Magazine Diario personale
Ho risposto ad un commento e la risposta mi ha fatto balzare in mente un episodio capitatomi appena arrivato in Germania. Ero solo. La famiglia lontana per i primi 3 mesi. Ero solo in ufficio, dove tutti blateravano senza che io potessi capirli. Ero solo a casa dopo il lavoro dato che non conoscevo nessunno. Ero solo quando mi alzavo per andare al lavoro. Ero solo quando facevo la spesa per cucinarmi gli spaghetti a casa con il forno a microonde. Unico mezzo di riscaldamento cibarie questo nel mio primo appartamento di ben 35mq. Ero solo nel cercare un appartamento per la famiglia e andare nei vari uffici per sbrigare le formalita´di rito dovute al mio spostamento. In questa solitudine fisica me la sono sempre cavata bene, quasi come se sentissi qualcosa o qualcuno sulle mie spalle, che mi spingeva ad andare oltre. Nel week-end tornavo con un volo Raynair al focolare domestico, ossia nelle braccia di mia moglie, della mia famiglia. Il mio tedesco si limitava al “Danke”. Il capo del mio capo di allora mi mando´subito a un corso di tedesco. Dopo il lavoro dalle 18:00 alle 19:30. Ricordo benissimo la prima lezione con l´insegnante : lei ucraina, io parlavo decentemente oltre l´ italiano anche francese e inglese. Lei solo tedesco e russo. Le prime lezioni furono al dizionario e con tanti disegni. Dopo 2 settimane riuscivo quasi ad ordinare da mangiare e iniziavo a blaterare qualcosa con i colleghi mischiando sempre il mio stentato tedesco con l´inglese. Fu in quel periodo che capito. Io solo , in una citta´ che potevo girare solo con il navigatore. Ero appena uscito dalla scuola di tedesco, era buio e un pro freddo. Stavo per avvicinarmi alla macchina, era buoio da un pezzo e non c´era nessuno in strada quando un tipo mi si fece in contro. Blaterava qualcosa in tedesco e in un´altra linguache supposi fosse russo. Mi fece capire che doveva assolutamente raggiungere un posto e aveva bisogno dei soldi per il bus. Gli mancavano 50 cent , voleva darmi il giubbotto come pegno, giurava e stragiurava che aveva avuto dei casini e si era (forse) dimenticato il portafoglio altrove e non sapeva proprio come fare per tornare a casa. Per fortuna non ho pensato male, non ho pensato che magari era li per rapinarmi o altro. Ho frugato in tasca e gli ho dato un euro. Il giubotto non lo volevo. Ando´via ringraziandomi, quasi inchinandosi e dicendo che appena ripassava di li mi avrebbe ridato indietro i soldi. Mi sentii bene. Mi sentii come se avessi fatto una buona azione. Solo ora realizzo che se mi avesse rapinato o altro non sarebbe stato facile, non avrei potuto chiamare parenti o altro per un supporto, non avrei potuto cavarmela facilmente. Evidentemente qualcuno era li, che con la sua ala mi proteggeva come solito. Quel qualcuno era li´ancora, vicino a me e mi suggeri´ giusto.
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