A Supersano ritrovata la varietà di vite del Salento Leccese coltivata nel Medioevo .
di Antonio Bruno*
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I ricercatori dell'Università del Salento leccese stanno lavorando per ottenere la ricostruzione della economia di alcuni villaggi medievali abbandonati.
E' vicina la vendemmia 2010, pare sia caratterizzata da una qualità dell'uva eccezionale, ma a Supersano c'è stato l’eccezionale rinvenimento dei vinaccioli non combusti.
Anche se l'Ateneo del Salento leccese non ha nella sua offerta formativa la Facoltà di Agraria, quando intraprende studi che affrontano problematiche del Paesaggio rurale sarebbe bene si raccordasse con l'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Lecce gli unici professionisti del Paesaggio rurale.
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Se dovessi descrivere l'agricoltura della mia infanzia io sono certo che molti di voi che state leggendo non ci credereste. Eppure ho ricordi che risalgono a 50 anni fa, mezzo secolo, un tempo infinito per la memoria umana. Ma anche solo 25 anni fa c'era un agricoltura del tutto diversa da quella di oggi. Ecco che sono più che legittime le domande: Come vivevano i nostri antenati? Di cosa si nutrivano? Quali erano le piante che coltivavano? E quali animali allevavano?
L'Università del Salento con il Laboratorio di Archeobotanica diretto dal Responsabile Scientifico Prof. G. Fiorentino hanno tentato di dare una risposta.
I ricercatori del Salento leccese stanno lavorando per ottenere la ricostruzione della economia dei villaggi medievali abbandonati di Apigliano, Quattro Macine, loc. Scorpo, presso Supersano e anche attraverso materiali ritrovati negli scavi di Muro Leccese, e Lecce- Castello Carlo V. Le informazioni vengono elaborate dopo che si è provveduto a riconoscere specie di valore alimentare per l’uomo e per gli animali.
Gli studi condotti ad Apigliano e Quattromacine hanno permesso di ricostruirne il paesaggio caratterizzato da piante della macchia mediterranea sia alta con chiome che raggiungono i 4 metri d'altezza e con la presenza delle specie arboree del genere QUERCUS sezione suber (leccio e sughera), il CORBEZZOLO, alcune specie del genere JUNIPERUS (in particolare Ginepro rosso),
il LENTISCO. Arbusti come l'ERICA il CORBEZZOLO, il MIRTO, l'EUFORBIA ARBOREA, le
GINESTRE e altre cespugliose quali i CISTI e il ROSMARINO. In questi villaggi sono state inoltre individuate piante coltivate dall'uomo medievale come i pruni e, rispetto a tutte le altre piante, si è dovuto prendere atto della presenza, in maniera assolutamente preponderante e maggioritaria, dell’olivo.
Gli studiosi dell'Università del Salento attraverso lo studio dei legni (xiloresti), dei carboni (antracoresti), dei semi e dei frutti (carporesti) e dei pollini sono riusciti ad ottenere informazioni dettagliate riguardo le attività proprie dell’uomo medievale del Salento leccese, in campo agroicolo, silvo- pastorale, in campo cultuale e dell’artigianato.
Gli studiosi sono riusciti a fare una contestualizzazione ambientale da cui è emerso un paesaggio fortemente degradato: infatti il paesaggio del Salento leccese era originariamente costituito da bosco mediterraneo maturo (leccio e carpino nero). Gli studiosi hanno potuto raccogliere dati da indicatori specifici che hanno dimostrato gli incendi e il sovrapascolamento: prevalentemente erica, ma anche mirto e ramno, e poi attraverso indicatori antropici diretti (pruni e pomi).
Le strutture che sono state rinvenute dagli studiosi a Supersano- Loc. Scorpo, che erano pertinenti a fondi di capanna, sono state indagate tramite l’analisi dei resti dei carboni (analisi antracologica) che ha permesso di ipotizzare che avessero una struttura lignea portante in quercia e copertura straminea di erica. La determinazione tassonomica degli resti dei carboni (antracoresti) ha delineato la presenza del bosco mediterraneo caratterizzato da un querceto misto di caducifoglie e sempreverdi a fondo valle, sfruttato anche per il pascolo dei suini che sono stati individuati dagli studiosi del Salento leccese dall’indagine archeozoologica. Sulla Serra è stato ipotizzato, al contrario, un ambiente di macchia, probabilmente sfruttato per il pascolo degli ovi- caprini che sono stati anch’essi individuati dall’indagine archeozoologica)
Durante l’ultima campagna di scavo è stato individuato, all’interno della medesima area, un pozzo, che consentiva agli abitanti della zona di prelevare acqua direttamente dalla falda acquifera.
Il pozzo è stato poi completamente abbandonato e al suo interno nel corso dei secoli si è buttato materiale di diverso tipo. La cosa sorprendente è che i materiali organici che sono stati riversati, oggi sono stati ritrovato perfettamente conservati grazie all’ambiente anaerobico che si è creato nel pozzo.
Per le particolari modalità di conservazione dei resti questo pozzo è un unicum per l’Italia Meridionale medioevale.
I ricercatori dell'Università del Salento da una prima visione dei materiali organici provenienti dal pozzo hanno appurato la presenza di manufatti in legno. Inoltre hanno trovato anche semi e porzioni di frutto che sono materiali organici che permetteranno di delineare con chiarezza cosa mangiassero gli abitanti di Supersano. Sono stati ritrovati anche vinaccioli, noccioli di prunoideae e d’olivo e leguminose.
E' vicina la vendemmia 2010, pare sia caratterizzata da una qualità dell'uva eccezionale, ma a Supersano c'è stato l’eccezionale rinvenimento dei vinaccioli non combusti, che dunque presentano ancora intatte le caratteristiche molecolari, e questo ritrovamento eccezionale può consentire, attraverso lo studio del D.N.A., di risalire alla varietà del vitigno coltivato nel medioevo.
Come Dottore Agronomo auspico che al più presto venga fornito materiale per la propagazione di quel vitigno del medioevo perchè è estremamente interessante il confronto con le varietà impiantate attualmente, e sarebbe bello riuscire a impiantare un vigneto con le varietà del vitigno di allora anche se è bene che i ricercatori dell'Università del Salento sappiano che per fare questo sarebbe necessario DNA di una qualunque parte della pianta della vite perchè i semi che, come tutti noi Dottori Agronomi sappiamo, non riproducono le caratteristiche della varietà.
Ma nel pozzo ci sono anche i rametti di Vitis vinifera che presentano tracce di potatura, e dalla loro osservazione sarebbe interessante avanzare ipotesi sulle modalità di coltura. Infine l’analisi palinologica che permette di ottenere informazioni sulla origine geografica e botanica, sul sistema di produzione e sulla biodiversita' presente nell'ambiente circostante si potrà ottenere uno spettro vegetazionale dettagliato per la ricostruzione delle variazioni ambientali e le caratteristiche compositive del Bosco di Belvedere.
Per concludere anche se l'Ateneo del Salento leccese non ha nella sua offerta formativa la Facoltà di Agraria, quando intraprende studi che affrontano problematiche del Paesaggio rurale sarebbe bene si raccordasse con l'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Lecce gli unici professionisti del Paesaggio rurale.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Annamaria Grasso: Archeobotanica nel Salento Medievale
Fiorentino, G., 1999, "Ricerche archeobotaniche e paleoambientali", in P. Arthur (a cura di). Da Apigliano a Martano. Tre anni di archeologia medievale (1997- 1999), Congedo Editore, Galatina, pp. 54-56.
Fiorentino, G., 2004, "Il bosco di Belvedere a Supersano: un esempio di archeologia forestale, tra archeologia del paesaggio ed archeologia ambientale", in P. Arthur e V. Melissano (a cura di). Supersano. Un paesaggio antico del basso Salento, Congedo Editore, Galatina, pp. 20-28.