La tortuosa strada per divenire eroi conosce deviazioni tortuose e terribilmente rovinose per la vita di un individuo, recluso all'adempimento del ruolo di "simbolo"; tutto fa rima con una vita rovinata per chi, anche senza sceglierlo, diventa degno di ricordo.
Al mondo, nonostante tutto, servono individui speciali.
Esseri umani capaci di siglare nuove dimensioni esistenziali, capaci di diventare modelli e regalare consapevolezze all'umanità intera.
Sull'utlilità necessaria degli eroi aleggia un'atmosfera quasi forzata, richiamata alla perfezione da una citazione del grande Bertolt Brecht:
"Sventurata la terra che ha bisogno di eroi."
Bisogno, necessità ed al contempo sventura.
E' questo il succo essenziale, il riassunto di vite spese all'insegna di un domani migliore.
E' di oggi la notizia che un altro simbolo moderno ritroverà presto, forse, la sua libertà.
Si tratta della leader democratica birmana Aaung San Suu Kyi, nonchè Premio Nobel per la Pace.
Al momento, la sola certezza promulgata dalle autorità birmane prevede la possibilità di partecipare alle prossime elezioni legislative, indette dalla giunta militare per il prossimo 7 novembre.
Potrà votare, dunque, ma con vincoli pesantissimi.
Contando la sua statura morale ed intellettuale ed anche rapportando il tutto alle condizioni del suo Paese, non potrà nè essere candidata nè concorrere per il suo Partito, la Lega nazionale per la democrazia (Ldn).
Elezioni la cui credibilità ed affidabilità vengono notevolmente messe in dubbio, stando soprattutto alle affermazioni fatte giorni fa dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.
Stando alle sue parole, la chiave di vincolo per restituire piena stabilità alle elezioni birmane avrebbe dovuto coincidere con la liberazione prioritaria di tutti i prigionieri politici, Aaung San Suu Kyi compresa:
"Questo è essenziale perchè le elezioni possano essere considerate credibili e per contribuire alla stabilità della Birmania."
Libertà di voto concessa, nonostante il permanere degli arresti domiciliari: tutto ciò per impedire, anche ovviamente, contatti ravvicinati con i suoi sostenitori.
Elezioni che sanno ancora una volta di farsa, visto soprattutto che la Lega Nazionale per la democrazia non potrà presentarsi in alcun modo.
Nonostante tutto, se il buongiorno si vede dal mattino, a quanto pare alla libertà di voto seguirà la liberazione della donna simbolo.
Data fatidica dovrebbe essere il 13 novembre, ad una settimana dal voto; dovrebbe avvenire il tutto "conformemente alla legge."
Le pressioni internazionali hanno forse contribuito in maniera piuttosto significativa, specialmente perchè le autorità al potere si sono rese conto della necessità di dover dare un conreto e tangibile segno di trasparenza.
Jared Ginser, legale di Aaung San Suu Kyi, mostra ancora scetticismo sulla questione:
"Non abbiamo ancora conferme su questo annuncio e ci crederò solo quando lo vedrò.
Il regime ha più volte annunciato la liberazione di San Suu Kyi in questi ultimi sette anni, anche indicando delle date precise, annunci che poi si sono sempre rivelati falsi.
Quindi, aspettiamo a vedere cosa succede."
Il legale non è, a fatti, neppure convinto che la sua liberazione eventuale possa essere sinonimo di miglioramento degli equilibri politici birmani:
"[...] Anche fosse liberata, poco cambierebbe in quel Paese, che è totalmente controllato dai militari e dove non esiste alcuno spazio democratico.[...]"
Nonostante molti e giusti dubbi, sperare dovrebbe comunque essere il comune denominatore per questioni come queste.
O almeno credo.
Magazine Società
La tortuosa strada per divenire eroi conosce deviazioni tortuose e terribilmente rovinose per la vita di un individuo, recluso all'adempimento del ruolo di "simbolo"; tutto fa rima con una vita rovinata per chi, anche senza sceglierlo, diventa degno di ricordo.
Al mondo, nonostante tutto, servono individui speciali.
Esseri umani capaci di siglare nuove dimensioni esistenziali, capaci di diventare modelli e regalare consapevolezze all'umanità intera.
Sull'utlilità necessaria degli eroi aleggia un'atmosfera quasi forzata, richiamata alla perfezione da una citazione del grande Bertolt Brecht:
"Sventurata la terra che ha bisogno di eroi."
Bisogno, necessità ed al contempo sventura.
E' questo il succo essenziale, il riassunto di vite spese all'insegna di un domani migliore.
E' di oggi la notizia che un altro simbolo moderno ritroverà presto, forse, la sua libertà.
Si tratta della leader democratica birmana Aaung San Suu Kyi, nonchè Premio Nobel per la Pace.
Al momento, la sola certezza promulgata dalle autorità birmane prevede la possibilità di partecipare alle prossime elezioni legislative, indette dalla giunta militare per il prossimo 7 novembre.
Potrà votare, dunque, ma con vincoli pesantissimi.
Contando la sua statura morale ed intellettuale ed anche rapportando il tutto alle condizioni del suo Paese, non potrà nè essere candidata nè concorrere per il suo Partito, la Lega nazionale per la democrazia (Ldn).
Elezioni la cui credibilità ed affidabilità vengono notevolmente messe in dubbio, stando soprattutto alle affermazioni fatte giorni fa dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.
Stando alle sue parole, la chiave di vincolo per restituire piena stabilità alle elezioni birmane avrebbe dovuto coincidere con la liberazione prioritaria di tutti i prigionieri politici, Aaung San Suu Kyi compresa:
"Questo è essenziale perchè le elezioni possano essere considerate credibili e per contribuire alla stabilità della Birmania."
Libertà di voto concessa, nonostante il permanere degli arresti domiciliari: tutto ciò per impedire, anche ovviamente, contatti ravvicinati con i suoi sostenitori.
Elezioni che sanno ancora una volta di farsa, visto soprattutto che la Lega Nazionale per la democrazia non potrà presentarsi in alcun modo.
Nonostante tutto, se il buongiorno si vede dal mattino, a quanto pare alla libertà di voto seguirà la liberazione della donna simbolo.
Data fatidica dovrebbe essere il 13 novembre, ad una settimana dal voto; dovrebbe avvenire il tutto "conformemente alla legge."
Le pressioni internazionali hanno forse contribuito in maniera piuttosto significativa, specialmente perchè le autorità al potere si sono rese conto della necessità di dover dare un conreto e tangibile segno di trasparenza.
Jared Ginser, legale di Aaung San Suu Kyi, mostra ancora scetticismo sulla questione:
"Non abbiamo ancora conferme su questo annuncio e ci crederò solo quando lo vedrò.
Il regime ha più volte annunciato la liberazione di San Suu Kyi in questi ultimi sette anni, anche indicando delle date precise, annunci che poi si sono sempre rivelati falsi.
Quindi, aspettiamo a vedere cosa succede."
Il legale non è, a fatti, neppure convinto che la sua liberazione eventuale possa essere sinonimo di miglioramento degli equilibri politici birmani:
"[...] Anche fosse liberata, poco cambierebbe in quel Paese, che è totalmente controllato dai militari e dove non esiste alcuno spazio democratico.[...]"
Nonostante molti e giusti dubbi, sperare dovrebbe comunque essere il comune denominatore per questioni come queste.
O almeno credo.
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