E' venuto fuori solo per caso.
Perché un cittadino yemenita ma residente in Tanzania, arrestato tempo addietro perché reo di essere in odore di fondamentalismo islamico, è finito nelle terribili carceri di un altro Paese africano, a lui ovviamente sconosciuto, e che poi ha scoperto trattarsi di Gibuti.
L'uomo, dopo essersi fatto per alcuni anni una ingiusta detenzione, con interrogatori e violenze d'ogni genere subìte durante la sua permanenza in carcere , ha denunciato, una volta libero, il Governo di Gibuti presso la Commissione Africana per i diritti dell'uomo.
E lo ha fatto evidenziando le complicità di Gibuti con la CIA americana in quanto le persone preposte ai suoi interrogatori(un uomo e una donna), nell'esprimersi, avevano un marcato accento americano- egli dice .
Se questo corrisponderà al vero, come è probabile che sia, una volta che la Commissione Africana per i diritti dell'uomo accetta la contestazione, i Paesi africani, in primis nel caso in questione Gibuti, dovranno risponderne alla giustizia internazionale.
Sotto il profilo giurisprudenziale l'evento certamente farà storia, perché è l'occasione per difendere ad un tempo la sovranità africana e i diritti dell'uomo.
Infatti, per inciso, sarebbe opportuno che a spegnere oggi l'incendio del Maghreb in fiamme, ultima la Libia di Gheddafi, con un vero e proprio genocidio in corso, gliUSA della signora Clinton, ministro degli Esteri, rimanessero a casa propria onde evitare il replicarsi di novelli Kosovo, Bosnia,Iraq e Afghanistan, messi insieme.
Le popolazioni libiche e tunisine si sono ,infatti, già espresse in tal senso.
Piuttosto che sia l'Unione Europea e l'Italia sopratutto a darsi da fare seriamente in quella direzione.Prevalentemente con seri interventi umanitari. Possibilmente senza troppi tentennamenti.E nessun vittimismo.
La possibilità e la responsabilità di fare il bene, in situazioni come queste, è per tutti. Ma un po' di più per i vicini di casa.
Non credete?
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)