Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!
Charles Baudelaire, A una passante
A.A.A. Persone romantiche cercasi. Rare quanto un ufficio postale senza fila, in via di inevitabile estinzione. Ma dove siete? E se ci siete, dove vi nascondete? Sabato sera ero a Cesenatico con alcune amiche; una di loro ha condiviso con noi il racconto della sua storia d’amore appena nata: una sera stava cercando parcheggio nel sotterraneo di piazza Otto Agosto, a Bologna. Individuatone uno, le viene soffiato. Ne trova un altro, si incammina verso le scale mobili per uscire dal parcheggio, dietro di lei le persone che le avevano rubato il posto. Alla fine della serata, si reca nel sotterraneo per il ritiro dell’auto, quando un biglietto posizionato sul cruscotto cattura la sua attenzione: una frase simpatica, un nome, un numero di telefono. E’ l’inizio di una storia nata da un gesto di inguaribile audacia maschile, che però, confesso con non poca amarezza, credevo esistesse solo nei film. All’ amore basta poco, come vedete, per nascere: coraggio, tutto qui, un po’ di avventura, un pizzico di entusiasmo. Curiosità, perchè tutti potremmo essere potenziali anime gemelle di qualcuno, senza rendercene conto. In ogni passante che incrociamo per strada, in ogni sconosciuto potrebbe celarsi l’amore della nostra vita. Lo so che poi le difficoltà arrivano successivamente, so per per far sopravvivere una storia è necessaria tanta buona volontà che sfortunatamente, non appartiene a tutti: tendiamo a dare per scontato che una storia d’amore possa finire, da un momento all’altro, esaurita la passione iniziale. Così il mondo si popola di persone fredde, ciniche, aggressive. Le donne, a quarant’anni soprattutto, dopo un fallimento coniugale, subiscono il peggiore mutamento: capelli ultra lisci neri corvini, pelle color cioccolato sottoposta a varie ed eventuali lampade abbronzanti, piercing al naso o peggio all’ombelico, tatuaggio su caviglia, spalla o seno raffigurante una farfalla o una fata o un delfino, abiti turchesi ultra succinti, scarpe che farebbero venir voglia di cambiare mestiere a Manolo Blahnik, ma soprattutto, un’ostentata e alquanto imbarazzante indipendenza dal sesso maschile che, a quei livelli credetemi, risulta davvero poco credibile. Le quarantenni al secondo giro, chiamiamole così, escono in branco, vanno a ballare, fumano sigarette slim e parlano a voce alta con timbri vocali sempre più simili a quello di Maria de Filippi. Qual è il prototipo maschile corrispondente? Il commendatore da yacht club, ovviamente: mocassino Tod’s, jeans a vita alta, giacca blu navy, capello un po’ unto e un po’ lungo, con lieve accenno ad una imminente calvizie anteriore. Il commenda vive la fine del matrimonio come una fantastica possibilità di ritorno dagli amici: la prigonia della vita di coppia finisce, che comincino le danze e i peregrinamenti da un locale all’altro, a caccia di giovani neodiplomate postacneiche. Risultato: le donne sono di una volgarità disarmante, aggressive quanto basta da far scappare a gambe levate qualsiasi esemplare maschile; gli uomini sono tristi, in questo loro ritorno alla caccia alla volpe, cinici e carichi di un bagaglio esperienziale che li rende ancora più noiosi e pesanti. L’unica caratteristica che accomuna le due categorie: entrambe sono totalmente e fortemente disilluse nei confronti dell’amore. Ecco quindi i nuovi killer sentimentali, coloro che contribuiscono alla scomparsa dell’amore romantico, fatto di casualità, di sguardi e di sorrisi, di fiducia nei sentimenti. Non vorrei essere scambiata per una brutta copia di Francesco Alberoni, ma per me l’amore è come un esame all’università: appena dato l’esame si ha una conoscienza dettagliata e approfondita della materia, che però, con il passare del tempo, si trasforma in un substrato di conoscienza. Le nozioni non sono più così fresche ma rimangono dentro di noi, sotto forma di bagaglio culturale. L’amore più o meno è uguale: la passione iniziale non dura per sempre, ma si trasforma in un qualcosa di più profondo, meno violento ma più maturo, che si impossessa di noi, come un morbo, e non ci lascia più. Chi non ha conosciuto l’amore vero, quindi, lo considera destinato a finire, a fallire come un’azienda gestita male, che per un cattivo investimento perde tutto il capitale. Le storie possono andare avanti per moto perpetuo, senza troppe emozioni, ma destinate a durare per sempre. Le storie di vero amore, sono fatte di alti e bassi, di momenti di estrema euforia che si contrappongono a momenti di serie difficoltà e sono a rischio di fine, se le persone coinvolte non sono in grado di gestire queste ondate di bianco e nero, con la giusta maturità e responsabilità. E’ difficile, lo so, ma credetemi, incontrare il vero amore al giorno d’oggi, con tutte le sofferenze che comporta, in questo mare di disillusione, è davvero un colpo di fortuna: vale la pena viverlo.