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Abbecediscolo - Lettera C (Puntata n. 3)

Creato il 20 ottobre 2012 da Sulromanzo

Abbecediscolo, Lettera C, Puntata 3Case editrici

È sempre colpa loro.
Sullo zerbino c’è scritto Welcome, ma lo si legge uscendo.
La scuola primaria, insegnandoci il corsivo, si è resa complice dell’odierno proliferare di manoscritti, ma Word ha fatto il resto. Non fosse per gli editori poco inclini al miracolo editoriale, le librerie ci avrebbero in vetrina, insieme ai  nostri errori di sintassi. Eppure basta aguzzare l’ingegno per approdare alla pubblicazione, ecco tre casi esplicativi:

***

Case e casi

1) L’incompreso: è l’autore che si affida alla via amicale e parentale, in questi termini: «avevo avuto il contatto di un'amico, che conosceva un'amico, che tramite un suo lontano parente forse conosceva un editore che ipoteticamente avrebbe potuto pubblicarmi» – e per motivi incomprensibili non viene preso in considerazione. Non andrebbe scartato a priori, si sappia! Anche il correttore di bozze deve sentirsi utile alla causa.

2) Mille splendide sòle: i soldi non fanno la felicità e, a volte, nemmeno la pubblicazione. È il caso dell’editore che chiede aiuto all’autore specificando che «nel contributo prendo le spese vive di stampa non CI GUADAGNO». Del resto, è chiaro, «io da editore non pubblicherei mai, per soldi una cagata di libro se deve far parte di una collana con il mio marchio non pubblicherei mai libri che non mi piacciono in cui non ci credo.» I soldi non fanno la felicità, ma provate a pubblicare senza! 

3) L’autore-editore: talmente in gamba da poter fare l’uno e l’altro – spesso con la stessa competenza –, pronto a scommettere tutto sul valore del proprio scritto. In contanti.
Ecco perché l’autore raramente si scoraggia e, se il mondo editoriale gli concede credito, sarà sempre pronto a mettere mano alla carta di credito.
Approdare alla grande casa editrice è, spesso, una chimera, ma, per fortuna, il mondo è pieno di gente pronta a prendersi cura dei nostri manoscritti.
Un esempio pratico? Bravi, ma così bravi che le opere selezionate dalla redazione «verranno proposte a editori convenzionati» e «l’Associazione si limiterà a sostenere la diffusione dell’opera edita». Nel malaugurato caso che bravi sì, ma un po’ meno, «i costi di produzione saranno a carico degli autori stessi, ma saranno limitati alle spese tipografiche». I bravi autori vanno in paradiso, quelli cattivi in tipografia.

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Casi umani

Chi ci crede e chi vuole fartelo credere. Il caso non nasce mai per caso.
Quando è il caso di non insistere, quando il caso umano fa al caso nostro, quando niente succede per caso e quando uno sconosciuto diventa un caso da manuale:

1) E io pago!
L’autore pagante ci crede fortemente, tanto da mandare il proprio libro in giro per il mondo alla ricerca di giudizi incoraggianti. «Tra l’altro scopro che la Madonna, ha inviato lo stesso messaggio (e non siamo a Fatima) a tutta una serie di altre persone che conosco e operano nel settore dell’editoria, per non parlare del suo twitter che pullulava di “minacce” dello stesso tipo. Della serie vuoi il mio libro? Te lo mando! (chissà quante copie ne ha dovute acquistare!)». Il libro è edito a pagamento, ma la figuraccia viene via gratis.

2) Quello che non l’Amanda a dire
L’autore è bravo, ma gli manca qualcosa: la sfiga. Un esempio calzante di questa editoria della scalogna è quello della piccola Amandauna scrittrice giovane, talentuosa e cieca. Peccato non esista, perché sarebbe il caso umano che ogni editore vorrebbe in scuderia.

3) Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo
La malasorte che si accanisce sull’eroe ci rende partecipi della sua sventura: comprare il libro equivale a compiere una buona azione. Se il prezzo è accessibile, sentirsi caritatevoli è davvero un piacere; se il titolo è scontato, è anche meglio.
Thomas Jay è uno scrittore condannato all’ergastolo. Prigioniero di un libro della Fazi, romanzo da cui non può davvero uscire: fuori da lì, il povero Thomas è soltanto una bufala. Qualcuno ha scoperto l’operazione commerciale; qualcuno l’ha gradita, Cazzeggi Letterari ha preferito tagliare corto.

4) E visto che l’abbiamo inventato...
Nell’acquario editoriale, tutti conoscono tutti, o magari no, ma ammetterlo fa sembrare gli ultimi arrivati. Ogni autore ci tiene a farvi sentire di famiglia e in fondo lo siete: comprate i suoi libri e gli apparecchiate la tavola. Ecco perché – e ne siete certi – leggerà con piacere il vostro manoscritto. Il vostro e quello di Madalon. Ehm... chi è Madalon? 
Alla Fiera del Libro di Torino del 2011, Serena Dandini, dopo un attimo di motivato sconcerto, ricorda d’aver letto l’inesistente manoscritto di Madalon; il giornalista Sergio Rizzo confida che il testo è stato di suo gradimento, Lucia Annunziata paragona Madalon a Culicchia, Mauro Corona consiglia di tenere duro («Un libro è come una scopata: bisogna pensare a quella da fare e non a quella fatta»). Per Moccia, Madalon è un grande senza ombra di dubbi, mentre Faletti non si sente d’elogiare un aspetto particolare dell’opera del fantomatico esordiente. Fassino e la Mazzantini ricordano l’autore rampante, ma non vanno oltre, De Cataldo riesce a fare di meglio: «Tu hai un tuo mondo di riferimento, lo racconti in maniera autentica, c’è qualche parte tipica delle opere prime, ansia di metterci dentro tutto, non ti devi nascondere e riservare niente per domani.» Solo Neri Marcorè spicca per serietà. Già, ma lui fa il comico.

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Copiare

Tributo personale ad autore ignoto.
L’abbiamo imparato alle elementari e non siamo più riusciti a smettere: copiare aiuta a vivere. E a scrivere. È una sorta di cooperazione, l’importante è che il collega da cui prendiamo spunto ne sia all’oscuro.
Umberto Eco insegna («Su questo aspetto, non bisognerebbe drammatizzare: in fondo, copiar bene è un’arte. E nemmeno facile.») e mette in pratica.

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Copie per uso personale (vedi: Editori a pagamento)

In fondo che c’è di male? Acquistare il proprio libro – qualche centinaio di copie, tanto per levarsi il problema dei regali natalizi – non è come pagare la pubblicazione. Gli editori lo sanno bene, ecco perché ci tengono ad avervi in scuderia, assieme alle altre renne.


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