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A lezione di anatomia e di bellezza, con Ruven Afanador

Creato il 29 gennaio 2016 da Salone Del Lutto @salonedellutto

Ruven_Afanador_Evoluzione_della_spaecie_6Occasionalmente, anche le foto di moda trattano l’argomento della morte. Ne abbiamo parlato su queste pagine poco tempo fa, riproponendo In Memory of the Late Mr. And Mrs. Comfort, un servizio fotografico denso e splendente, realizzato da Richard Avedon nel 1995. Qualche anno più tardi, morte e moda si intrecciano nuovamente, e lo fanno grazie all’obiettivo di Ruven Afanador, uno dei più acclamati fotografi del settore.

Afanador è colombiano di origine. Fino all’età di 14 anni ha vissuto a Bucaramanga, la ciudad bonita, situata nel plateau panoramico sopra il Rio de Oro e ricca di storia coloniale. Dirlo ha senso. Perché furono proprio questi anni a insegnargli la bellezza, ammesso che sia insegnabile. Fatto sta che quel mix di natura soverchiante e tradizioni antiche e rituali devono aver in qualche modo esercitato l’immaginazione del fotografo allo stupore e alla meraviglia. Con il suo mezzo espressivo Afanador entra in contatto successivamente, quando cambiando contesto si trasferisce ancora ragazzino negli Stati Uniti. Però quel modo di vedere le cose gli è rimasto appiccicato addosso, così come la voglia di trasformare l’ordinarietà della realtà in un qualcosa di splendido…

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Le ossa, tecnicamente, se le fa poi a Milano, dove verso la fine degli anni Ottanta costruisce il suo portfolio e individua la sua modella-tipo: «È interessante piuttosto che convenzionalmente bella, col collo e le braccia scolpite, e il busto lungo e aggraziato, per lungo tempo preferito da pittori enigmatici e senza tempo». Con questo portfolio, e con queste idee, Afanador torna negli Usa, a New York, e non si ferma più. Le più importanti riviste di moda, pubblicità, ritratti di figure emblematiche in tutti i campi – l’arte, la letteratura, la musica, il cinema, tra cui, colombiani come lui, Sofía Vergara e Gabriel García Márquez –, mostre in tutto il mondo. E poi quattro libri ambitissimi, nei quali si delinea sempre di più una personalissima idea di erotismo: Torero, Sombra, Mil besos e Angel Gitano. Pare che Torero, esaurito ad appena un anno dalla pubblicazione, sia diventato una sorta di oggetto di culto.

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Ma siamo qui per parlare di un altro lavoro. Nel 2008 Elle Italia pubblica un servizio che quando l’ho visto sono rimasta a bocca aperta. Il lavoro si intitola L’evoluzione della specie, la modella è Charlotte Kemp Muhl. Insieme a lei, una pessima compagnia formata da scheletri – umani e animali –, corvi impagliati, crani lombrosiani o witkiniani impilati uno sull’altro, feti in formalina. I vestiti sono belli, importanti ed eleganti, ma passano decisamente in secondo piano rispetto alle scene ricreate da Afanador. Dove ci troviamo, esattamente? Un laboratorio medico di fine Ottocento, forse, e poi in un’aula per lo studio dell’anatomia, ma anche in un corridoio di un museo di scienze o di un liceo – lo dico perché in quello che ho frequentato io gli ambienti erano più o meno gli stessi, con vetrine e scaffali pieni di animali imbalsamati e di ossicini.

La modella ha i capelli tirati indietro, il trucco delle labbra è scuro e marcato, la pelle bianchissima. A differenza di quanto avveniva nel servizio di Avedon, coi morti qui c’è poca o nessuna interazione. Minime le occasioni di contatto, è più difficile immaginarsi una storia. Un cranio può al limite fungere da copricapo. Ma ci sono due lodevoli eccezioni: Charlotte seduta al tavolo con tre scheletrini, in una compagnia ambigua dove uno le posa delicatamente la mano ossuta sulla spalla, mentre lei stringe la mano di un altro; Charlotte vestita di nero, mentre bacia un grande corvo appollaiato sulla sua mano.

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I colori sono eleganti, sfumati, rarefatti. Una cosa che non sempre avviene nei lavori di Afanador. Non vado oltre ma vi invito a visitare il suo sito e a curiosare fra tutto quello che ha fatto. Il compito è: esercitarvi a captare i tratti di questo immaginario erotico così particolare, naturale ed educato, che sa mescolare con sapienza la malizia, la decadenza, la formalità classica, l’audacia e la raffinatezza.

di Silvia Ceriani

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