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Vediamo quindi (con ritardo) qualche dettaglio delle collezioni d'oltralpe.
La prima collezione carina che scovo è quella di Ami by Alexandre Matiussi. Carina, ma di un emergente troppo poco sperimentale (ergo niente gonne) per attirare i guru del settore.
Tagli sartoriali si mischiano a casual chic, con stampe d'antan. Molto carino, in particolare la tee con il vecchio barbuto, un po' alla McQueen.
Issey Miyake non mi sorprende, pure se, soprattutto per il femminile, lo trovo tremendamente sottostimato. Fa dei capi molto belli, eterei e scultorei.
Trionfa il colore!
A tema aviazione ecco Victor and Rolph. Sarà che ho appena riletto il piccolo principe, sarà perchè amo l'uso della pelle: la nappa trionfa, abbinata alle eleganti sete da sera, i colori un po' scuri, i capi ben strutturati e qua e là alpaca. Un 8+.
Vuitton si mantiene su un classico che non dispiace, anzi. I materiali sono preziosi, i colori rassicurantemente classici e gli accessori divini. Rimangono le ispirazioni del viaggiatore, l'esploratore, stavolta rivolto a oriente, e tocchi militari. Per il resto una sfilata senza tempo (noiosa?), del resto è quello che cerca il facoltoso cliente del loro menswear. Più o meno lo stesso che fa Hermès nelle sue sfilate, se non ancora più classico.Rimane comunque un 8--.
Bellissimo il trattamento di questo alligatore che sembra un montone.
La piuma con un antico logo Vuitton (V) rievoca sapori di viaggio e belle suggestioni. Sotto, una maglia a Kimono.
La forma del bomber stile Ivy league diventa un classico per le sfilate Vuitton , riproposto in ogni modo possibile, come la felpa in pelle per Hermès.
Il maglione rievoca le icone della maison: la V e il damier. Sulle cinture i nomi delle città che ispirano la collezione: Parigi e Tokyo.
Un maglione con dei grafismi che sembrano ispirati all' Africa. interessante ma un po' troppo accappatoio. Brutte pure le scarpe in astrakan, eccessive.
Ci si lascia andare a moderati sperimentalismi nell'ultima parte della sfilata, con degli omaggi al Giappone, terra del Kimono.
Da JP Gaultier è da segnalare l'uso della stampa mattonata, come da Moschino. Ma se a Milano era un simpatico tocco nuovo, qua puzza di già visto e sembrerebbe anche l'unica cosa decente di tutta la sfilata.
Yamamoto è ancora attratto da volumi over (troppo), particolari e innovativi, portati in scena da un gentleman militare e insieme viaggiatore. Pieghe e tagli sartoriali si accompagnano a spruzzi improvvisi ma ben dosati di colore. Un 7 e 1/2, forse anche qualcosa di più.
Dries Van Noten, ora come ora, è uno dei miei stilisti preferiti. Eppure la prima volta che vidi una sua sfilata, si parlava dell'inverno che se ne sta andando, fui schifato. Troppa pelliccia, troppo puttanesca, e perdipiù anche di coniglio! In verità la sfilata, che abbinava tagli sartoriali e decorazioni ricamate in stile militare non era per niente male. L'uso della pelliccia era però eccessivo e volgare, da russo arricchito. Peccato. Piccoli dettagli in sintetica o montone sarebbero stati un po' più graditi.
Comunque sto divagando, era solo un simpatico (ma de che?) aneddoto. Stavolta Dries propone i suoi soliti tagli puliti, che sanno essere avvitati o rilassati, abbinati agli anni '60 degli hippie (che gioia! -.-'), con stampe a metà tra un west insolitamente colorato e un Mirò un po' troppo brillo. Le stampe vengono contemporaneamente dipinte da dei muratori sulla parete di fondo. Divertente e molto "meta-backstage". Un 7- (grazie ai tagli e ad alcuni pezzi notevoli) e un favore al mio portafogli.
Bello!
Henrik Vibskov è uno dei futuri talenti della moda maschile. Eppure i suoi pezzi non riescono a entusiasmarmi: troppo assurdi. Comunque vi riporto qualche foto per dovere di cronaca.
Il giorno successivo procede abbastanza noiosamente. Van Aassche si lancia in una collezione di ispirazione giapponese ma scevra di stereotipi, che prende dal Sol Levante i tagli. Difficilmente indossabile, ma un bell'esercizio di stile all'insegna del minimalismo, scevro del troppo e dei colori, se non per piccoli e timidi inserti arancioni. Un 7 e mezzo.
Juun J. esagera la moda over proponendo figure mostruose, stampe mostruose e forme irreali, deformi, da incubo. Un delirio che fa pensare a 1984, di Orwell, con un sapore militare e scuro.
Interessante e passata sotto silenzio la collezione dell'architetto brasiliano Gustavo Lins, un esperto di materiali. Si ispira ai colori caldi dei suoi quadri, ai kimono e all'architettura per creare la sua moda in apparenza destrutturata. Le giacche, però, hanno insolite strutture in pelle. Una moda bella, rilassata e simpatica.
Questo è il mio resoconto dei primi tre giorni di Parigi. Bruttissima Givenchy, le sue stelle e le sue gonne, almeno per me. Ve lo dico per dovere di cronaca, ecco.
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