Molti dicono che non si puo’ fare piu’ nulla per Taranto e la sua gente.
Il punto di non ritorno e’ stato passato.
Senza veri soldoni e legalita’,non potremmo bonificare l’Ilva e allora giu’ col pessimismo,catastrofico e nero,buio pece sancito da un principio,che la legge non e’ uguale per tutti.
“La sua sacralizzazione dettata dall’articolo 1 della Costituzione, il fatto che in suo nome si possa anche arrivare ad uccidere e avvelenare. Certamente è un valore primario, basilare, ma non può essere un totem che condiziona tutto il resto fino alle estreme conseguenze. L’articolo 1 dovrebbe essere fondato sulla persona umana, non sul lavoro”.
Questa frase l’ho letta oggi,sull’Unita’ online.
E’ dello scrittore Carlo Vulpio,giornalista del Corriere della Sera.
Ebbene partendo dall’articolo 1 della Costituzione,dovremmo essere a posto,contenti di un diritto che apporta benefici all’uomo,rendendolo consapevole di uno stato personale,il lavoro,che e’ sforzo fisico e beneficio economico.
Ma economico per chi?
Per l’industriale,certo anche lui,ma a quale prezzo?
Il duetto Vendola Archina’ e l’intervista di Luigi Abbate a Riva,il giornalista deriso nell’intercettazione telefonica tra il presidente della regione Puglia e l’amministratore dell’Ilva,solca una linea di basso profilo tra chi,la regione Puglia,avrebbe dovuto difendere proprio l’articolo 1.
Il lavoro si,non la morte di una citta’.
O se cosi’ dovesse essere,e lo e’,allora sanciremmo una bugia,quella del rispetto altrui.
Il lavoro citato dal giornalista e’ quello che non danneggia l’ambiente,quello che dovrebbe essere il volano di citta’ e paesi.
In alcune parti lo e’,senza mezzi termini.
Rispetto e produzione,limiti da rispettare e soldi negli stipendi.
Qui la giustizia,con la Todisco,rompe un diritto negato,la salute pubblica,adottando norme legislative che vanno in aiuto dei cittadini tarantini.Ma lo stato,baypassa tutto e tutti,e colpisce,annientando una logica che altrove regge invece.
Perche’ a Taranto si muore e altrove no?