Si poteva ipotizzare che l’espansione economica dell’ultimo secolo potesse sconfiggere malattie tipiche dello stato di indigenza come la tubercolosi, la scabbia e la sifilide, quantomeno nei paesi più civilizzati. Poi è arrivata la crisi, milioni di nuovi poveri e il passato è tornato a bussare alla porta con insistenza, anche dove lo si pensava battuto.
Le recenti epidemie all’Ospedale Gemelli di Roma, 122 colpiti, e alla scuola Da Vinci di Milano, 179 contagiati, hanno acceso più di un campanello d’allarme. I dati del problema, però, non sono chiari: gli ultimi ufficiali risalgono al 2008 e i tagli hanno dimezzato gli strumenti di rilevazione. A ciò bisogna aggiungere che i malati sono spesso persone ai margini della società e che, per linea politica, il Ministero della Salute tende a sedare gli allarmismi, poco importa se le informazioni sono storpiate. Solo quando vengono colpite le classi più abbienti se ne parla.
La tubercolosi, secondo Giorgio Besozzi, direttore del Centro di formazione permanente Villa Marelli dell’ospedale Niguarda, avrebbe infettato 8000 persona, 3500 in più di quanto dicano le stime ufficiali. E nonostante il Ministro Ferruccio Fazio, durante un question time, abbia negato l’emergenza, Medici senza frontiere ha denunciato la scarsità di servizi sanitari nel rapporto “omissione di soccorso”.
I senza tetto spesso non si curano e diventano un potenziale focolare per il resto della comunità. Altro nodo gordiano sono i carceri, dove è impossibile curarsi: si entra malati e si esce nella stessa condizione. Come al solito, poi, non ci sono soldi per la prevenzione e si arriva a fatto ormai compiuto. Il problema si fa più grave, in aggiunta, se i medicinali non sono alla portata di tutti. Spiega Ilaria Uccella, medico infettivologo del San Gallicano di Roma:
Un farmaco molto usato per la sifilide, la Betadin Penicillina, è stato portato dall’Aifa da classe A a classe C: significa che ora per una terapia si è passati da 2 a 140 euro.
E la crisi, così, si fa ancora più sentire.
Fonte: RE