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A New Year Carol

Creato il 31 dicembre 2013 da Unostudioingiallo @1StudioInGiallo

Il 2013 se ne va, è tempo di bilanci. Vi risparmio il rituale un po’ stucchevole delle classifiche di fine anno: stilare classifiche – da che pulpito, poi? – è un esercizio che non amo, anche se in un paio di occasioni ho ceduto alla tentazione.

Però c’è un però.

Il passaggio sulla piattaforma WordPress e la faticosa (e tutt’ora in corso!) attività di restyling del blog mi hanno consentito di osservare la mia “creatura” con occhi nuovi. Quanti elogi, battimani e cotillon, mi sono detta… possibile che non si trovi una recensione negativa a pagarla oro? “Sei troppo buona”, mi ha fatto notare lo Spirito del Natale Passato che è in me brandendo un ramo d’agrifoglio.

E ho deciso di porre rimedio.

Perché può capitare di andarsene in giro, curiosare tra gli scaffali di una libreria e imbattersi in un retro di copertina del seguente tenore:

E’ raro, ma quando succede niente può contenere l’eccitazione della lettura. Giovane o meno giovane, lettore esigente o meno, uomo o donna, leggerai fino all’ultima riga il romanzo… Ne uscirai entusiasta per il gioco continuo di adrenalina letteraria che il narratore, senza sosta, ha iniettato nelle tue vene. Marc Fumaroli, “Le Figaro”

Se iniziate questo romanzo, siete fottuti. Non potrete evitare di correre fino all’ultima pagina. Sarete condizionati, sviati, freddati, stupiti, appassionati da una storia fatta di mille intrecci, piste false e colpi di scena. Bernard Pivot, “Le Journal du Dimanche”

E’ un vero giubilo scoprire questo prodigioso romanzo… “Lire”

A New Year Carol

Prix du roman de l’Academie Française 2012, Prix Goncourt des lycéens 2012, in corso di traduzione in oltre 25 Paesi… un evento editoriale, insomma. E uno che fa, in un languido pomeriggio d’estate?

Lo compra. Tanto più che la quarta di copertina promette un romanzo nel romanzo e un cold case da leccarsi baffi e controbaffi:

Estate 1975. Nola Kellergan, una ragazzina di 15 anni, scompare misteriosamente nella cittadina di Aurora, New Hampshire. Le ricerche della polizia non danno alcun esito.

Tanto più che l’incipit, bontà sua, si rivela magistrale. Tanto più che è ora di darci un taglio, con lo snobismo letterario tanto al chilo: un romanzo pluripremiato e campione di vendite non sarà per forza di cose un brutto romanzo – ebbene sì, sto per scriverlo - commerciale.

*

Mi pento e mi dolgo di averlo acquistato nel giro di trenta pagine (ce ne sono, per la cronaca, ben 770!).

La lettura de La verità sul caso Harry Quebert ha il pregio di avermi ricordato che l’unica linea di demarcazione che abbia senso tracciare, in letteratura, è quella fra romanzi scritti bene e romanzi scritti male.

Il secondo lavoro di Joël Dicker riesce ad avvincere (l’ho divorato in 48 ore) ma appartiene, senz’alcun dubbio, alla seconda categoria e si aggiudica (per quel che vale) la palma di “peggior libro letto nel 2013″: linguisticamente povero e intriso di melensaggini degne del più logoro feuilleton, il testo si dipana tra banalità e prove tecniche di virtuosismo alla continua ed estenuante – ancorché temeraria – ricerca del colpo di scena mentre la trama gialla, sin dai primi capitoli fragilissima, finisce col rivelarsi del tutto inconsistente.


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