal mio corpo e dalla mia mente. Voglio vivere di nuovo, essere qualcuno che non conserva alcun ricordo di me. Voglio essere quell’uomo.
…
La storia bulgara fornisce un terreno fertile per questa raccolta di racconti d’esordio di un giovane quasi trentenne emigrato dalla Bulgaria negli Stati Uniti nel 2001 per frequentare il college.
La Bulgaria non è né Occidente e né Oriente, ma qualcosa di forte che esiste in ogni bulgaro. Forse per questo lo stile di scrittura di Miroslav Penkov è chiaro e sorprendente, pieno di calore e di saggezza. Uno stile che spiazza e confonde come pochi.
Penkov attinge ampiamente dalla sua esperienza di immigrato e scrive di persone comuni che vivono vite ordinarie costellate di conflitti che richiamano alla mente i mondi straordinari di scrittori come Zamjatin, Bulgakov e Babel.
Gli otto racconti che insieme compongono il libro di Penkov sono come dei piccoli specchi, che riflettono e illuminano gli angoli nascosti della storia di questo paese martoriato, vivo nel profondo.
A volte divertenti e spesso assurdi, A est dell’Occidente è una raccolta di racconti malinconica e disillusa di notevole talento. Un debutto che impressiona e ci lascia la speranza che la prossima volta Penkov ci affascinerà con un romanzo.
Miroslav Penkov
A est dell’Occidente
(traduzione di Ada Arduini)
collana I narratori delle Tavole
Neri Pozza
2012