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Abbiamo intervistato il giornalista Archimedes Espinoza a proposito del Venezuela post Chavez

Creato il 08 marzo 2013 da Vittorionigrelli @vittonigrelli

Archimedes Espinoza è un giornalista venezuelano che vive da pochi anni a Milano.

Siamo entrati in contatto casualmente durante il periodo delle elezioni venezuelane, quando cercavamo di fare chiarezza sui brogli di Chavez contattando decine di scrutatori che pubblicavano centinaia di documenti sui risultati.

Oggi Archimedes ha concesso nuovamente un’intervista a TheTweeter, dopo che gli abbiamo chiesto di parlare delle prospettive del Venezuela nel periodo post-Chavez.

Abbiamo intervistato il giornalista Archimedes Espinoza a proposito del Venezuela post Chavez

Morto Chavez, qual è il Suo bilancio di quest’Era?

Dopo questi 14 anni di governo dobbiamo renderci conto del percorso fatto da Chavez. Prima era un militare e vinse le elezioni nel 1998, tramite un procedimento elettorale che il Venezuela instaurò nel 1958, dopo quasi 150 anni di lotta militarista. Nel 1958 avevano prevalso i valori democratici come l’equilibrio tra i diversi poteri, l’alternanza dei governanti, la libera elezione dei rappresentanti del popolo. Fu il momento in cui si partì e si prese la strada per diventare una nazione moderna e progredita.

Raccontata così sembra che prima fosse un paradiso. 

Non era così, in effetti. Tutti i paesi democratici arrivano a un momento di crisi istituzionale: dopo 40 anni di democrazia rappresentativa c’era bisogno di cambiare e modernizzare.

Arrivò Chavez, una sorta di Berlusconi o Beppe Grillo ante litteram.

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Berlusconi e Grillo non hanno tentato colpi di Stato prima di farsi votare. 

Vero, ma come loro prometteva tantissime cose, vi aggiungeva un carisma straordinario e il trionfo non si fece attendere.

Una volta preso l’incarico, corse da Fidel Castro per farsi guidare e suggerire; questo portò una parte della popolazione ad abbandonare la speranza di cambiamento.

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Tuttavia il suo discorso attirò chi era povero ed escluso, con un messaggio socialista che pur non essendo nuovo lui ha riproposto e fatto crescere come nessun’altro.

Divenne un capo carismatico, una “caudillo latinoamericano” pieno di libretti degli assegni grazie al petrolio, sotto il suo controllo nel nome del “Socialismo del Siglo XXI”.

Oggi il Venezuela non è una democrazia. Tutti i poteri pubblici sono dipendenti dal partito di governo, cioè fino a ieri, di fatto, direttamente da Chavez.

I PM, i giudici, i deputati li nominava Chavez, così come i vertici dei posti di comando militare e  i membri della nostra Corte Suprema; tutti permettevano quindi a Chavez d’agire e d’usare il denaro pubblico a suo piacimento, favorito dai prezzi dei barili di petrolio, più alti che mai.

L’unica cosa quasi democratica che resta sono le elezioni, ad oggi l’unica strada per lottare in maniera civile contro un governo quasi militare che ha tutte le risorse in mano (durante le elezioni l’avversario doveva confrontarsi non tanto contro Chavez, quanto contro tutto lo Stato chavista, che lo favoriva in ogni modo, per esempio permettendo a Chavez di fare i propri discorsi a reti unificate).

Oggi abbiamo una nuova costituzione, un nuovo nome, una nuova bandiera, tutto fatto ad hoc per dimostrare che una sola persona era necessaria per il Paese, quella che offre e regala case come se fosse un padre che dà a chi gli fa tenerezza (più spesso chi lo adula meglio degli altri; per esempio qualche tempo fa regalò una casa a una persona che aveva scritto un tweet particolarmente bello dedicato al “Presidente”).

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Non ci sono più delle istituzioni adatte per assistere la popolazione, perché qualsiasi cosa che potesse portare consenso finiva nelle mani di Chavez (come dare case a caso a un cittadino, convincendo gli altri che finché c’era lui, anche loro potevano essere fra i fortunati).

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Come giudica il socialismo propagandato da Chavez e dai suoi alleati in Sud America?

Il Socialismo del Secolo XXI non è altro che approfittarsi di tutto il vantaggio che offre la democrazia (il fatto che si possa convincere la popolazione ed essere eletti sulla base di slogan populistici e balle invece che grazie a programmi seri) per arrivare al potere e cambiare tutto quello che serve per… rimanere al potere. Così ha imparato a fare e ha fatto Chavez e così hanno imparato e hanno fatto Evo Morales, Rafael Correa, Daniel Ortega e Cristina Kirchner.

Abbiamo intervistato il giornalista Archimedes Espinoza a proposito del Venezuela post Chavez

Parliamo invece dei contatti di Chavez al di fuori del Sud America.

I suoi amici sono quelli che sono opposto all’impero degli Stati Uniti: Cuba, Iran, Russia, Bielorussia e così via. Tutti sono arrivati al secondo mandato e vanno per il terzo.

Sono stati sollevati dei dubbi sulla morte di Chavez, Lei cosa ne pensa?

Quest’uomo è morto di cancro, di una malattia forse curabile in posti che non fossero Cuba, ma i particolari della malattia di un dittatore sono sempre avvolti nel mistero.

Non c’è certezza su quando sia deceduto Chavez. Fonti cubane dicono che è successo il 5 Marzo.

Perché ritardare l’annuncio?

Il tempo che intercorre tra la morte e la notizia ha permesso di far conoscere il sostituto, quello che lo stesso Chavez ha suggerito, cioè Nicolas Maduro, il suo uomo di fiducia, molto legato con l’Havana.

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Qual è la sua opinione su Maduro?

La Costituzione ribadisce che quando muore il Presidente chi lo sostituisce è il Presidente del Parlamento, oggi Diosdado Cabello, un uomo con abbastanza contatti con i militari da essere l’alleato di Chavez nei due falliti colpi di stato che hanno preceduto la sua vittoria alle elezioni; lui però è meno affidabile per l’Havana.

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Diosdado Cabello

 

Adesso si sono accordati per la transizione ma sono molto diversi e insieme non hanno la metà del carisma di Chavez. Di fatto saranno le due forze che lotteranno per controllare la fazione più forte al momento.

Quello seguro è che Maduro sarà candidato alle prossime elezione fra 30 giorni, e loro lo mettono Presidente perché così può approfittare dei vantaggi della carica in vista delle elezioni, insieme alle risorse pubbliche.

Ok, questo per la fazione chavista. Chi guiderà l’opposizione?

Sarebbe difficile scegliere un candidato diverso da Capriles, il quale ha il 70% dei consensi all’interno dell’opposizione. Sarà difficile vincere in condizioni come queste, con le reti televisive e i giornali tutti dalla parte del governo, tuttavia non restano altre strade.

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Quali sono i principali problemi del Venezuela ora?

Il Venezuela è stato lasciato in pericolo, e con la difficoltà di confrontarsi con le nazioni democratiche. Questo a causa del discorso belligerante e polarizzante di Chavez, che inculcava odio e rancore per l’Occidente e poneva delle divisioni nette tra i buoni (loro) e i cattivi, ovvero chiunque avesse opinioni diverse e non fosse d’accordo con loro.

Rimane un popolo orgoglioso di essere povero, con l’illusione di avere il potere e di comandare il Paese

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La nazione è rovinata, con alto debito in crescita, con un’inflazione tra le più elevate al mondo che impoverisce tutti, sempre più dipendente dal petrolio poiché quasi tutte le aziende capaci di produrre qualcosa sono state nazionalizzate, e controllate malissimo dal potere pubblico, quindi mandate in bancarotta, trascurate oppure chiuse. E se non vi sembra abbastanza, il Venezuela ha un dei più elevati livelli di criminalità e sequestri nel mondo.

Restano i vertici dell’oligarchia, compresi amici e parenti dei capi che hanno accumulato ricchezze immense tramite la corruzione. Secondo le Nazioni Unite il Venezuela è diventato il principale fornitore di droga in Europa.

Abbiamo intervistato il giornalista Archimedes Espinoza a proposito del Venezuela post Chavez

 

Otto tra i più importanti uomini del governo Chavez sono stati segnalati dal Ministero del Tesoro americano come trafficanti di droga, compresi il ministro della Cultura e quello della Difesa.

Un suo giudizio finale, in poche parole, sull’operato di Chavez?

E’ stato un peccato che un uomo del genere abbia avuto la possibilità di controllare una nazione con grandi risorse, una buona produttività e la possibilità di entrare a far parte delle grandi nazioni emergenti e l’abbia condotta invece sull’orlo di un baratro, forse senza possibilità di ritorno.

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Grazie dell’intervista, e a fra 30 giorni!

Grazie a te, buona fortuna.

Vittorio Nigrelli



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