Magazine Maternità

Abbastanza vecchia.

Da Suster
Andare a prendere Mimi a scuola con la piccola nel passeggino, in una giornata di inatteso bel tempo, e, tanto per cambiare, essermi dimenticata il cellulare a casa, mi ha fatto una strana impressione.
Ritornavamo in tre, a passo di bambina, fermandoci di continuo a raccogliere fiori da cespugli e marciapiedi, stupendoci per i disegni delle nuvole e salutando la gru del cantiere, e nemmeno una foto da poter scattare col telefono da condividere con qualche ignoto di passaggio, nemmeno una sbirciata per vedere se mi fosse arrivato un messaggio da qualche amica per organizzare il pomeriggio, neppure una chiamata non risposta.
Eppure non ritengo di essere una tipa particolarmente telefonica e neppure particolarmente "social", possibile che davvero avvertissi tale senso di mancanza?
Mi è parso anche che infinitamente più concentrate sul presente e rilassate dovessero essere le giornate di una qualsiasi donna della mia età che andasse a recuperare la figlia di tre anni alla materna una trentina di anni fa, diciamo pure quando alla materna ci andavo io.
Quando tutto ciò era ben lungi dall'esistere o dall'essere anche solo immaginato in un qualche film su un futuro futuribile.
La cosa mi ha fatto sentire sufficientemente vecchia.
Abbastanza da poter rivolgere ad un ipotetico teen-ager di oggi l'usurata frase, da pronunciarsi preferibilmente col culo su una panchina dei giardini, le mani appoggiate al fidato bastone da passeggio: "Eh! Ai miei tempi!"
Sono abbastanza vecchia da ricordare i tempi in cui capitava che i baristi ti rifilassero ancora come resto un gettone telefonico, anche se non sono abbastanza vecchia da ricordare di averne mai utilizzato uno per telefonare.
Abbastanza vecchia da aver io stessa dovuto usufruire poi, nella mia adolescenza e prima gioventù, della cabina telefonica. Decine di telefonate dal telefono della facoltà ad altrettanti ignoti proprietari di case in affitto, il rumore della moneta che finiva nell'apparecchio a intervalli.
Sono anche abbastanza vecchia da potermi ricordare di quando non esistevano canali tv dedicati interamente ai cartoni animati, e l'audience dei giovanissimi telespettatori allora se lo giocavano le piccole reti locali che nel giro di pochi anni si avvicendavano. Sono abbastanza vecchia da ricordare la sigla di Odeon TV, quella di Junior Tv, e la Posta di Sonia di TRE la tv per tutti e tre, e di quando su Italia1 alle 8 di sera davano l'ultimo cartone della giornata, che si giocava il piatto con il TG1, e vinceva sempre, almeno a casa mia.
Sono abbastanza vecchia da potermi ricordare delle vecchie pubblicità a soggetto dei Sofficini, quelle dove c'era la maestrina, il metallaro, e non so quale altro personaggio, e per "ricordare" intendo fin nelle battute ("Il tuo pranzo, Ferruccio"... "Mamma! Quanto mi siete mancati!"). Abbastanza vecchia da aver seguito col fiato sospeso le disavventure del Piccolo Mugnaio Bianco innamorato dell'enorme (per lui) Clementina.
Sono abbastanza vecchia da ricordare il vecchio logo dell'Algida, quello triste, marrone, senza cuore, e di quando il Twix si chiamava ancora Rider, e il Magnum non aveva ancora rimpiazzato l'insignificante Cremino, l'avvento del Calippo fiz-cola e delle Big-babol ("Sei sempre il più grande, Big!", "Sei sempre il più forte, Babol!").
Sono sufficientemente vecchia da aver potuto passare l'infanzia a scorrazzare con gli altri bambini del quartiere per strada e sotto i portici dei palazzi senza genitori intorno, come fosse normale, ma non abbastanza da averlo fatto senza scarpe ai piedi; abbastanza da ricordare le bancarelle di giochi vecchi improvvisate su teli di stoffa, rivenduti ai coetanei a cento lire l'uno, quando li vendevi.
Sono abbastanza vecchia da potermi ricordare di quando le consolle di gioco funzionavano a cartucce, e ci mettevano un secolo a caricare, e abbastanza da poter dire di aver dedicato svariate ore della mia infanzia a infilare videogames in forma di floppy dentro un Atari (un cosa??).
Lo sono abbastanza da ricordare Jovanotti che cantava a Sanremo No Vasco io non ci casco, e ricordo di aver pensato "Guarda questo deficiente". Uno non gli avrebbe concesso un anno di vita artistica, e invece.
E a proposito di metallari, sono abbastanza vecchia da poter dire che in camera mia tra gli altri adesivi appiccicati sul nostro armadio ce n'era uno che recitava: "Un panozzo per il mio gozzo", e posso dire con orgoglio che anche degli adolescenti di allora la mia opinione di bambina era che fossero degli idioti.
Sono abbastanza vecchia da poter dire di aver ascoltato le Fiabe Sonore e le sigle storiche dei cartoni in formato 45 giri su un piccolo mangiadischi arancione. Abbastanza vecchia da ricordare l'avvento dei compact disk come un miracolo della scienza, e anche che quando ricevetti il mio primo stereo con lettore cd consideravo tutto sommato comprensibile e perdonabile il fatto che funzionasse a fasi alterne, come il prezzo da pagare per una tecnologia avveneristica.
Sono abbastanza vecchia da aver vissuto il periodo buio della Disney, quando al cinema ci portavano a vedere i lungometraggi vecchi di dieci anni perché di nuovi ne usciva uno ogni cinque ed erano del calibro di "Tharon e la pentola magica" e "Bianca e Bernie nella terra dei canguri".
Sono abbastanza vecchia da aver fatto a tempo a sbavare sul Giralamoda e sull'Allegro Chirurgo dei miei amichetti "ricchi", da ricordarmi dei timbrini di Poochie e di Iridella, da aver collezionato i Paciocchini e i Kombattini, gli Exogini, ma non gli Scooby-doo, da aver anche fatto a tempo a invidiare a lungo e segretamente i possessori di un videoregistratore, strumento del Maligno, e a passare l'adolescenza ad affittare VHS da vedere a casa delle amiche prima ancora che aprisse Blockbuster.
Abbastanza vecchia da ricordare che i primi tentativi di visione 3D al cinema si fecero con occhiali dalle lenti rosse e verdi, e naturalmente abbastanza più vecchia dell'introduzione in Italia dei cinema multisala, dell'apertura dei Warner Village e dei Maxi-Multisala nei centri commerciali, abbastanza da ricordare quanto facessero pena i primi esperimenti di animazione 3D computerizzata.
Sono anche abbastanza più vecchia della quasi totalità dei centri commerciali oggi esistenti in Italia.
Sono abbastanza vecchia da ricordare quando lo shopping noi adolescenti dai sabato pomeriggio standardizzati, non lo si faceva nei suddetti centri commerciali, ma principalmente e più semplicemente andando per strada. Abbastanza da ricordare quando lo shopping era decisamente più caro di ora, perché non c'erano tutti questi negozi low-cost in franchising, e infatti io il sabato pomeriggio lo shopping con le amiche lo facevo guardando le altre farlo, o piuttosto non lo facevo proprio.
Sono anche abbastanza vecchia da aver ricevuto una sommaria quanto perfettamente inutile infarinatura di DOS alle scuole medie, abbastanza da non aver avuto la connessione internet a casa fino a, uhm, tre anni fa, ma abbastanza da poter dire che "ai miei tempi" internet non era ancora in tutte le case, anzi, non c'era proprio in nessuna.
Sono anche abbastanza vecchia da ricordare quando al liceo, quei pochi possessori di telefono cellulare erano ancora considerati dei soggettoni. Abbastanza da poter dire che "ai miei tempi" i messaggini in classe te li scambiavi ancora passandoti di mano in mano pizzini di carta arrotolati, e prima dei compiti in classe non dovevi consegnare il cellulare alla prof (immagino che oggi si faccia così).
Sono addirittura abbastanza vecchia da ricordare che persino la prima volta che andai a votare giurerei che non ci fossero cartelli che proibivano l'ingresso con dispositivi mobili, e nessuno neppure ti raccomandava di spegnere il cellulare se andavi a teatro o al cinema.
Sono abbastanza vecchia da sorprendermi ancora in momenti di particolare defaillance mentale a fare i conti in lire, abbastanza da ricordare quando ci dissero che dovevamo comporre sempre il prefisso urbano prima del numero fisso, anche per le chiamate urbane, abbastanza da aver avuto in casa per svariati anni un telefono a disco numerico, abbastanza da ricordare quando per chiamare un amico dovevi prepararti la frase "Sono Tizio, c'è Caio? No? Fa niente, a che ora lo posso trovare?", che a ben vedere si trascina dietro tutta una differente visione del mondo, e della tua collocazione in esso, dell'interno e dell'esterno, del saperti reperibile quando sei in casa, e di doverti andare a reperire il mondo fuori da essa, sapendo che il mondo, finché tu ci stai in mezzo, non ti potrà reperire. All'epoca gli appuntamenti dovevano essere ben circostanziati e ammettevano poche variazioni in itere, se volevano giungere a buon fine.
Sono abbastanza vecchia da ricordare il posizionamento delle prime campane per la raccolta differenziata del vetro come una cosa eccezionale, abbastanza da averne accolto l'arrivo con l'entusiasmo di chi vede profilarsi un'era migliore, con meno sprechi, più attenzione all'ambiente.
Lo sono abbastanza da poter ricordare Tangentopoli e l'avvento della Seconda Repubblica come l'arrivo di una nuova e migliore fase politica, più onesta, più trasparente e giusta.
Lo sono abbastanza da aver studiato a scuola una geografia dell'Europa differente, dove c'erano due Germanie e una sola Jugoslavia, un'immensa URSS e molte meno capitali da ricordare; abbastanza da ricordare di aver guardato in televisione l'abbattimento del muro di Berlino e la guerra nei Balcani, anche di averci scritto un tema su, e di aver pensato che "influenza sovietica" fosse una sorta di pandemia virale da tenere a bada con l'innalzamento di confini laterizi. Ho pensato anche che da quel momento in avanti il mondo sarebbe stato migliore, più libero e pacifico, un mondo dove a ogni Nazione veniva riconosciuta la propria legittima identità di Nazione.
Sono abbastanza vecchia da ricordare quando un cono gelato di tre gusti più panna sufficientemente grande da sfamarti fino all'ora di cena costava milleduecento lire, abbastanza da aver potuto credere con terrore che nel 2000 il mondo sarebbe stato come lo vedevo in Kenshiro, sconvolto da esplosioni atomiche e popolato da giganti mutanti borchiati, abbastanza da considerare il ventunesimo secolo come un futuro lontanissimo e inimmaginabile.
Sono abbastanza vecchia da potermi permettere di concepire riflessioni sagge per quanto riciclate sul fatto che tutto cambia e niente cambia, o che si stava meglio quando si stava peggio (ma peggio di chi? Come? Quando?), e anatemi sulle "nuove generazioni" che non possono sapere, perché non hanno mai provato Hurrà. E se non mordi non ci credi.
Se avete capito meno della metà delle cose che ho scritto, evidentemente non siete abbastanza vecchi (o lo siete troppo!) oppure non avete guardato tutta la televisione che ho guardato io, in quei favolosi e stupidi anni '80.

Test: "Siete abbstanza vecchi?"

Vi dicono nulla le seguenti immagini?
Abbastanza vecchia.
Abbastanza vecchia.
Abbastanza vecchia.
Abbastanza vecchia.
Ricordo anche quando in Italia iniziarono a trasmettere "I Simpson", la famiglia americana cattiva che diffondeva anti-valori e diceva parolacce, e per questo le puntate vennero trasmesse per la prima volta dopo la mezzanotte, fuori dalla fascia protetta, anche se poi avevamo tutti l'album delle figurine perché lo distribuivano fuori dalle scuole (e le maestre ci raccomandavano di non attaccarcele sulla pelle ché la colla probabilmente conteneva eroina e ci avrebbe trasformati all'istante in baby-tossici).
E pensare che ora sono 20 anni che ripetono a ruota tutte le dieci serie del programma, ogni giorno dopo pranzo su una delle principali reti televisive nazionali...
No, dico, pensate quanto vecchia sono.

Abbastanza vecchia.

Non sono io che sono vecchia, è il tempo che passa troppo rapidamente.
(Nonno Simpson e il paradosso di Zenone)



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