di David Incamicia
Cresce la presenza di bambini e ragazzi stranieri residenti nel nostro paese (932.000 di cui 572.000 nati in Italia) ma si restringono le maglie dell'accoglienza e dell'inclusione. E' la conclusione a cui giunge l'ultimo rapporto annuale su "I minori stranieri in Italia" di Save the Children. Che dimostra ancora una volta come la categoria sociale più a rischio per la grave crisi economica che stiamo vivendo è quella dell'infanzia.
La legge 94/2009, più nota come legge sulla sicurezza, secondo l'organizzazione umanitaria si sta rivelando un ostacolo che interrompe o rende più difficile il percorso d'integrazione intrapreso, spesso con grande abnegazione e impegno, da tanti minori stranieri non accompagnati i cui viaggi verso l'Italia sono diventati ancora più rischiosi a seguito della ratifica dell'accordo Italia-Libia avvenuta nel febbraio 2009.
La scuola italiana, tradizionale fulcro dell'integrazione, è sempre più in affanno e la previsione di un tetto del 30% di alunni stranieri per classe non ha certo contribuito a migliorare la situazione. Il 2010 ha segnato inoltre un periodo di grave difficoltà per centinaia di bambini rom, a causa di sgomberi realizzati senza predisporre misure alternative di accoglienza.
Negli ultimi 7 anni il numero di minori stranieri residenti è passato da poco più di 412.000 (1 gennaio 2004) a 932.000 (1 gennaio 2010), pari all'8% della popolazione minorile italiana. Cremona, Lodi, Brescia, Mantova, Bergamo, Prato, Vicenza, Treviso, Reggio Emilia, Lecco sono le prime 10 province italiane con la percentuale più alta di minori stranieri.
Nella gran parte di esse un minore su 6 è straniero. E sono circa 4.500 i minori stranieri non accompagnati: il 90% sono maschi, per la gran parte fra i 15 e i 17 anni ma non mancano quelli tra 12 e 14 anni. Per arrivare da noi i loro viaggi sono sempre più rischiosi: nascosti dentro Tir o furgoni oppure su navi da diporto irriconoscibili e non facilmente intercettabili; a gestire i viaggi sono trafficanti che chiedono per ciascun ragazzo intorno ai 5.000 euro. Per ripagare il debito contratto dalle famiglie, i ragazzi sono molto esposti al rischio di sfruttamento o di caduta in circuiti illegali. Per questo motivo, una volta in Italia hanno necessità di essere protetti, accolti e di essere inseriti in un percorso di formazione finalizzato al loro ingresso nel mondo del lavoro.
Ma a causa degli stringenti requisiti imposti dalla legge sulla sicurezza per la conversione del permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni - sottolinea l'ong - molti stranieri arrivati a 17 anni rischiano di ritrovarsi "clandestini" da un giorno all'altro. Secondo Save the Children, è pertanto urgente fare subito tre cose: dare seguito alle misure sull'integrazione dei minori previste nel Piano nazionale "identità e incontro", varato dal governo nel maggio 2010; rivedere le norme sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori non italiani, prevedendo il riconoscimento della cittadinanza prima del compimento del diciottesimo anno; approntare un programma organico per la protezione dei minori stranieri che vivono le condizioni di maggior rischio.
Il rapporto di Save the Children fa il paio con quello appena diffuso da Eurochild, organizzazione ombrello delle ong europee che si occupano di infanzia, e presentato in occasione dell'"Agorà sulla povertà" organizzata dal Parlamento europeo. Il dossier, ovviamente, punta i riflettori su come le conseguenze della crisi colpiscano maggiormente i minorenni, in particolare quelli delle fasce sociali più deboli e non soltanto fra gli immigrati.
La prima denuncia è che i livelli di povertà assoluta sono in aumento. Secondo uno studio di Unicef e Banca mondiale in Romania - tanto per fare un esempio - il numero di minori che vivono in condizioni di assoluta povertà è salito dal 7,8% del 2008 al 10,7% del 2009: fra le cause, il taglio dei salari e la crescente disoccupazione. In Galles, invece, il 45% dei disoccupati ha meno di 25 anni mentre nel resto del Regno Unito chi ha appena terminato gli studi costituisce il 30% del totale dei disoccupati. Inoltre, un giovane su 5 non ha un lavoro né partecipa a un qualche tipo di formazione. Si tratta di dati assai familiari per noi italiani.
Sempre più famiglie si trovano quindi ad affrontare condizioni di vita difficili, con ricadute dirette sulla salute dei più giovani: condizioni economiche peggiori si traducono in un’alimentazione di scarsa qualità, mentre le tensioni interne al nucleo familiare hanno conseguenze sull’equilibrio mentale e la serenità dei più piccoli. Ed è in aumento il ricorso ai servizi sociali: sempre in Scozia si è registrato un aumento dei costi per questi servizi del 30%, mentre in Romania aumentano le famiglie che chiedono l’affidamento dei figli alle istituzioni assistenziali. A loro volta i servizi sociali stanno subendo tagli considerevoli, con la riduzione o la cancellazione (come in Lituania o Spagna) dei sussidi di supporto alle famiglie. Perfino in un paese ricco come la Danimarca è stato introdotto un taglio del 5%. E le riduzioni o abrogazioni di altri sussidi (come quelli di disoccupazione o per l’abitazione) hanno ricadute sui bambini. Sono poi a rischio chiusura anche numerosi asili e scuola materne, così come i tagli ai bilanci pubblici rendono difficile la sopravvivenza delle organizzazioni della società civile dedite alla tutela dei minori. La raccomandazione che Eurochild propone alle autorità nazionali ed europee è di invertire questo trend, per evitare il rischio che il ciclo della povertà si allarghi a nuovi nuclei familiari gettando i figli delle fasce più deboli della società in una condizione di assoluta disperazione. Ma nel nostro Paese, purtroppo, si parla di minorenni per ben altre questioni... Fonte: Televideo.rai.it e Social.tiscali.it