Il termine abandonware è uno dei tanti neologismi, più o meno belli, che sono stati creati sulla base della parola software, fondendola di volta in volta con sostantivi, aggettivi e participi passati:
freeware,
shareware,
spyware, eccetera. Abandonware, nello specifico, è formato da
abandoned e
software e si utilizza per indicare tutti quei programmi (software, per l’appunto) che sono stati “abbandonati” dai loro autori o produttori. Cosa si intenda esattamente per “abbandonati” richiederebbe svariate pagine, per essere spiegato, date le possibili interpretazioni del concetto; sintetizzando molto, però, possiamo dire che un programma è abbandonato quando, per vari motivi, produttori e distributori smettono di occuparsene: perché la casa produttrice è scomparsa, perché le piattaforme su cui quel programma funzionava sono fuori produzione, superate da piattaforme più nuove, o perché generalmente non è più possibile acquistare quel programma. Pensate a tutti quei videogiochi prodotti nei primi anni ’80, per piattaforme che adesso non esistono più (tipo il
DOS), e avrete una buon idea di cosa sia lo abandonware. Per molti aspetti, anche lo stesso DOS può essere considerato abandonware, almeno nella versione
MS-DOS, vista la fine che ha fatto con l’avvento di
Windows: proprio per questo ne troviamo oggi diversi emulatori, come il
DOSBox.
Un programma abbandonato non è un programma libero: è un programma che non interessa più ai proprietari e che, per questo, è stato lasciato in un angolo ad ammuffire. Alcuni abandonware, poi, sono stati effettivamente rilasciati come programmi liberi o, per lo meno, come programmi freeware, ma è solo una piccola percentuale; nella maggior parte dei casi, gli abandonware sono programmi mantenuti in vita da “archeologi” del computer o vecchi appassionati di quei programmi, che li conservano e li scambiano in un limbo tra la legalità e l’illegalità. Le leggi sul copyright sono forse il problema maggiore che ogni appassionato di abandonware si trova ad affrontare: il copyright si basa su tempi biblici, misurati in decenni, mentre il mondo informatico si muove in tempi molto più brevi, dove basano pochi anni per rendere obsoleta qualsiasi cosa. Tra un videogioco dei primi anni ’80 e un videogioco di quest’anno c’è la stessa differenza che possiamo trovare tra l’impero romano e il mondo di oggi, ma compressa in una trentina d’anni. Volendo aspettare la scadenza naturale del copyright, non esisterebbe più alcun modo di utilizzare questi programmi, mentre i produttori (e detentori di copyright) in molti casi hanno scaricato in cantina i programmi già dopo dieci anni dalla loro uscita. Ecco dunque perché il mondo dello abandonware esiste in un limbo sospeso tra legale e illegale: formalmente si occupa di programmi coperti da copyright, ma di fatto questi programmi hanno perso qualsiasi valore commerciale per i loro stessi produttori.
La situazione attuale è dunque questa: esistono vari siti che distribuiscono abandonware, quasi sempre programmi che hanno almeno quindici anni di vita e non si trovano più in commercio (e in molti casi non si trovano più in commercio neppure le piattaforme per cui questi programmi erano stati sviluppati). Questi programmi sono distribuiti o col consenso dei produttori, o all’insaputa dei produttori, o infine nel tacito disinteresse dei produttori. Di tanto in tanto, un programma che era finito nel dimenticatoio dell’abandonware torna in distribuzione, magari aggiornato: in questo caso, i siti di abandonware lo rimuovono dal loro “catalogo”, spontaneamente o su “suggerimento” dei produttori. Un esempio di questo tipo è
Ports of call, un videogioco del 1990 o giù di lì, in cui si simulava la gestione di una compagnia navale: dopo qualche anno come abandonware, i suoi due “padri” hanno deciso di riportarlo in vita in un formato deluxe, aggiungendo un po’ di grafica 3D, ed è così tornato in commercio, smettendo di essere abandonware. Non so quanto successo abbia avuto, ma questo è un altro paio di maniche.
Il sottobosco dello abandonware
Un sito di riferimento per lo abandonware è certo Abandonware the official ring, una specie di almanacco in cui è possibile trovare una raccolta dei principali siti di abandonware, accompagnati spesso da un voto sul loro funzionamento. Il sito fornisce anche una breve spiegazione su cosa sia abandonware secondo il suo metro di giudizio e una FAQ, in inglese, che contiene molte altre informazioni sul mondo dello abandonware, inclusi articoli di approfondimento e alcuni appunti sulla “etica” dello abandonware. Un buon punto di inizio per chiunque fosse interessato.
Home of the Underdogs è stato a lungo il sito di riferimento, in fatto di abandonware: organizzato come un mausoleo digitale, dedicato principalmente al mondo dei videogiochi, per ogni gioco forniva una recensione, un forum di discussione e uno o più link da cui scaricare il programma. Al momento, dopo varie vicissitudini, non include più alcun link diretto, ma rimangono le recensioni e una zona di discussione più o meno attiva. Se volete cercare notizie su un vecchio gioco di cui ricordate poco o nulla, probabilmente è il sito giusto da cui cominciare la vostra cerca: se poi vi bastano titoli e informazioni generali, allora è anche l’unico sito di cui avete bisogno.
Abandonia è un sito ancora vivo e vivace, forse il più importante nel campo della distribuzione di abandonware. Anche qui, come in Home of the Underdogs, i giochi sono suddivisi per genere, ma a differenza di
HotU è possibile scaricare la maggior parte dei videogiochi direttamente dal sito. È in varie lingue, incluso l’italiano, e questo dovrebbe facilitare la vita anche agli utenti diversamente amici dell’inglese.
Se non vi accontentate di scaricare i videogiochi, ma volete anche utilizzarli, allora potreste aver bisogno di un emulatore, dato che molto spesso non riuscirete ad avviarli normalmente; se nel sito non è indicato nulla sul modo di far funzionare un gioco, potete provare con
DOSBox, oppure con
ScummVM, due emulatori in grado di far funzionare parecchie cose prodotte per vecchi computer.