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a royal weekend

Creato il 15 gennaio 2013 da Albertogallo

HYDE PARK ON HUDSON (Uk 2012)

locandina a royal weekend

E così, dopo Anthony Hopkins, Josh Brolin, Henry Fonda, Jon Voight, Frank Langella e mille altri attori, persino l’insospettabile Bill Murray entra nel non particolarmente esclusivo club di coloro che hanno interpretato in un film la parte di un presidente americano. Franklin Delano Roosevelt, per la precisione, colto in A royal weekend (orrendo titolo italiano) in quel momento cruciale della storia statunitense e mondiale che vide l’America scendere in guerra contro Hitler a fianco del Regno Unito.

Ma la Storia, quella con la S maiuscola, in realtà c’entra poco con questo film, che preferisce piuttosto concentrarsi sull’aspetto privato di Roosevelt, e in particolare sui suoi amori, e ancora più in particolare sull’affetto extraconiugale che lo legò per molti anni alla cugina (tranquilli: alla lontana) Daisy, interpretata dalla sempre brava e sottovalutata Laura Linney. Nel cast anche Olivia Williams as Eleanor Roosevelt.

Che dire? Un filmetto, né più né meno, un’opera senza grandi pretese che, tra musiche zuccherose, un’insopportabile voice-over ma anche qualche trovata carina, si fa guardare e dimenticare con la stessa facilità. D’altronde il regista è Roger Michell, quello di Notting Hill, cos’altro vi aspettavate? Il punto di forza di A royal weekend è ovviamente la presenza carismatica del protagonista, lontano dai suoi soliti, apatici ruoli e molto abile nel riuscire a dar vita a una figura complessa e sfaccettata, sospesa in un limbo di grande vitalità e altrettanto grande depressione. Abbastanza anonima, invece, l’interpretazione di Samuel West nella parte di re Giorgio VI, per gli amici Bertie: impietoso il confronto con Colin Firth, che due anni fa vinse l’Oscar interpretando lo stesso personaggio. Piuttosto scarsino è anche il successo del regista nel suo tentativo di ricreare in qualche modo l’atmosfera di un’epoca: non basta mostrare in un paio di scene la servitù all’opera o arredare elegantemente una stanza per rinverdire i fasti del James Ivory di Quel che resta del giorno. Ma d’altronde, probabilmente e saggiamente, non era questo l’obiettivo del film.

Alberto Gallo



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