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A Torino, un diario di bordo per i ciclo-flâneurs del bike sharing

Creato il 11 luglio 2011 da Sulromanzo

A Torino, un diario di bordo per i ciclo-flâneurs del bike sharing«Mettere delle biciclette a disposizione degli abitanti o dei turisti significa obbligarli a vedersi e a incontrarsi, a trasformare la strada in un luogo di socializzazione, a ricreare luoghi di vita, a sognare la città».

Così il celebre antropologo Marc Augé notava l’opportunità di socializzazione “attiva” offerta dal sistema di bike sharing di Parigi (Velib) nel suo breve saggio “Il bello della bicicletta” (Bollati Boringhieri, 2009). In Italia siamo partiti dopo ma i seguaci del bike sharing nostrano aumentano: sono oltre 130 le città, piccole e grandi, che hanno attivato il servizio pubblico di noleggio biciclette. Muniti di abbonamento, si salta in sella al velocipede comunale per poi lasciarlo alla stazione di destinazione, dove uno sconosciuto lo cavalcherà verso un’altra meta. Un servizio ecologico ideale per i cittadini ma allettante anche per i turisti che possono godere dell’esperienza sensoriale totalizzante di pedalare lungo una città che diventa, nelle parole di Augé, «terra d’avventura».
È stato proprio il desiderio di immortalare l’autenticità del dialogo speciale fra ciclista e città che ha spinto Stefano Bruna, nell'ottobre 2010, a creare il BookTOBike. Il 38enne artista torinese ha iniziato a far girare una Moleskine fra i cestini delle bici giallo limone del bike sharing torinese [TO]Bike. Sulla prima pagina del taccuino più globalizzato del mondo ha lasciato un incipit: «Contromano in bici percepisci la città in maniera diversa». Ha messo Moleskine e biro nel cestino anteriore della bici numero 123, protette da una busta plastificata (la pioggia a Torino è abbondante), e le ha consegnate agli attuali oltre 11 mila abbonati del [TO]Bike.
Tra i fortunati capitati sulla bici munita di BookTOBike, molti hanno accolto la sfida e affidato alla carta i loro pensieri. C’è chi ha condiviso il ricordo euforico della prima pedalata senza rotelle, chi ha abbozzato la lista della spesa e chi ha stilizzato Paperino. La maggior parte, però, ha scritto di Torino e del privilegio di poterla girare in bici. «A vélo, évidemment le meilleur moyen pour visiter une ville»: parola di Claude. Bebe e Baba si lamentano della pioggia che li ha sorpresi mentre pedalavano e un turista anglosassone propone un rap celebrativo: «East and West, bike is the best».
Nell’osservare il movimento parigino di bici a noleggio, Augé aveva gridato al ritorno dei flâneurs. Così Baudelaire chiamava, a metà dell’Ottocento, i gentiluomini che passeggiavano senza urgenza per le vie di Parigi, in una nuova esperienza di modernità offerta dal tessuto urbano all’alba della prima rivoluzione industriale. «I nuovi flâneurs, con il vento in faccia – continua Augé – si sono resi conto con meraviglia che la città è fatta per essere guardata». Stefano Bruna ha creduto nelle potenzialità espressive del ciclo-flâneur come osservatore privilegiato. «Il ciclista ha una forma mentis particolare – spiega Stefano – Seppur di fretta, si sofferma per scrivere due righe perché il suo è sempre un mettersi in gioco totale con l’ambiente. Sulla bici si è in ballo con la città senza filtri: non ci sono protezioni o rumori meccanici; si è soli con le vie, con i palazzi, con la gente».

A Torino, un diario di bordo per i ciclo-flâneurs del bike sharing
L’incapacità di “disimparare” a pedalare, secondo Augé, rende la bicicletta «un’esperienza di eternità». Con parole simili Stefano aveva lanciato il suo progetto su Facebook: «10.10.2010 ore 10.10 - inizia l'eterno!». Certo, gli ostacoli atmosferici e vandalistici ci sono stati. Non è bastata la catenella che agganciava il taccuino al manubrio: «La prima Moleskine è sparita dopo appena una settimana – racconta Stefano – Ne ho poi messe su più bici ma non è sempre facile “intercettarle”». Alcuni ciclo-scrittori riescono a digitalizzare il loro intervento e ad inviarlo all'apposito gruppo Facebook, ma non tutti lo fanno e la testimonianza del loro passaggio resta unicamente cartacea.
Il Comune di Torino, attore principale del [TO]Bike, ha da subito accolto con entusiasmo l'iniziativa di Stefano. Un calore che è cresciuto con i mesi mentre il BookTOBike si è trasformato in una sorta di guest book della città, riempiendosi di dichiarazioni “d’amore” per Torino. «Con il Comune si pensa a un'eventuale pubblicazione che raccolga le testimonianze custodite dalle Moleskine».

Intanto il [TO]Bike ha in progetto di aumentare le stazioni (da 60 a 116) e intensificare la manutenzione delle biciclette, data la performance non ottimale del servizio (sellini e cestini rotti, ruote sgonfie, ecc.). Il neo sindaco Piero Fassino ha anche promesso 11 km di nuove piste ciclabili entro l’anno. Ormai il progetto di Stefano ha valicato i confini torinesi e l’artista ha preso contatti con altre città italiane che vorrebbero attivare la sua idea sul loro territorio. Se ne parla anche all’estero. Addirittura in Giappone. Anche la Moleskine “in persona" si è fatta avanti. «Vedremo – conclude Stefano – Gli spunti sono tanti e non è nemmeno un anno che sono partito. Per il momento sono contento che sia tornata l'estate, così potrò reinserire nel circuito le Moleskine che avevo dovuto rimuovere a causa dei temporali e del maltempo di giugno». Già “mitica” ed “epica” la bicicletta diventa, tra le pagine di Augé e nel taccuino collettivo di Stefano Bruna, anche “utopica”, fonte per un dialogo libero, democratico e sostenibile con la città. Rivoluzionaria per i lavoratori, nelle campagne come nelle città (si pensi, ad esempio, al film Ladri di biciclette), in Italia la bici è stata anche simbolo di resistenza partigiana e scettro di figure gloriose come Fausto Coppi, celebrato anche da Roland Barthes nel suo Miti d’oggi (Einaudi, 2005) come un «eroe perfetto», ricco di coraggio, intelligenza, talento e sfortuna. La bicicletta può essere, oggi, garanzia per un futuro ecologico in sella al quale annullare le differenze di classe? Di certo la due ruote sembra offrire nuovi modi di relazionarsi nella città e con essa. Augé azzarda una volata finale: «Oggi cambiare la vita significa, per prima cosa, cambiare la città».


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