Sono ormai tre mesi che non faccio una valigia, non scherziamo, è ora di spiccare il volo altrimenti le ali si atrofizzano e chi si muove più. A Milano il cielo comincia a diventare grigio, ho tirato fuori cappotto ed ombrello dall'armadio, no, domattina all'alba via, ritorno a Tel Aviv (pare ci siano 35 gradi) per diverse settimane, in quell'appartamentino dove mi sono trovata così bene l'anno scorso, confortevole e spartano al punto giusto, cinque minuti a piedi a destra e trovi il mare, cinque a sinistra e sei in Diezengoff street, l'arteria principale. Quel mio figlio "perfetto" bocconiano yuppie rampante sarà contento, a lui non piace leggermi quando tento di mettermi a pensare, mi preferisce gambe in spalla in giro per il mondo con le mie note di viaggio. Come al solito in bisaccia tanti progetti: senz'altro ancora ed ancora Gerusalemme, magica, inesauribile riserva di sorprese e poi il nord che non visito da molti anni, Haifa, dove meglio riesce l'integrazione fra palestinesi ed israeliani, San Giovanni d'Acri, città di templari e di crociate, Safed culla nei secoli della mistica ebraica, Cesarea, antico porto romano, restaurata temo fin troppo. Ma l'obbiettivo vero è un altro, quello di non fare la turista, ma tentare di vivere la vita locale, come un vero abitante di Tel Aviv (non so come si chiamino, Telavivim, Telavivesi?) Vorrei prendere lezioni di conversazione perché l'ebraico lo parlo poco e male, vorrei andare in piscina regolarmente per non tornare un otre, il mare temo sia freddino. Così nessuna visita di amiche in programma, perché la compagnia impigrisce, se sei sola lo sforzo di integrazione è maggiore. -Vai a ritrovare le tue radici- mi è stato detto. Urca, negli ultimi tempi non ho fatto altro, ma è un gran casino. Si certo, in Israele ci sono nata, ma a dire il vero le radici le sento anche in Italia, a Milano, dove sono arrivata a solo un anno, nella generosa Sicilia, dove ero persino riuscita a trovare un marito, in Francia dove ho vissuto a lungo, nell'attuale Ucraina terra di mia madre, nella Bulgaria di mio padre, a Vienna dove entrambi hanno vissuto anni felici prima dell'uragano nazista. Ogni luogo trova una sua collocazione nel cuore che per fortuna non è come una torta che col taglio di qualche fetta finisce.Tante, troppe radici, un ingarbugliatissimo intreccio, non basta la circonferenza di una sequoia gigante a contenerle tutte. Ho pensato che forse la cosa migliore è tenersele tutte dentro di se e portarsele in giro, così non hai problemi di trasporto e di nostalgie e soprattutto ti senti a casa dovunque. Ciao a tutti, arrivederci a Tel -Aviv.
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