C’è del marcio in Danimarca. “E chissenefrega?” sbotterà qualche solito contestatore, irato. Invece oggi ce ne frega, ok? Perché l’ha detto Shakespeare. E perché l’ha detto pure Alessia Carmicino sul suo blog. E poi perché è l’argomento di oggi su Pensieri Cannibali, giusto per spezzare la mononota monotonia sanremese.
Il vincitore di Sanremo Giovani Antonio Maggio
A Royal Affair è un film storico danese su una pagina importante nella storia della Danimarca, nel passaggio dal Medioevo all’Illuminismo. “E chissenefrega?” continuerà a ripetere il solito contestatore, più qualcun altro che passava di lì e si è aggiunto nel frattempo al coro di proteste. Avete ragione. Avete tutte le ragioni del mondo. Però c’è qualcosa in Danimarca di interessante. Altrimenti perché il Bardo in persona avrebbe ambientato lì una delle sue opere più celebri? “Per caso?” ribatterà sempre il gruppo di manifestanti qui sopra. Forse sì, o forse oltre a esserci del marcio, in Danimarca c’è qualcosa di inspiegabilmente fascinoso. Come il cinema di Lars Von Trier, Thomas Vinterberg e Nicolas Winding Refn. Come questo bel film in costume candidato ai prossimi Oscar tra le migliori pellicole straniere. Nomination meritata? Sì, ci può stare. Anche se l’assenza del candidato francese Quasi amici resta inspiegabile quasi quanto i testi di Kekko dei Modà."Ma perché pure io mi sono ridotto a stare sul divano a guardare Sanremo?"
A Royal Affair è una pellicola più storica che in costume. Oddio, i fan delle pellicole in costume credo lo adoreranno, ci andranno in brodo di giuggiole, perché comunque non mancano gli ingredienti delle pellicole in costume classiche, su tutti un amore un po’ tormentato e qualche conflitto in alta società. A regalare ulteriore spessore al film è però appunto la sua dimensione storica, oltre che politica e sociale. A Royal Affair è ambientato a fine ‘700, in un’epoca in cui l’Europa era pronta a fare il grande salto dall’età buia del Medioevo alla luce dell’Illuminismo. Un passaggio cui l’Italia sta lavorando ancora oggi, anno 2013. Un contesto storico ben costruito, che forse avrebbe meritato ulteriore approfondimento e che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti. Fondamentalmente un triangolo. Umana, vampiro e licantropo? No. Questa volta no. Qui si tratta del re di Danimarca, della sua affascinante sposa e del braccio destro del re, un illuminato illuminista tedesco. Piccolo dettaglio: il re di Danimarca (interpretato da un ottimo Mikkel Boe Følsgaard) è uno un po’ fuori di testa, uno sciroccato, uno sbroccato, uno che va in giro a spassarsela alla grande e mette dei gran cornoni in testa alla moglie. E così lei che deve fare? Si trova un amante, che è Mads Mikkelsen, il One Eye del da me dormito alla grande Valhalla Rising e di recente protagonista pure de Il sospetto. A quanto pare in Danimarca non si gira un film senza il Mads Man Mikkelsen, che qui non è Mad ma è anzi quello che conduce quel pazzo di re sulla retta via. Quella dell’Illuminismo e del governo a favore dei contadini e del popolo. Quello che porta il re a cacciare via il governo dei parrucconi. Quello che avremmo bisogno noi come premier. Ma è chiedere troppo. Da noi siamo ancora in pieno Medioevo, altroché illuminismo.Annalisa si prepara alla finale di Sanremo.
I pregi maggiori del film stanno nel raccontare bene una vicenda che potrebbe risultare interessante anche per quelli che a inizio post gridavano: “E chissenefrega?”. Da un punto di vista cinematografico, la pellicola è inoltre molto ben fatta. Il regista Nikolaj Arcel ci regala qualche lampo di accecante bellezza, ma più che altro dirige con la diligenza del buon padre di famiglia, quindi al momento non è ancora possibile avvicinarlo alla sacra triade danese Von Trier - Vinterberg - Refn. Chissà, magari in futuro… Nel cast, oltre al Mads Mikkelsen e al mad Mikkel Boe Følsgaard, si segnala la protagonista femminile, la svedese Alicia Vikander, vista pure in Anna Karenina. Una che è bella, una che è bona, una che è brava, una specializzata in film in costume ma che un domani potrebbe diventare una star del cinema tutto.Non splendido come Rebelle, non urtante quanto Amour, non avventuroso quanto Kon-Tiki, non coinvolgente quanto No, eppure un buon film, assolutamente degno della nomination agli Oscar. Perché? Perché c’è del marcio in Danimarca. Ma, finché è così gustoso, ce lo assaporiamo volentieri. (voto 7/10)