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A studio da uno dei migliori in quello che fa: intervista a Simone Bianchi

Creato il 26 aprile 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Simone Bianchi (Lucca, 10 Luglio 1972) esordisce a quindici anni sulle pagine de “Il Tirreno”, nel 1994 conosce Claudio Castellini, un incontro decisivo per la sua crescita artistica e professionale. Oltre ai fumetti si è occupato di illustrazione per copertine di Cd, spot TV, giochi di ruolo, e ha lavorato come insegnante: è stato assistente di Ivo Milazzo all’Accademia di Belle Arti di Carrara, e titolare di un corso di Anatomia alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze. Ha pubblicato tre art book, “Echi” (2000), “The Art of Simone Bianchi ” (2002), “Onirika” (2005) ed è autore completo di “Ego Sum” (Pavesio Editore), lavoro composto da tre volumi, due dei quali già pubblicati. Nel 2005 esordisce negli USA con la miniserie “Seven Soldiers: Shining Knight” scritta da Grant Morrison. Seguiranno alcune cover di “Green Lantern” fino all’approdo in casa Marvel, dove disegna uno story arc di “Wolverine”, della durata di sei numeri. La saga, che celebra il 50° episodio della serie, viene pubblicata sia nella versione a colori che in bianco e nero.  É autore di un numero imponente di copertine per varie serie Marvel (Wolverine Origins, X-Men Messiah Complex, Amazing Spider-Man, Ultimate Origins, Deadpool and Cable, Dark Wolverine, Black Panther) e per la serie “Detective Comics” edita dalla DC. Ha disegnato, su testi di Warren Ellis, alcuni numeri di “Astonishing X-Men” e la miniserie “Thor: For Asgard” scritta da Robert Rodi. Nel 2012 è tornato sulla serie di “Wolverine”, per uno story arc di quattro numeri, mentre quest’anno le sue matite sono protagonsite di uno dei grandi eventi Marvel della stagione.

Arriviamo a casa di Simone in una bella mattina di sole, un paio di telefonate ed un rapido incontro nel suo affollato stand di Lucca Comics sono bastate per organizzare l’intervista con uno dei disegnatori di punta della Marvel Comics. Gentilissimo e ospitale, Simone ci conduce al primo piano, dove si trova il suo studio. Lungo pareti della scala sono appesi numerosi suoi lavori; si tratta soprattutto di copertine, con una decisa prevalenza per quelle di Batman

Intervista Simone Bianchi
Prima di entrare dobbiamo però aspettare qualche istante: Simone deve assicurarsi di riporre il materiale inedito al quale sta lavorando, circondato a quanto ci dice da una segretezza assoluta. La nostra chiacchierata parte proprio da qui.
…Mentre stavo per finire Wolverine m’hanno chiamato a distanza di mezz’ora prima Alex Alonso e poi Joe Quesada, col quale avevo un appuntamento telefonico, per propormi questa cosa nuova. Alonso lo conosco da tantissimi anni, per i primi 5 anni che sono stato alla Marvel ho lavorato solo ed esclusivamente con Alonso come redattore, per quanto riguarda gli interni, quindi siamo ormai amici. Di solito è abbastanza sportivo mentre ieri ho sentito che era serio, mi ha detto: “Guarda Simone questa è una cosa che non puoi proprio farti scappare con nessuno, probabilmente ti manderemo anche un contratto di riservatezza“, un non-disclosure agreement, che non ho mai firmato con la Marvel, anche quando lavoravo con Warren Ellis. Invece stavolta mi hanno fatto firmare 11 fogli dove dichiaro che non ne farò parola con nessuno, figuriamoci con un giornalista del settore. 
Fondamentalmente questo progetto a cui sto lavorando, che è piuttosto importante, dovrebbe essere uno dei progetti più grossi del 2013 è collegato anche al film nuovo e quindi sono iper-protettivi, tanto che persino agli amici che conosco da venti anni non ne ho fatto parola. 

In questo momento sei legato alla Marvel da un contratto di esclusiva?
Dunque, l’ho ridiscusso a ottobre a New York, e lo firmerò a giorni. 

Intervista Simone Bianchi

Quindi rinnovi il contratto?
Esattamente, rinnovo il contratto per altri tre anni. É una cosa che ancora non è stata resa nota, lo sarà a giorni, anche se ho l’impressione che la guerra tra case editrici a rubarsi i disegnatori stia finendo.

É una cosa abbastanza recente, anni fa non esisteva…
Si è così. Io il primo l’ho firmato nel 2006, in quel momento c’era in pieno svolgimento questa guerra durata qualche anno, che ovviamente è andata a vantaggio di noi disegnatori. Adesso è un po’ passata e credo vada bene così, anche se non abitando negli USA mi è difficile raccogliere certe sensazioni.  Mi affido ai siti, come Comic Book Resources o Newsrama dove vedo che non sono molti i comunicati che riguardano questi contratti, nonostante ne vengano firmati in continuazione da uno sponda e dall’altra.

Intervista Simone Bianchi - Black Panther
Conosci molti colleghi che abbiano firmato esclusive?
Si siamo in tanti , in  percentuale non te lo so dire sicuramente più di cento, le case editrici a queste cose tengono tantissimo.

Hai lavorato per entrambe, questa rivalità è per te motivo di disagio  o sei rimasto in contatto con loro?
Assolutamente si, da questo punto di vista sono molto aperti, il lavoro è lavoro. Anche quando sono venuto via dalla Dc al termine di una trattativa estenuante . Avevo deciso di restare alla DC poi fui richiamato dalla Marvel qualche ora dopo con una nuova offerta che mi costrinse a cambiare idea.

Anche se il tuo personaggio preferito mi risulta non essere della scuderia Marvel (stiamo parlando di Batman N.d.R.) …
Eh no, direi di no, Infatti vorrei continuare a fare almeno le copertine, una al mese, ma mi è stato impedito dalla Marvel. L’ho chiesto ma mi è stato detto di no.

Di contro questo è segno dell’importanza del tuo lavoro per la Marvel
Si, ne fanno un discorso di “no se lo disegni lo fai troppo bene allora vende di più”  quando secondo me alla fine sarebbe una situazione vantaggiosa per tutti. Forse quelli che ci guadagnerebbero meno sarebbero proprio quelli della DC visto che resterei a fare il 95% del lavoro della Marvel. Resterei un autore Marvel che collabora con la Dc.

Intervista Simone Bianchi

Negli anni ‘90 le case editrici subirono l’affermazione ed il successo dei disegnatori ed questo fu uno dei fattori che portarono alla nascita della Image. Adesso sembra che abbiano imparato la lezione e cerchino di sfruttare questa notorietà a proprio vantaggio.
Si, bisognerebbe conoscere bene la situazione pre-anni 90 e probabilmente, anzi senza ombra di dubbio, era peggiore di quella attuale.

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Restando sull’attualità, la crisi economica investe anche il vostro settore, cosa vedi dalla tua prospettiva di autore?
La questione è complessa  e la risposta è articolata. Bisogna fare una distinzione tra mercato USA, italiano e anche per quanto riguarda il resto del mercato. In Sudamerica ad esempio si vendono una sacco di fumetti, sotto licenza Panini. In Europa il mercato tiene, in America se ne facciamo un problema di crisi economica, il picco delle crisi sembra che sia passato, sembra. Sicuramente i dati di vendita degli albi, basta andare su qualsiasi sito per poterli vedere, hanno avuto una contrazione, direi in questi ultimi due anni. Però qualche giorno fa, su www.newsrama.com guardavo che paragonando i dati di vendita tra Novembre 2011 ed il novembre di quest’anno c’è un incremento del 15%. É tanto. Un esempio in soldoni: il mio primo Wolverine ha venduto tanto e il secondo, pur rimanendo nella parte alta della classifica, ha venduto meno, nonostante gli autori fossero gli stessi.  E questo vale in generale per le prime tre posizioni della classifica. Però ti ripeto, ci sono anche segnali di ripresa forti. Anche segnali di incremento, ad esempio per quanto riguarda il mercato delle tavole originali. Anzi. Direi che sono tanti i collezionisti che oggi, grazie a Dio, cominciano a pensare  all’acquisto di tavole o copertine come investimento alternativo a quelli tradizionali. In sostanza c’è una distinzione dal punto di vista geografico e una che riguarda l’ambito business.

Parliamo un attimo degli originali, un argomento del quale, forse, chi legge fumetti non sa moltissimo, sia per l’impegno economico che un acquisto del genere comporta, sia per la concezione del fumetto come prodotto industriale. A volte non si pensa che da qualche parte esista un originale. Così facciamo pubblicità anche al sito…
Bravo (N.d.R.: ride) il sito è www.simonebianchi.com. Il mercato delle tavole originali, facendo i debiti scongiuri negli ultimi anni è cresciuto globalmente, di molto. É un fenomeno diffuso che si riscontra parlando con i colleghi americani, italiani oppure con i mercanti d’arte, e di originali, e veramente ci sono clienti che arrivano da Singapore, Giappone, Hong Kong, passando per tutta l’Europa, USA e Canada. Forse il Sud America per il momento è meno interessato a questo tipo di acquisto, forse anche per il motivo economico, come hai detto. Penso che in Sudamerica sia molto diffuso l’albo ma questo mercato stia ancora aspettando di diffondersi. Quali sono i canali? Beh oggi con la rete tutto è molto più semplice, una volta era molto più complesso.

Intervista Simone Bianchi

Questo forse è uno dei motivi di incremento di questo business?
Penso di si, anche se devo dirti, anche da collezionista pur se modestissimo, per quanti contatti tu possa prendere, il collezionista vuole vedere il lavoro dal vivo, in “carne e ossa”, e lo trovo giusto. Anche io se devo spendere un po’ di euro o dollari lo voglio vedere del vivo. Magari quindi hai contatti, scambi messaggi ma la parte di lavoro più importante è quella che svolgi alle fiere con il cliente che viene, chiede, e/o vede di persona.

Intervista Simone Bianchi

A quali fiere partecipi, oltre che, ovviamente, a Lucca?
In realtà le fiere, come le scuole, stanno fortunatamente spuntando come funghi, in Italia come all’estero. Lucca è una scelta naturale ed estremamente comoda, San Diego invece è un impegno importante anche da un punto di vista economico, dovendo gestire voli, hotel, stand e spedizioni. Gloria (N.d.R.: la sorella nonché agente) fa Angoulême, il primo anno ci sono andato anch’io, lo scorso anno invece (N.d.R.: si parla dell’edizione 2012) è andata da sola e ha fatto ancora meglio della volta prima quindi le ho detto “ormai sei fregata d’ora in poi ci vai da sola!”

La tua di fatto potremmo definirla un’azienda a conduzione familiare.
Si, al 100%, almeno mi fido! Si, Gloria si occupa di tutto.

I lavori su commissione sono numerosi?  
Sarebbero tanti!

Intervista Simone Bianchi

Ci sono molte persone che ti richiedono disegni?
Si, ma purtroppo non ho il tempo di farli. Li faccio alle fiere, se hai visto alla scorsa Lucca stavo facendo un dipinto su tela.  Sta iniziando a piccoli passi ad affermarsi un mercato dell’arte. Gloria si occupa di tutto, vendite, sito, Facebook. E soprattutto si occupa delle fiere, che sono un grosso lavoro. Lucca logisticamente parlando è una passeggiata ma mettiamo ad esempio Angoulême, tra l’altro non facilissima da raggiungere tra aerei, treni, il lavoro organizzativo è più complicato. Poi anche la mia mamma ci da una mano, ovviamente no profit, anche se al momento l’impegno principale consiste nel fare la nonna (N.d.R.:del primogenito di Simone). 

Intervista Simone Bianchi
Anche tuo padre ha avuto a che fare con i pennelli vero?
Il mio babbo ha fatto, fa il pittore. Ora  ha 66 anni e nonostante sia molto giovanile e scattante lavora sicuramente meno che rispetto a qualche anno fa.

Hai vissuto per un po’ negli Stati Uniti però non hai mai pensato di trasferirti là?
Oddio, dopo che la commercialista mi ha presentato il totale delle tasse da pagare ho preso in considerazione la cosa! Per il resto qua però sto benissimo. A New York ho abitato e ci sono stato molto bene, la considero un po’la mia seconda casa ma non ci vivrei. Il problema più grosso , è il rumore. Non a Brooklyn, ma Manhattan da questo punto di vista è invivibile.

Mi è sembrato di leggere in una tua intervista una non grande simpatia nei confronti dei social network, non sei un grande fan di Facebook ed affini…
Non ero, ma ho cambiato punto di vista, anzi trovo che sia un mezzo di promozione ottimo.

Forse è ormai un’esigenza irrinunciabile? 

Intervista Simone Bianchi

Mah, questo non lo so. Ti faccio un esempio, il mio amico/nemico, in realtà grande amico Gabriele dell’Otto non ha una pagina Facebook  e non gliene importa  nulla. Io ti dico la verità, colleghi come Claudio Villa sono molto attivi, ma nel caso specifico più per ragioni di diffusione delle sue idee che non tanto per postare i propri disegni raccogliendo commenti ed apprezzamenti come spesso accade. Io del resto lascio questo tipo di lavoro a mia sorella. Ho comunque una certa curiosità nei confronti di queste realtà,  anche di esperienze diverse, come ad esempio il blog di Roberto Recchioni, che forte anche del fatto di essere uno scrittore ha costruito una cosa del tutto particolare. La mia lentezza a scrivere sulla tastiera e la cronica mancanza di tempo mi impediscono di dedicare tempo a queste attività. Devo disegnare, e se sto su Facebook non disegno. Infatti mi meraviglio di come tanti miei colleghi, che ci sono fissi. Sicuramente lavorano col tablet accanto.

Com’è strutturata la tua giornata lavorativa?
Non c’è una regola. Ieri notte ho lavorato fino alle tre e mezzo, poi ho dormito sul divano davanti al camino acceso. Stamattina mi son svegliato, sono andato a fare delle commissioni e oggi non so ancora quando mi metterò al tavolo, il giorno prima avevo lavorato mattina e pomeriggio, dedicando la sera al poker. Non ho una regola. Sicuramente dalla nascita di mio figlio lavoro di più, paradossalmente, penso di essere l’unico. Lui si sveglia e di conseguenza sono più e le mattine che mi alzo di quelle che resto nel letto collassato dopo aver fatto le tre o le quattro. E quindi Wolverine ad esempio l’ho fatto quasi tutto lavorando dalla mattina alla sera, fino all’una. Agosto Luglio e gli inizi di Settembre sono passati così, alle otto in piedi e tutta la giornata passata al tavolo da disegno.

Intervista Simone Bianchi

Quanto tempo ti occorre per fare una tavola?
Non saprei dirlo, direi almeno un paio di giorni, di media. Un albo prende da cinque a sei settimane. Sicuramente la cosa migliore sarebbe svegliarsi prestissimo ed essere il più produttivi possibile, ma mi piace molto godermi la sera quando non suona il telefono, non arrivano mail. Fortuna c’è Gloria che va a letto presto!

Ti piacerebbe l’idea di tornare a lavorare in Italia, magari di nuovo per Bonelli?
Si, ho fatto Brendon per un periodo, ho fatto una ventina di pagine anche se poi sono rimaste lì, vabbhé.
Ma mi piacerebbe tantissimo disegnare Dylan Dog. Se me lo chiedessero ora dovrei dire di no a causa del contratto, però mi piacerebbe e sono sicuro che prima o poi troveremo la strada. Magari se non una storia lunga della serie regolare una da trenta pagine sul Dylan Dog Color Fest, mi piacerebbe tantissimo. Ci sono un sacco di sceneggiatori che mi piacciono molto in Bonelli.

Cosa puoi dirci di Ego Sum, il titolo del quale sei autore completo?
Prossima domanda (N.d.R. : ride). Che ti devo dire? La storia c’è, so cosa deve succedere, ma 44 pagine tutte dipinte, a colori, nel formato francese quindi più grande sono 4/5 mesi di lavoro che al momento non so  dove collocare. La cosa certa è che lo farò, l’ho promesso a Pavesio, una brava persona a cui devo tanto. Un grande, ottimo editore e una persona encomiabile. E quindi sa che ha la mia parola d’onore.

Gary Frank abita da queste parti vero?

Intervista Simone Bianchi

Si, in collina, dalla finestra alla tue spalle si vede casa sua. Siamo amici, è un ragazzo splendido ma non ci si vede mai.

Non c’è una comunità di autori che si ritrova periodicamente…
No, a Lucca no. Qualche anno fa Gianni, Gipi, abitava qui. Ora non so nemmeno se abita sempre da queste parti, ma non che ci si vedesse spesso ma ci sentivamo. Abbiamo anche girato un medio metraggio assieme per il quale ho fatto l’attore, lui chiaramente il regista. E’ stata una cosa divertentissima, è una vita che gli chiedo il video e non me l’ha mai dato. Gary ha due figli, e non ci si becca mai. Tra l’altro sono stato suo ospite a cena e, visto che ormai è un’annetto che abito nella nuova casa bisogna che lo chiami per ricambiare. Mi capita di vedere più spesso amici americani che Gary, è scandaloso, anche perché è un ragazzo squisito, dallo stile molto british. Mi pare sia di Bristol. Ma in realtà la mia vita sociale è scarsina, quando riesco vado in palestra.

Si riesce a fare tutto da casa o è necessario muoversi, frequentare le case editrici, tenere contatti…
No, è fondamentale. Certo, oggi tutto è molto più semplice. In questi ultimi venti anni comunicare, spedire i file è estremamente più facile rispetto a prima quando dovevi spedire…tutta un’altra cosa.

Invii le tavole finite via internet immagino.

Intervista Simone Bianchi

Ovviamente, le tavole vengono scansionate e spedite tramite dei programmi dedicati all’invio di file pesanti. In realtà non le mando alla casa editrice, la maggior parte le invio al mio colorista, che spedisce poi la tavola a lavoro finito. Per quanto riguarda i contatti, tutto è molto più semplice ma è importante farsi vedere, incontrarsi, guardarsi negli occhi. Sono stato proprio recentemente  a New York. San Diego invece per la prima volta in nove anni l’ho dovuta saltare per l’arrivo di Sebastian, il mio bambino. Però ci risarò a Luglio. Reputo che sia molto molto importante andare a New York ogni tanto.

Il tuo esordio con il fumetto USA è stato il lavoro con Morrison…
E che esordio! La serie dei Sette Soldati per la quale disegnai Shining Knight vinse un Eisner Award, ma l’hai detto te, si sta parlando di Grant Morrison. 

Le sue storie sono spesso complesse, lo sono anche le sceneggiature?
Per niente, lui è difficile da interpretare! Perché parla scozzese!  Le poche volte, saranno 3 o 4, che ci siamo incontrati è sempre stato molto gentile e alla mano, tra l’altro è pure diventato Baronetto. Ma l’accento è tremendo, non si capisce una mazza! Ma in qualche modo riusciamo a capirci. Di sicuro è un gran personaggio, anche nel modo di presentarsi, si è creato questa figura particolare, e anche sotto questo punto di vista rivela una grande intelligenza. Tutto questo di contro richiede un grosso impegno, anche in termini di auto promozione, mentre io preferisco dedicare queste energie alle tavole. Però alla lunga paga, sotto tutti i punti di vista. Certo che non basta costruire un personaggio senza che il tuo lavoro sia valido, ma nel caso di Grant non ci sono dubbi.

Intervista Simone Bianchi

Ci sono personaggi – mi viene in mente ad esempio Rob Liefeld – che dopo un grande successo, sembrano sparire nel nulla. Perché secondo te? Colpa delle mode, del cambiamento dei gusti del pubblico? Lo chiedo a te, anche se la tua è una carriera ormai consolidata…
(N.d.R.: Simone ridendo fa i debiti scongiuri). Mi  fai una domandaccia. Ti dico una

Intervista Simone Bianchi
cosa che mi disse una volta Ade Capone, all’epoca ero un ragazzino che voleva iniziare questo mestiere qui. Mi disse: “Non ti preoccupare, alla fine chi è bravo il lavoro lo trova”. E credo che avesse ragione, la cosa vale per chi scrive e per chi disegna. Vedo che ci sono tantissimi artisti che lavorano da anni. Ero a fare una sessione di autografi allo stand della Marvel e avevo accanto Mark Bagley, parlavamo di figli e lui mi ha detto di essere un nonno. Ha tre figli e tre nipoti. C’era Adam Kubert che conosco da Lucca ’98, mi ha presentato il figlio che ormai è alto come me. Per farti degli esempi. Adam avrà una cinquantina d’anni, infatti il figlio avrà 18-19 anni. Quindi  non so cosa dirti. Rob (N.d.R.: Liefeld) è un personaggio a sé stante. Io ho simpatia per lui,e con me è sempre stato carinissimo. É di sicuro un personaggio contraddittorio, alle volte fa dei casini assurdi, su Facebook ha detto che va in pensione ma poi sembra che non sia vero…

Di già?
Si soldi ne ha guadagnati tantissimi… Almeno a  quel che si dice.

Intervista Simone Bianchi
Il fumetto europeo negli USA, come viene percepito? Lo si conosce, desta interesse?
Purtroppo non lo conoscono ed è un peccato e una grossa perdita, perché di fatto impedisce loro di conoscere un sacco di opere importanti, come quelle di Moebius, o Toppi o Bilal.

É un problema di distribuzione? O semplicemente non gli interessa?
Impossibile parlare di disinteresse perché di fatto quel prodotto lì non lo vedono proprio. Come possono mostrare interesse nei confronti di qualcosa che non hanno mai visto?

Trovi differenze nell’approccio dei lettori USA rispetto a quelli europei o italiani?
No, direi proprio di no. É buffo, quando facciamo le fiere dico spesso che una volta dentro, che tu sia ad Angoulême, New York o San Diego (e le differenze tra le due coste sono molte) oppure in Italia, si tratti di Roma, Milano, Mantova o Lucca, la percezione è la stessa. Poi purtroppo anche in America la moda del cosplay sta scoppiando. 

A Lucca uno dei fattori di successo di Lucca Comics è proprio il cosplay…
Lo so, però toglie credibilità e rispettabilità a quello che facciamo. Io sono assolutamente lontano da questo fenomeno, però d’altronde giustamente gli organizzatori fanno i conti…  Ho degli amici che lo fanno. Un mio caro amico costruisce armature ed è bravo. Infatti lui vorrebbe lavorare per il cinema. Ci sono indubbiamente persone capaci. Ma troverei più sensato dedicare a quello che ormai è un fenomeno di grosse dimensioni, una fiera apposita. Toglie rispettabilità a quello che si fa. Se viene il giornalista o la televisione mainstream non viene a intervistare Villa o Toppi,  ma magari sceglie un cosplayer.  Questo atteggiamento non rappresenta un mondo fatto da persone che stanno 10-12 ore a disegnare, scrivere e studiare il lavoro proprio e degli altri per cercare di migliorare, bensì un’altra cosa …. E considera che il 90% di quelli che fanno il mio lavoro la pensano così.

Intervista Simone Bianchi

Credo sia un problema della stampa, avida di immagini in grado di incuriosire il lettore più che di contenuti…
Si però se te vedi sono usciti un sacco di volumi interessanti a Lucca Comics. É il discorso che facevamo prima, tutto sta in quello che decidi di dare in pasto alle persone. Il pasto prende la forma che gli dai. 

Intervista Simone Bianchi

Credo che molte persone visitino Lucca nei giorni della Fiera con la stessa attitudine con la quale vanno a Viareggio per il Carnevale…
Esattamente.

Tra l’altro il numero, fortunatamente crescente di visitatori, comincia a creare dei problemi di fruizione della mostra, non so voi autori che sensazioni abbiate ma personalmente trovarsi regolarmente stipato nei passaggi degli stand è fastidioso e nemmeno tanto rassicurante per quanto riguarda la propria incolumità…
Guarda temo che se la crescita di presenze continua così, potranno un giorno esserci dei problemi grossi. É un peccato perché dentro le mura è bellissimo, ma ormai è ingestibile. La location è perfetta, forse la soluzione sarebbe dividere la manifestazione. Capisco che sia una questione complessa ma la situazione secondo me è al collasso, anche considerando che ogni anno i visitatori aumentano. Quest’anno non mi sono mosso dallo stand, ho visitato solo un’altro padiglione. Ma mi hanno raccontato delle cose allucinanti circa gli stand di Alastor e Panini.

Per rimanere in tema di fiere, sei stato il primo a proporre un proprio stand, vero?
Questa è una domanda che mi fa molto piacere. Era il 2005.  É la prima volta che me lo chiedono, era un po’ che me l’aspettavo. Prima di tutto devo ringraziare il mio babbo che mi diceva che dovevo farlo, fregandomene di quello che facevano, o non facevano, gli altri. Io non mi ero deciso perché non lo faceva nessuno e mi sembrava inopportuno, eccessivo. Avevo del resto pubblicato pochissimo, mi sembrava una cosa un po’ fuori luogo.

Intervista Simone Bianchi

Ti dico la verità: anche io quando lo vidi rimasi un po’ così..
Avrai pensato, questo s’è montato la testa… (N.d.R. : ride).

Qualcosa del genere. Era una cosa inedita per noi.
Si, ma se ci pensi è il cane che si morde la coda, il fatto di aver fatto lo stando mi ha aiutato tantissimo a farmi conoscere. Ed oggi ha ancora più senso, specie con questi numeri pazzeschi, parliamo di 180.000 visitatori: qual’é l’albo che vende questo numero di copie? Se un ragazzo giovane mette lo stand ed espone le proprie cose ha modo di farsi conoscere e far vedere il proprio lavoro ad un sacco di persone. Devo ringraziare il mio babbo perché mi ha spinto a farlo e del resto negli USA era una cosa normale

Da questo punto di vista l’esperienza americana è stata importante?
Certo, lì era una pratica comune.

Lì c’è un approccio differente, è possibile acquistare non solo disegni ma anche pagine di sceneggiatura firmate da autori come, ad esempio, Peter David…
L’approccio è molto semplice: soldi.

Credi sia un fattore positivo per gli autori?
Dal punto di vista economico sicuramente. Certo se sei bravo o no non lo cambia il fatto che tu guadagni di più o di meno.

Forse qui in Italia abbiamo una visione eccessivamente autoriale? 

Intervista Simone Bianchi

Questo si. Il fatto che tu guadagni di più non toglie, né aggiunge qualcosa al tuo valore intrinseco. Se sei bravo sei bravo, il fatto che tu guadagni parecchio o di meno è una cosa disgiunta. Certo l’ideale è riuscire a conciliare i due aspetti. É chiaro che soprattutto nel nostro lavoro di disegnatori, la possibilità di avere un mercato di collezionisti ci aiuta rispetto a chi invece scrive.

Dal tuo punto di vista la possibilità di dare modo ai lettori di vedere le tue tavole è gratificante?
Assolutamente si! Non sai quanta gente viene anche solo a vedere i disegni. É un po’ come allestire una mostra itinerante, un piccolo circo. Parlando da disegnatore posso dirti che si imparano un sacco di cose guardando gli originali. Si colgono dei dettagli che è impossibile vedere nel lavoro una volta che viene pubblicato. Il lettore invece prova l’emozione di vedere una copertina o una pagina nella sua versione originale. Sono consapevole che la prima volta che ho messo lo stand poteva essere azzardato, però è stata una delle cose più importanti della mia carriera.

 

Intervista Simone Bianchi

Anche se l’intervista è ormai conclusa, la chiacchierata, di fatto, prosegue. Simone ci mostra alcuni cd acquistati il giorno prima, ha completato la discografia dei Pink Floyd ( “fondamentali assieme ai Led Zeppelin” ) ma si dichiara un ascoltatore onnivoro. Parliamo delle nostre letture e da appassionato di Warren Ellis gli chiedo qualcosa sulla loro collaborazione, ma Simone preferisce cambiare discorso… 
Sostiene di essere il principale critico di se stesso: il  70% del suo lavoro ripreso in mano a distanza di tempo lo lascia insoddisfatto, il restante 30% è però motivo di grande orgoglio. 

Intervista Simone Bianchi
Sono le 13.00 e da sotto si sente il rumore di una tavola che viene apparecchiata; l’educazione, oltre che l’appetito ci suggeriscono che forse è il momento di congedarci. Scendendo abbiamo modo di approfittare ancora una volta della vera e propria galleria di originali allestita lungo la scala. Arriviamo in soggiorno dove nel frattempo si è riunita la famiglia Bianchi: il bambino sta dormendo nella culla (e a giudicare da come muove le labbra sta sognando di mangiare) e Simone ci presenta i suoi genitori, assieme alla moglie che avevamo già incontrato. La situazione è quella comune a molte case, se non fosse per la serie di bellissime copertine dipinte appese alle pareti: non capita a tutti di pranzare sotto l’occhio vigile di Batman.
Spicca in mezzo agli altri un quadro di grandi dimensioni, molto diverso per stile e soggetto: si tratta di un’opera del padre. Dopo le parole di Simone, la presenza del quadro sembra essere l’ennesima testimonianza del legame tra i due.

Percorrendo il viottolo esterno nel tornare all’auto, penso alla distanza che corre tra la retorica pubblicitaria delle case editrici e la sana dimensione artigianale con la quale molti disegnatori conducono il proprio lavoro. E mi diverte pensare che in questa villetta di recente costruzione, uguale a mille altre abitazioni di provincia, nascano storie e tavole destinate a fare il giro del mondo.
Poi il cancello si chiude alle nostre spalle e sono costretto a correggermi, almeno in parte: c’è un dettaglio, probabilmente ignorato dal maggior parte delle persone, che rende questa casa diversa da tutte le altre…

Decisamente un cancello particolare...

Decisamente un cancello particolare…

Le foto utilizzate nell’articolo sono di Eleonora Pinzi.

Ringraziamo Simone Bianchi per la disponibilità.

 

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