Cara Virginia, stamattina girellando in internet (ma per lavoro, giuro) sono incappata su un bellissimo quadro di Edward Hopper, The long leg.
In una giornata di pioggia novembrina, in cui la luce non è mai del tutto luminosa, incontrare un paesaggio che la luce l’ha accolta è stata una meraviglia. Il blu del mare è così brillante, le vele sono così bianche, tutto è così nitido che davvero vorrei vedermelo davanti ogni volta che apro gli occhi al mattino.
Ma cosa è successo quando sono andata a cercarmi l’immagine del quadro per scrivere il post? Che c’erano diverse immagini, alcune palesemente sbiadite e altre palesemente distorte, ma tante altre non palesemente diverse dall’originale. Solo che, qual è l’originale? Se non sei stata al museo dove la espongono, o se il quadro è di una collezione privata, come potrai mai sapere il punto esatto di blu che Hopper aveva scelto per il mare di quel giorno, di quell’ora, di quell’umore?
Inutile dire che io penso l’originale sia il primo.
Diceva Walter Benjamin, di certo a ragione, che siamo nell’era della riproducibilità dell’opera d’arte e che questo cambia tutto. Le immagini di Google ci danno accesso a qualsiasi quadro o scultura. Ma quanta differenza resta tra l’originale e il riprodotto? Una differenza incolmabile?
Mi viene di nuovo da dire, con te che so che oggi non potrai rispondere, agli ardui la postera sentenza!
Perplexed Antonia