L’aerostazione non è una cattedrale nel deserto, ma l’aborto di una cattedrale nel deserto. L’edificio sta lì, fermo da troppo tempo a testimoniare la politica dello spreco che ha caratterizzato la Valle d’Aosta da diversi anni fino a oggi. Un già cadavere che si somma ad altri già cadaveri. Un mai nato che però è costato e continua a costare alla comunità. Anche in termini di salute. I lavori della nuova aerostazione dell’aeroporto di Aosta sono stati interrotti lasciando esposti alle intemperie i materassi di lana di vetro o di roccia che dovrebbero servire per coibentare l’intercapedine tra faccia interna e quella esterna delle pareti perimetrali. La lana di roccia non e’ necessariamente dannosa per la salute, a patto che sia chiusa e sigillata entro le pareti. Quando però viene dispersa o quando si stacca dall’involucro edilizio in cui è stata inserita, allora può dare origine a piccole particelle di polvere sottile e fibrille: queste con il logorio meccanico (vento e relativi attriti, ad esempio) e con il tempo possono originare a loro volta micro-particelle che, se a contatto con la pelle, mucose e apparato respiratorio, possono creare problemi di irritazione fino a provocare, in caso di contatto prolungato, continuativo e in dosi massicce a intossicazioni croniche. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Airc) ha posto la lana di vetro in classe 2BE’, ovvero rientra fra le sostanze “cancerogene di tipo sospetto”, nel senso che non ci sono studi ufficiali sufficientemente approfonditi al riguardo. In cantiere quando si manipola e’ sempre previsto l’uso di una mascherina filtrante per le vie respiratorie (DPI). Possiamo dire che la lana di roccia è un materiale che è bene non disperdere nell’ambiente, a dispetto di quanto sta avvenendo con l’abbandono dell’aerostazione. Bisognerebbe poter entrare nell’area di cantiere per vedere da vicino la situazione, ma il cantiere, per legge, non e’ accessibile senza autorizzazione.
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