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Da MumiEd eccomi sono arrivata in questo piccolo spicchio di storia della Serenissima, incastonato tra le vetrine illuminate dei negozi dal nomi altisonanti della moda proprio a due passi da Piazza San Marco, quasi passa inosservato il Ristorante La Caravella, se non fosse per la caratteristica insegna. Impossibile, varcando la soglia, non respirarne la storia che ha visto questo locale negli anni 60 essere luogo di incontro di intellettuali, artisti e nottambuli, leggendarie y sono rimaste le jam session e le sfarzose feste con rose e champagne. Ciro’s Bar, così si chiamava ai tempi,amoso locale dell’epoca annesso all’hotel, che ebbe l’onore di accogliere personaggi quali Sartre e Simone de Beauvoir, era l’unico concorrente del famoso Harry’s Bar di Piazza San Marco, entrato nella storia della letteratura moderna grazie al suo frequentatore più famoso: Ernest Hemingway.
Ma io sono qui, tra boiserie e luci soffuse per assaporare la cucina dello Chef Silvano Urban che, con le sue creazioni rispettose della tradizione e delle materie prime di qualità, partecipa al Festival del Triveneto del baccalà la manifestazione organizzata dalle Confraternite del Baccalà del Triveneto in collaborazione con la Tagliapietra e Figli Srl, l’azienda importatrice di stoccafisso del Nord Italia, sono ben 30 i ristoranti del Triveneto, con i relativi chef, che concorrono per aggiudicarsi il titolo di migliore ricetta inedita a base di baccalà.
Come da regolamento, tre piatti – antipasto, primo, secondo a base di baccalà, che in Veneto e Friuli è sinonimo di stoccafisso, in giuria gli stessi partecipanti alla cena, ho votato anch'io ma il voto non si dice, per poi passare al severo giudizio del Comitato Organizzatore del Festival. Tre dunque i piatti assaggiati: per iniziare il tiramisù di stoccafisso con caffè e capperi, cremoso e delicato con la parte croccante data dal riso soffiato, ben abbinata la salsa di capperi e caffè che nel gusto ricorda l'oliva Taggiasca.
Molto più scenografico il primo piatto: fagottini di baccalà affumicati in the’ di alloro e Campari in cui l'abilità dello chef ha dimostrato che del prezioso pesce non si getta nulla, nella preparazione della sfoglia infatti vede tra i canonici ingredienti anche la pelle affumicata e polverizzata. Unico piccolo appunto il delicato tea poteva essere servito in teiera finendo il piatto in tavola, ma questa è una mia personale interpretazione non una critica all'ottimo piatto.
Ma veniamo al piatto principale: il cosciotto di baccalà in gelatina croccante di patate, degno davvero di nota per saporosità e consistenze, particolare la sottile copertura di patate frullate a crudo che, con la cottura, hanno perfettamente simulato la renna croccante del reale cosciotto animale. Soffia un vento gelido e mentre attraverso Piazza San Marco la musica dell'orchestra dell'harry's Bar fa' da sottofondo ai miei pensieri che già volano alla prossima tappa del Festival o perché no a un cocktail particolare con l'aperitivo a base di cicheti in uno dei locali che partecipano a Baccalando.
Tutto quello che serve sapere e le prossime tappe lo trovi qui
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