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A single man

Creato il 28 settembre 2015 da Jeanjacques
A single man
Ci si sforza sempre di rimanere il più saggi e clementi possibile, ma volenti o nolenti, alle volte si cade vittima delle nostre stesse facilonerie. E infatti per quanto io dica in molte occasioni di non giudicare e di non portare pregiudizio, ammetto che verso il mondo della moda e dei suoi appartenenti ho sempre avuto una certa spocchia. Un po' perché la moda è un qualcosa che non concepisco (ma ammettiamolo, far qualcosa che va 'contro' la moda ci fa sentire delle personcine leggermente migliori) e il crescere in una classe di truzzi alle superiori non ha di certo aiutato, eppure non ce la faccio ad andare al di là dello stereotipo del 'culattacchione idiota' quando mi parlano di stilisti e modelli. Lo so, è un pregiudizio e come ogni pregiudizio è brutto, ma mi tocca riconoscere i miei limiti senza fare finti buonismi, che odio ancora di più. A farmi ricredere ci ha pensato però un film come A single man, diretto da Tom Ford, che non era un semplice regista esordiente ma uno stilista rinomato e famoso - e che io non conoscevo, anzi, ho scoperto la cosa quando è andato da Fazio a presentare il film - che qui ha saputo regalare al mondo una delicatezza e una sensibilità di certo non indifferente. Insomma, io definivo idioti gli appartenenti di un certo mondo, ma alla fine mi sono dimostrato più idiota io di quanto pensassi.

1962. George Falconer è un professore universitario omosessuale. Da sempre attento a nascondere la sua vera natura, tranne che ai pochi conoscenti intimi, vede il suo mondo crollare con la morte del compagno Jim, dopo sedici anni di convivenza. Il film segue quello che deve essere il suo ultimo giorno di vita, quella al cui termine ha deciso di suicidarsi...

Si potrebbe dire che A single man, tratto dal libro Un uomo solo di Christopher Isherwood (considerato come il pioniere, se non il miglior titolo, della moderna letteratura gay), sia un film sull'omosessualità. E in un certo senso è innegabilmente così, visto quelli che sono gli orientamenti sessuali sia di Tom Ford che dello stesso Isherwood, ma la pellicola va a toccare delle tematiche molto più ampie. Perché un uomo, omosessuale o etero che sia, non è composto solo dalle proprie pulsioni o dalle proprie inclinazioni, vanno a formarlo anche le persone che ha conosciuto e l'ambiente in cui è, volente o nolente, costretto a vivere. La bellezza del film sta quindi nel prendere quello che è un problema individuale e, senza strafare, ma facendolo restare come un particolare in sottotraccia, applicarlo in un contesto che a una prima occhiata potrebbe sembrare fuori luogo, ma che in realtà ci azzecca totalmente con quello che si vuole narrare. Tanto che a un certo punto il fatto che il protagonista sia gay sembra un particolare come un altro, e non il piatto principale. George, come suggerisce il titolo, è un uomo solo, ma quand'è che una persona la si può definire realmente sola? Quando perde un partner o quando non ha modo di interagire con altri suoi simili? Definire solo un individuo unicamente per il primo motivo mi sembra molto riduttivo, a parte che non vogliate provarci con qualcuno e allora specificate che siete single, mentre la seconda faccenda si rivela molto più complessa e articolata. George da quel punto di vista non è un uomo solo, ha più volte modo di entrare in contatto con delle persone, ha degli studenti a cui fare lezione e dei colleghi con cui accordarsi, ed ha pure una migliore amica che è anche la sua più grande confidente. Ironicamente, sono proprio le interazioni che ha con questi personaggi a darci il pieno senso del film, che non è quello di descrivere i turbamenti di un omosessuale, ma di descrivere la paura di un mondo intero. Lo si fa scegliendo gli anni Sessanta, in pieno periodo della crisi missilistica cubana, degli anni dominati da una paura che si riflette sul modo di comportarsi e di vivere della gente. Tutti sono quindi legati a doppio filo da quel sentimento, dalla paura, che è l'emblema di tutte le tribolazioni che attraversano e che sono anche i rami da cui si dipanano le incertezze di ogni società. Quante società d'altronde non sono state dominate dalla paura? E le incomprensioni non sono dettate proprio da quello? Io dico che sono guidate dall'ignoranza, ma essere ignoranti vuol dire anche non conoscere molte cose e, anziché approfondirle, le si teme [altrimenti non mi spiego come faccia la gente a credere alla teoria del Gender]. George è a sua volta un uomo che ha paura, paura perché non sa come andare avanti e perché ha passato tutta la vita a doversi nascondere, a nascondere quello che è sotto un vestito, una cravatta e dei gemelli - a tal proposito, la scena verso l'inizia dove racconta come ogni mattina si 'traveste da George', la trovo di una bellezza sconvolgente - ancorando il proprio equilibrio al suo amato. George è solo perché, pur essendo circondato da persone, non trova il legame in grado di dargli quella voglia di vivere; la sua vita sta nel passato, non ha idee né intenzioni di rivolgersi al futuro. Per questo è solo. Come lo sono tutti gli altri comprimari, anche se per per motivi diversi. A single man quindi non è un film sull'omosessualità, ma sul terrore del vivere quotidiano. Tom Ford prova a raccontare tutto questo e lo fa con una maestria davvero insolita. Regola le immagini con precisione chirurgica, tanto che non sembra nemmeno un esordiente, usa quello stile patinatissimo che io adoro e si avvale di una colonna sonora davvero struggente. Gran parte del lavoro lo fanno anche gli attori, da un Colin Firth protagonista (evitate il doppiaggio italiano, troppo impostato) vincitore della Coppa Volpi fino a una Julianne Moore che da sola rende necessaria la visione di ogni film in cui recita. Apre e chiude questa storia un bacio, dato in due momenti diversi ma che, nella loro ineluttabilità, portano a un fine diverso ma uguale al contempo. Tutto sta in quell'arco, il resto è solo paura. Ma la paura scompare, il più delle volte, mentre l'amore resta.

Forse la morale del film la si può racchiudere in uno slogan da Baci Perugina (la vera felicità sta nelle piccole cose) ma come spesso accade, conta più come racconti anziché cosa.Voto: 

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