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Maso Grener, il sogno fatto realtà di Fausto Peratoner

Da Iltaccuvino

wpid-20150406_100035.jpgAvevo scoperto quasi per caso questa giovane cantina, li ho contattati, ho assaggiato i loro vini, mi hanno incuriosito, e alla prima occasione ne ho approfittato per andarli a conoscere di persona, andando a soggiornare a Maso Grener per Pasqua. Appena arrivati ci viene incontro Fausto Peratoner, un sorriso dolce e accogliente e una calda stretta di mano nel darci il benvenuto nel suo piccolo paradiso. Un luogo facilmente raggiungibile, da Lavis si sale pochi km e dopo aver superato il paesino di Pressano (vera culla di viticoltori di rilievo!) si incontra Maso Grener e le sue vigne sulla sinistra, già sufficientemente in quota per godere della vista della Valdadige verso Ovest, con il massiccio della Paganella che spunta sullo sfondo.

Maso Grener nasce come attività ricettiva, dal desiderio comune di Fausto e della moglie Cinzia di mettere anima e corpo stabilmente in campagna, dopo anni di attività come enologi presso le importanti realtà locali. E quando si è presentata l’opportunità, nei primi anni 2000, non ci hanno pensato troppo a rilevare questo maso che da tempo seguivano sul piano agro-enologico. Vigne in una posizione storicamente vocata, ben esposte e ventilate, su terreni ricchi dove non è la dolomia a dominare ma formazioni marnose, che si arricchiscono in detriti vulcanici su vigna Bindesi, che significa frana, in relazione ad antichi movimenti franosi che trascinarono strati di origine magmatica dalle aree sovrastanti.

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Un luogo baciato dalla natura, all’imbocco della Val di Cembra, dove i vigneti sono verdeggianti prati, perché ormai la totalità degli agricoltori, salvo qualche restio, preferisce l’inerbimento e il sovescio al diserbo, mantenendo impianti prevalentemente a pergola trentina, che permette il miglior compromesso tra grado di insolazione e ventilazione del vigneto. Condizioni che permettono di lavorare in condizioni ideali, eliminando i trattamenti chimici, sfruttando la confusione sessuale (altra pratica condivisa con tutto il vicinato) e contrastando gli infestanti con antichi metodi, come quello di andare a caccia di nottue in notturna, con catture anche di 100 esemplari a notte nel disastroso 2014.

Scelte di vigna che potrebbero consentire la conversione al biologico appena lo volessero, e col tempo chissà. Noto anche nelle prime viti sotto il maso alcune edere salire sui fusti, e immagino il fastidio arrecato alle viti. Fausto conferma il problema e mi rassicura dicendo che piuttosto che diserbare quel piccolo filare preferisce estirparle a mano quando si fanno più invadenti, come si faceva un tempo.

Quello che mi conquista di Fausto Peratoner è un’intelligenza che va oltre il vino. Alle spalle ha una formazione tecnica e una lunga esperienza, partito anche lui, come la moglie, dalla scuola di San Michele all’Adige, e conclusi gli studi finito in Friuli in stage alle dipendenze dirette di Mario Schiopetto, un compianto nome da annoverare tra i padri fondatori della moderna enologia friulana.

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Dimostra una virtù rara nei produttori consigliandomi tanti colleghi viticoltori da andare a trovare, ma ci rammarichiamo di non avere tempo a sufficienza per incontrarli tutti. Tra i tanti anche il vicino Maso Poli dove Fausto è ospite per la vinificazione e l’affinamento, per rendere sostenibile l’impegno economico.
Tanta qualità nelle materie prime in vigna, con piante di almeno 30 anni, con svariati cloni, a tutelare la produzione al variare del clima dell’annata.
Clima che risulta fondamentale per la buona riuscita del pinot nero, varietà delicata e difficile, vera sfida per ogni produttore trentino, salvo declinarlo a base spumante. Maso Grener ne produce un rosso vinificato in tonneau aperti e poi affinato per un anno in barrique per un terzo nuove, per il resto usate, e usate bene, perché sul Barolo di un produttore piemontese che non ha bisogno di presentazioni, un certo signor G.

Non si finirebbe mai di ascoltare Fausto e scambiare idee con lui, che loda giustamente il lavoro delle cooperative locali, che hanno consentito a tanti piccoli produttori di fare sistema e di accedere a tecnologie e tecniche spesso al di là dei loro mezzi. Oggi chi ha maturato esperienza e vuole dare più identità al prodotto del suo lavoro segue la strada dell’indipendenza, quella imboccata fa Maso Grener, sicuramente irta di difficoltà ma foriera di grandi soddisfazioni, spesso concretizzate proprio negli apprezzamenti dei colleghi.

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Arriviamo agli assaggi, comodi nella stube del maso, divenuto una accogliente sala degustazione.
Della nuova annata ci propone una nuova etichetta, Chardonnay Sauvignon (Vigneti delle Dolomiti) 2014, da una prima selezione di uve, raccolte ma escluse dalle etichette principali. Un vino fresco dai riflessi verdolini, dai toni di salvia, fiore di acacia e frutta bianca fresca. Al palato ha beva e sapore, con ritorno di gesso e cumino. Ottimo vino di ingresso, fresco e godibile.

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Chardonnay Vigna Tratta 2013. Il tono è di paglia dorata, di una consistenza che lascia intuire l’affinamento sulle fecce fini. Nei profumi è ben delineato sul frutto giallo, dalla pesca alla banana fresca, dalla susina all’albicocca, con ricordo di mandorla, lime e minerale gessoso. Il sorso è succoso, abbastanza morbido, senza spigoli e di buon ritorno su toni di frutta e sfumature di agrume. Lo chardonnay è un vino su cui Fausto vuole puntare molto, con l’idea di ottenere un vino dal carattere degno di confrontarsi con altri esempi di livello, per dare visibilità a un vitigno storicamente ambientato in queste zone, oggi su circa il 35% del vigneto trentino, ma quasi mai declinato in versioni ferme davvero convincenti. Questa 2013 è solo la prima annata imbottigliata dal Maso, e i presupposti per crescere sembrano esserci tutti.

Si parla anche di vinificazione e lieviti, argomento che infiamma il web in questi tempi. Maso Grener usa tre ceppi di lieviti, selezionati dall’istituto di San Michele a partire proprio dalle uve del suo vigneto. Forse un giorno potrebbe provare fermentazioni spontanee, ma per ora preferisce questa via che assicura un risultato di qualità, partendo comunque da una popolazione di lieviti locale. Che sia questa la strada del futuro? Io non posso dirlo ma lo trovo un compromesso intelligente ed efficace, che unisce territorialità a rigore stilistico.

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Sauvignon Vigna Tratta 2013. Bello nei toni paglierino vivo, fresco di erbe e agrumi nei profumi. Una parte ha fatto un leggero passaggio in barrique, ma quello che si percepisce non sono ricordi di legno, quanto ritorni tropicali di ananas, pompelmo, lime e note di pesca bianca.Al palato è in piena corrispondenza, con ricordi di pompelmo, salvia e frutti tropicali che mi fanno ricordare eleganti versioni di Sancerre, di cui ricorda anche la sapidità, integrata in un vino lungo nel ricordo ed equilibrato. Bicchiere davvero coinvolgente e di bel potenziale evolutivo.

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Pinot Nero Vigna Bindesi 2013. Il vino più difficile, come detto, ma anche quello capace di regalare più soddisfazioni, perché in quota non è facile ottenere la piena maturazione di queste uve. In vinificazione (come detto in tonneau aperti) resta in macerazione sulle bucce per due settimane, con ripetute follature manuali. Nel calice è coerente col vitigno ed invitante, di un colore rubino ricco ma brillante e trasparente. Al naso si rivela abbastanza espressivo dopo una breve fase di ossigenazione nel calice, che lo vede aprirsi su fini speziature di cannella e pepe, un ricordo di erbe di campo, un frutto di ciliegia dolce, quasi da caramella, quindi un tocco di mirtilli e di vaniglia. Profumi in equilibrio, che invitano a un sorso che è fresco, dal tannino dolce e modulato, elegante e lungo al palato, dove chiude con un finale pulito e piacevolmente amaricante di caffè e liquirizia nera, in un rilancio continuo con i ritorni di frutto scuro dolce. Gran bella espressione locale a mio avviso, e non vedo l’ora che partecipi l’anno prossimo alle giornate del Pinot Nero a Montagna per vederlo raffrontato agli altri esempi del Trentino e dell’Alto Adige.

Nella serie di degustazioni manca solo una chicca, che speriamo di trovare alla prossima occasione, la Nosiola, di cui si trova qualche pianta in mezzo ai filari di Vigna Tratta, attorno al Maso, che Fausto e Cinzia vinificano separatamente per 100 bottiglie che soddisfano appena l’autoconsumo. E quello del vigneto di Nosiola è un altro pallino della famiglia Peratoner, che spero si concretizzi presto.

Torniamo a casa con un ottimo ricordo di Maso Grener, che invito ad andare a conoscere, per trovare non solo vini buoni ma anche persone speciali e ospitali come poche altre.

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Tagged: chardonnay, Maso Grener, Pinot nero, sauvignon, Vigna Tratta

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