a spasso nel tempo (infame)

Creato il 11 gennaio 2012 da Omar
Il balzo nel tempo affascina sempre, non ci sono santi. Anche se n'è passata di acqua sotto i ponti dai tempi in cui il giovane McFly di Ritorno al Futuro non doveva assolutamente incontrare l'altro sé stesso nell'universo alternativo, pena una disastrosa congiuntura cosmica. In The door questo assunto viene palesemente dribblato, perché il protagonista il sé stesso del piano temporale «altro» lo incontra, eccome. Ottima pellicola tedesca del 2009 che andrà presto, pare, ad infoltire la schiera dei remake hollywoodiani, questo film firmato da Anno Saul s'impernia sulle traversie dell'interessante personaggio di David Andernach (un convincente e sempre un po' bigio Mads Mikkelsen), artista di successo con una bella moglie e una figlia di nome Leonie al seguito. 
Un giorno costui, distratto da un’avventura extraconiugale (ah, maledetta faiga!), perde di vista la prole, che finisce nella piscina e ci lascia le penne. Cinque anni dopo il figuro, sopravvissuto malamente al divorzio, all'alcol e a un tentativo di suicidio (messo in atto in quella stessa piscina), insegue una farfalla in un tunnel nei pressi della sua vecchia casa. 
E per incanto si ritrova a solcare il tempo a ritroso, finendo proprio nel giorno in cui la figlia sta per morire.

 Inaspettatamente, l'uomo si ritrova così nella posizione di poter approfittare di una cosa che la vita non concede quasi mai: una seconda occasione! 
Di colpo egli rivive il fatidico giorno in cui la sua vita è deragliata, e così, imparata la lezione, evita per un pelo la catastrofe. Sua figlia viene pertanto salvata, ma la cosa (c'avremmo giurato!) ha un prezzo. E presto scopriremo che nell'universo parallelo dove la tragedia non c'è stata, esiste un (altro) padre che non ha mai perso sua figlia (attenzione: spoiler) e che pertanto va sostituito, annichilito, assassinato (fine spoiler).
 Tratto da un racconto di Akif Pirinçci, sorta di Stephen King teutonico, l'intrigante lungometraggio si avvale in primo luogo di un’atmosfera plumbea, molto efficace, da sceneggiato mitteleuropeo.
 Inoltre può contare su interpretazioni assai sentite: Mikkelsen, riducendo all'essenziale - come fa spesso - la sua mimica facciale, rende appieno la dolorosa consapevolezza di aver praticato un sopruso a sé stesso, e le donne della sua famiglia sono piuttosto convincenti nell'instaurare un clima di giovialità perennemente in bilico verso la più cupa disperazione.
 Il protagonista si muove nella dimensione parallela con l'atteggiamento guardingo di chi sa di stare approfittando di qualcosa che non gli spetta, e inoltre ha cinque anni in più rispetto al proprio doppelganger che non ha perso la figlia.
 Tinti i capelli e rimessosi in sesto alla meglio, David si appropria di un'esistenza non sua, diventando quindi un uomo nuovo, diverso in tutto, che lascia l’amante e si dedica di lena alla ricostruzione del proprio rapporto di coppia. La figlioletta però non si fida, sospettando (grazie a quel sesto senso tipico dei bimbi cinematografici) che il padre non sia più lo stesso.
 E ben presto si scoprirà che il tunnel temporale non è stato usato solo da David. Tutt'altro. Interessante, ben fatto e molto coinvolgente. Non originalissimo ma sicuramente una visione di spessore.

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