Magazine Cultura
24-25-26 settembre 2010 Festival dei piccoli editori e lettura
“Odio leggere” andava ripetendo.
“Mi fa venire il mal di testa stare lì immobile seduta davanti a un libro”.
“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. (il giovane Holden J.S.)
I libri suscitano pareri contrastanti e lo scarto che divide il popolo dei lettori dai non lettori è una linea sottile e profonda che spesso dipende solamente da un incontro. Leggere è un po’ come un rapporto d’amore ti può capitare che sia talmente intenso da toglierti il fiato o che t’inaridisca rubandoti tutte le energie.
A fronte di un mercato letterario dove i lettori sono sempre meno e i libri aumentano a dismisura, perché “scatti la scintilla”, servono un buon libro e qualche astuzia da buon lettore. Disorientati dagli ipermercati della lettura e dalla pubblicità del marketing dei giornali i lettori sono sempre più soli e disarmati, ma esiste una strada maestra che unisce i libri a chi ama leggere, un tragitto che ogni lettore deve imparare a percorre disincantato per orientarsi in un mercato sempre più complesso.
Libri, editore, libraio, lettore ambulante, bibliotecario, Lettore
Il tragitto che porta un libro al suo lettore ha un doppio bivio, quello della libreria che rende nostro un libro a tutti gli effetti e quello della biblioteca che ce lo cede a tempo determinato. Nel percorso delle librerie, il libro, un volta scritto, viene scoperto da un editore che lo pubblica e lo distribuisce ai librai. Per le biblioteche è diverso, spesso è un lettore ambulante a coadiuvare le scelte dei bibliotecari e a permettere ad un romanzo di arrivare in biblioteca.Per aiutare i lettori ad elaborare una speciale strategia per la ricerca Sul Romanzo ha intervistato quattro rappresentanti delle figure professionali più significative del mondo della lettura e ad ognuno ha chiesto di raccontare qualcosa del suo mondo. Il risultato è assai curioso. Un libro che fa breccia nella tua vita è veramente prezioso.
Intervista a un piccolo editore, Keller
Perché è ancora importante che esistano piccoli editori in un mercato sempre più influenzato dalla dimensione dei grandi gruppi editoriali?
Beh è molto semplice: la ricchezza di ogni sistema deriva dalla varietà. Già di per sé questo basterebbe a spiegare perché è importante che esistano i piccoli editori. Poi dobbiamo aggiungere che i piccoli svolgono funzioni che i grandi gruppi lascerebbero morire o forse manterrebbero al minimo. Quello che per un piccolo editore è necessario e magari persino un successo per un grande gruppo editoriale è magari solo tempo perso o poco interessante.Penso poi che l'editoria sia uno strumento di libertà e che favorisca la trasmissione e divulgazione di idee. Questo, secondo me, si muove in direzioni opposte rispetto a sistemi di oligopolio. Però non vorrei cadere nella contrapposizione piccolo versus grande perché si rischia di fermarsi solo alle dimensioni e alle contrapposizioni. Penso che le strade nuove nascono sempre quando non ci si fossilizza nelle definizioni.
Che effetti ha avuto sulla vostra attività editoriale il Nobel della Muller?
Il Nobel alla Muller e il fatto che non esistesse che il nostro libro in commercio, dell'autrice, e che fosse tra l'altro il suo lavoro più importante, ci ha immediatamente posto sotto i riflettori sia dei media, sia della gente comune.I Nobel, negli ultimi anni sono stati un po' snobbati dai lettori. Questa volta invece non è accaduto e penso che oltre alla qualità della scrittrice, il fatto che fosse sconosciuta in Italia abbia influito non poco anche sulla simpatia verso una casa editrice piccola, se non piccolissima, che però ha sempre fatto le cose con grande onestà e dignità oltre che indipendenza. Il Nobel ovviamente ha messo in luce anche come facciamo le cose. Perché forse in definitiva in un sistema così estraneo e forte come quello editoriale ai piccoli, alla fine, non resta che la coerenza nel modo di operare.
Intervista a un libraio Guido Affini
Quant’è importante la figura del libraio per un libro e per il lettore?
Secondo me importantissima. La libreria e il libraio sono un veicolo di aggregazione di interessi e passioni, o almeno dovrebbe essere così. Un amico scrittore, quando promuove il suo libro e si trova in giro per città e librerie, mi ha detto che si riconosce una città con una libreria viva da una città priva di questa. Manca animazione, manca attenzione. Gli incontri possono essere più o meno riusciti per quanto riguarda la partecipazione del pubblico, ma solo nelle città con librerie vere, ha assistito a condivisione di letture e scambi partecipati di emozioni e giudizi. L'amico scrittore è Giorgio Scianna.
Da libraio come fa ad orientarsi tra le proposte editoriali del mercato del libro?
Con difficoltà e grazie a una rete di librerie amiche. Mi occupo solo di libri per ragazzi e di letteratura per ragazzi e già con questo limite mi sembra di impazzire. Il mio socio, Andrea Grisi, compie uno sforzo enorme nel filtrare tutte le possibili uscite librarie. Per il mio settore è fondamentale il COORDINAMENTO librerie per ragazzi. Trovandoci una volta al mese a Milano, alla Libreria per Ragazzi, e maneggiando insieme i libri usciti dopo il nostro ultimo incontro, riusciamo a scambiarci opinioni e confrontarci sulla marea di libri pubblicati. Con un piccolo sforzo, dividiamo le letture e cerchiamo così, di essere il più attenti possibile al lavoro degli autori e degli editori, senza dimenticarci che i nostri datori di lavoro sono i clienti lettori.
Quanto il suo lavoro è influenzato dalla pubblicità dei giornali e dal marketing delle case editrici?
Il nostro poco. Lo diventa perché i nostri clienti sono i lettori e quindi sono informati e attenti. In questi ultimi 15 anni il marketing editoriale ha trovato il perno nello sconto. Per un libraio gestire lo sconto è non solo svilente ma addirittura un controsenso, perché lavoriamo in regime di prezzo imposto dalla casa editrice. Se il marketing non contasse nulla in libreria, non ci sarebbero tutti i cartelli delle promozioni e i bollini dei libri, ma si parlerebbe del contenuto del libro. Leggere un libro è costoso, occorrono tempo e competenze da investire nella lettura per trovare un buon libro.
Intervista a un lettore ambulante Simonetta Bitasi
Ti definisci “Lettore ambulante” in che cosa consiste la tua professione?
La definizione e anche l’idea sono rubate al bellissimo libro di Christopher Morley, il parnaso ambulante. Leggere è come innamorasi, ti deve capitare almeno una volta nella vita, poi decidi tu se proseguire la relazione o no. Però devi sapere cosa vuol dire. Una volta era secondo me più facile incontrare il libro giusto, ora, per tanti motivi, è invece difficile sceglierlo e incontrarlo. Diciamo che, senza presunzione, mi piace far innamorare della lettura. Coltivare lettori che poi diventano compagni indispensabili del mio lavoro.
Quanto è importante il tuo lavoro per far arrivare un libro al lettore?
Non lo so. Il mio lavoro lo fanno già i bibliotecari, i librai, gli insegnanti, i lettori stessi. Io sono fortunata perché ne ho fatto una professione. Ieri in biblioteca una ragazza mi ha fermato per chiedermi se ero la Simonetta che quando lei aveva 8 anni aveva letto alla sua classe il mostro peloso di Pef e Bichonnier. Sono passati 15 anni, ahimé ero proprio io. Beh, l’universitaria mi ha confessato che ogni tanto legge ancora il mostro peloso, il primo libro della sua vita. E si ricordava di me per quello.
Come scegli i libri che leggerai e proporrai ai tuoi lettori?
Quanto spazio abbiamo? Si può forse chiamare un sistema domino, un libro porta a un altro e via all’infinito. Intanto ho molta memoria per i libri. Mi si imprimono nella mente e il lavoro in libreria per 15 anni è stata una notevole palestra. Posso non ricordarmi il tuo viso, ma non dimentico i libri che ti sono piaciuti. Poi seguo il mio istinto, anche se a volte vorrei essere più razionale, ma non ci riesco. Alla fine sono importantissimi i legami che ho con i lettori che incontro. Anche se potessi stare tutto il giorno in casa a leggere tranquilla, non farei bene il mio lavoro. La lettura ha bisogno del confronto, io ho bisogno di scambiare pensieri e sensazioni con gli altri. In questo senso sono ambulante. Come dice benissimo Bichsel: “E so cosa mi porterei dietro su un’isola completamente deserta, dove si è totalmente soli e senza nessuna possibilità di tornare indietro… in realtà non mi porterei dietro nessun libro, perché senza una comunicazione quotidiana cesserebbe sia la lettura che la scrittura. Ho bisogno degli altri almeno per far sapere che ho letto”. (Peter Bischsel, Il lettore, il narratore).
Quanto e in che termini internet, i gruppi di lettura, un buon libraio possono far conoscere e portare al successo libri che non hanno una grande distribuzione perché pubblicati da piccoli editori?
Per l’esperienza che ho, possono fare molto, anche se è sempre più faticoso. Serve assolutamente la legge sul libro come quella francese e anche un cambio di prospettiva sulla lettura che ora è rappresentata da quella terribile pubblicità del centro del libro e della lettura. Ecco quello è un chiaro esempio di come scoraggiare la lettura. Però è importante dire che è vero che i grossi gruppi editoriali sono avvantaggiati in termini di risorse economiche e possibilità di promozione, ma che pubblicano naturalmente libri di valore e hanno al loro interno persone di grande professionalità che sono dei riferimenti indispensabili per il mio lavoro. Non è che la qualità appartiene alla piccola editoria, e il mero business invece alla grande. Non è qui il problema. Ma nel fatto che la piccola e media editoria fatica ad arrivare al lettore, è meno presente in libreria e biblioteca e sulle pagine dei giornali. La corsa dovrebbe essere alla pari, invece spesso il piccolo editore ha la qualità della scelta e del lavoro editoriale, ma poche risorse per promuoverlo. Oltre a fare uno sforzo di ricerca e scouting che viene poi sfruttato dai grandi editori. Focalizzare il mio lavoro sulla piccola e media editoria significa cercare di colmare in minima parte un gap di partenza. Perché è inutile che io segnali alle biblioteche e ai lettori il nuovo libro di Amos Oz, piuttosto che quello di Philiph Roth, mentre invece può essere loro utile conoscere Il giardino perduto di Helen Humphreys o Avventure dello stampatore Zollinger di Pablo d’Ors. Devo però dirti che spesso il meccanismo di contagio di lettura riguarda anche libri pubblicati da grandi editori, come per esempio Accabadora di Michela Murgia. Sembra banale, ma non è scontato sottolineare che la base di tutto è leggere. Solo così si possono far circolare delle buone letture, che siano di grandi o piccoli editori.
Intervista a una bibliotecario Arianna Sartori
Con che criterio vengono scelti i libri di una biblioteca pubblica?
Non è semplice acquistare libri per una biblioteca pubblica, in quanto bisogna tener conto di vari aspetti apparentemente banali, ma in realtà determinanti affinché una biblioteca riesca a soddisfare le esigenze degli utenti: è necessario considerare e conoscere i propri lettori, la fascia di età alla quale appartengono, le caratteristiche del territorio in cui è ubicata la biblioteca e dei territori limitrofi, la composizione socio-culturale dell’utenza, la presenza di scuole e di che tipologia, oltre ovviamente al budget che si ha a disposizione. E talora concordare tutte queste necessità è molto complicato, così com’è complicato riuscire a staccarsi dal battage pubblicitario che solo le grandi case editrici possono permettersi e cercare di far conoscere anche i piccoli editori, che molto spesso pubblicano libri di altissima qualità.
La vostra scelta da cosa è più influenzata? (marketing delle case editrici, pubblicità, forza della distribuzione)
Sicuramente anche il bibliotecario più attento non rimane, e non può rimanere, indenne dall’influsso del marketing pubblicitario e dalla forza della distribuzione: infatti è comunque imprescindibile il fattore “utenza”, nel senso che la “mission” di una biblioteca di pubblica lettura è necessariamente quella di offrire al lettore quello che vuole leggere. Piuttosto, il bibliotecario di oggi deve abituarsi all’idea che la sua utenza ormai non è più rappresentata solo da chi fisicamente frequenta la biblioteca in cui opera, ma anche da un numero, si auspica sempre più in aumento, di lettori che interagiscono col patrimonio di tutte le biblioteche che la tecnologia mette a loro disposizione (ad esempio le richieste on-line di libri che non è detto facciano parte del patrimonio della biblioteca che solitamente si frequenta, ma che, grazie alla costituzione di una rete di cooperazione che si sta ampliando sempre più, vi possono tranquillamente essere recapitati); pertanto va ad ampliarsi anche la gamma della tipologia degli utenti.
Secondo lei è importante che nelle biblioteche trovino spazio i libri degli scrittori editi dalle case editrici minori?
Io credo sia estremamente importante che in biblioteca siano presenti gli editori minori, e ciò non solo, per così dire, per una logica di sopravvivenza, ma soprattutto perché ritengo che anche le biblioteche, nel loro piccolo, debbano contribuire ad un’educazione alla lettura, offrendo la possibilità ai propri lettori e frequentatori di crearsi un minimo di senso critico e di consapevolezza. Con ciò non voglio dire che ogni lettore debba per forza sentirsi un critico letterario, ma che almeno abbia la possibilità di scegliere quello che vuole leggere in piena autonomia. Insomma, credo che le biblioteche possano evitare, o almeno tentare di farlo, una sorta di globalizzazione culturale che significherebbe anche una globalizzazione di ciò che in realtà dovrebbe essere un piacere assolutamente intimo e interiore, il piacere di leggere. 24-25-26 settembre 2010 Festival dei piccoli editori Biblioteca Mediateca “G. Baratta” Mantova
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