Fonte: L’Occidentale
Si è tenuto Giovedì scorso a Nuova Delhi, in India, il quarto incontro dei capi di Stato dei Brics (acronimo che sta per Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica), le nuove economie emergenti mondiali. Molti i temi sul tappeto: crisi siriana, nucleare iraniano, fino alle sfide economiche che le cinque potenze emergenti tenteranno di lanciare al gotha della finanza mondiale.
La dichiarazione conclusiva del Summit, letta dal primo ministro indiano Manmohan Singh, ha rappresentato un vero e proprio ‘j’accuse’ nei confronti delle politiche monetarie espansive adottate dalla FED e dalla Banca Centrale Europea. Secondo i Brics, l’espansione monetaria starebbe provocando una forte instabilità sui mercati finanziari, “una volatilità eccessiva dei flussi di capitale e delle materie prime”. Da quì l’invito ai paesi occidentali “ad evitare gli eccessi di liquidità e di intraprendere riforme strutturali in grado di creare crescita e occupazione”.
Durante il Summit è stato altresì siglato un accordo per il finanziamento del commercio e degli investimenti in valuta locale, allo scopo di incrementare la cooperazione tra le banche nazionali dei paesi del blocco e l’aumento degli scambi commerciali, facilitando così i finanziamenti degli istituti bancari, favorendo la crescita e riducendo la dipendenza del Quintetto dal dollaro statunitense.
Allo studio dei Cinque, anche la possibilità di istituire una banca comune “sud – sud” come alternativa alla Banca Mondiale considerata troppo a trazione statunitense, stante l’asserita mancanza di trasparenza nella scelta degli organi apicali. Ma almeno per ora si tratta di una semplice dichiarazione d’intenti non vincolante.
In tema Banca Mondiale, per la successione di Robert Zoellick – il cui mandato scade a giugno – sarebbe già stato designato il candidato americano di origine coreana Jim Yong Kim, a scapito degli altri due nomi in lizza, il ministro delle Finanze nigeriano Ngozi Okonjo Iweala e l’economista colombiano Josè Antonio Ocampo, più vicini alle posizioni delle economie emergenti. Al riguardo, i Brics non hanno trovato una posizione unanime su un possibile candidato alternativo a Jim Yong Kim.
Ciò a dimostrazione ancora oggi della mancanza di unità politica tra gli Stati membri del Quintetto. Le differenze rimangono ancora forti . Il Pil cinese, infatti, è superiore a quello degli altri 4 paesi combinati. Senza contare che la Cina e la Russia sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, e quindi portatori di un maggior peso geo-politico rispetto agli altri tre paesi.
Dal vertice di Nuova Delhi esce anche l’auspicio a che venga realmente portata a termine la modifica dell’ordinamento del Fondo Monetario Internazionale. Nell’Ottobre del 2010, infatti, il G20 di Seoul si era accordato su un impianto di riforma delle quote e della governance del Fondo nella direzione di un maggior diritto di voto per gli emergenti, di un executive board interamente elettivo e di un significativo aumento del capitale a disposizione. Una riforma del genere, evidentemente, va a totale vantaggio dei Brics. In questo senso, la Cina raggiungerebbe il terzo posto nelle quote di ripartizione di voto, mentre India e Brasile entrerebbero a far parte dei 10 paesi più influenti del mondo.
Anche modifiche simili, necessitano dell’approvazione dei singoli parlamenti nazionali: solo la metà dei membri del Fondo Monetario Internazionale ha ratificato le previsioni adottate prima dal G20 e poi dal Fondo stesso, nonostante il Direttore operativo del Fondo, l’ex ministra delle finanze francese, Christine Lagarde, abbia più volte auspicato il recepimento di quanto deciso due anni fa in Corea del Sud.
Non solo economia, però. A Nuova Dehli si è discusso anche di programma nucleare iraniano, dell’aumento delle tensioni tra Iran e Occidente e di crisi siriana. I leader dei Brics hanno riconosciuto “il diritto dell’Iran di sfruttare per usi pacifici l’energia nucleare in accordo con i suoi obblighi internazionali”, ribadendo che un’escalation della crisi iraniana porterebbe a “un conflitto le cui conseguenze non sono nell’interesse di nessuno”.
Sulla Siria, invece, dialogo tra forze in teatro e gli altri attori internazionali e fine di qualsiasi forma di violenza e violazione dei diritti umani. Prese di posizione, quelle dei Cinque, che sono sintomo di un’evidente voglia di accreditarsi non solo come nuovo centro di potere economico, ma anche come nuovo consesso dotato di una propria soggettività geo-politica.
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