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Abbracci

Da Fishcanfly @marcodecave

Io penso che al principio fu l’abbraccio, non il verbo.

Fu il raggiungersi, il toccarsi, il fondersi e confondersi. Materia spinta verso altra materia, il desiderio della collisione.

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Quindi immagino il mondo come l’eterno perpetuarsi di questi moti d’incontro e sospensione nel caldo abbraccio della creazione.

Ed è così che guardo il mare, che si ritrae, ostinato, per poi tornare e restituirsi alla sabbia nella stretta della loro tacita unione, senza che lei, la sabbia, lo rimproveri mai dell’abbandono.

E’ così che guardo la terra aggrapparsi al cielo con le mani, disperata perchè lo sente volare via, e guardo il cielo, a sua volta tirato in alto dalle stelle, dividersi con dolore, strapparsi, lacerarsi, pur di non lasciare né lei né loro.

E’ così che guardo il vento, che spira da ogni direzione e si arrotola intorno alle foglie secche dell’autunno, le circonda, le trattiene, le fa ballare e poi le lascia, incapace di legarsi per sempre ad una sola di esse.

E gli abbracci, nel mondo come lo vedo io, sono dappertutto e tutto diventa abbraccio, anche le mie parole, che se ne stanno accucciate tra i pensieri finché sono bambine, finché non decidono da sole che strada prendere.

Ma l’abbraccio che più di tutti secondo me riempie questo mondo che io vedo, e gli dà fiato, è quello degli esseri umani, che si abbracciano come se da quella stretta traessero la vita, come se solo così riuscissero a spiegarsi il dolore di esistere.

Ed essendo anch’io così tanto umana, ho abbracciato tanto e tanto continuo ad abbracciare, ad arrendermi al contatto con una pelle altra, con un respiro che respira fuori da me. E mi piace abbracciare tanto quanto amo farmi abbracciare, ogni volta diversa io e diverso lui – l’abbraccio – diverso il luogo, diverso il tempo, diverso il peso.

Mi piacciono i miei di abbracci, perché posso morderli, ma mi piacciono anche quelli degli altri, quelli che mi capita di vedere nelle stazioni, dati così, in piedi e con le valige a terra, o quelli che abbondano fuori dalle scuole e che finiscono sempre con una risata e uno zaino gettato sul marciapiede.

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I miei preferiti?

Beh… quelli solo immaginati, quelli che si desiderano a lungo prima di ottenerli, quelli di cui si pensa di conoscere il sapore fino a un minuto prima di assaggiarli, per poi scoprire che la realtà, come spesso accade, è molto più gustosa della finzione.

E poi ci sono quelli che non riempiono mai e ti tormentano la notte col ricordo, col profumo, e senti che devi averne ancora e ancora. Perché quegli abbracci lì hanno il potere di attaccarsi molto più dei baci, perché parlano con tutto il corpo e lasciano il segno indelebile delle mani sulla schiena.

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Insomma, non siate avari di abbracci, datene e prendetene, da chiunque, anche da chi, con un cartello al collo, ve li vuole regalare per la strada.

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Pretendeteli da chi ve li ha promessi, e regalatene a valanga a chi vi ha fatto capire che ne ha bisogno.

E apprezzate chi ha avuto il coraggio di chiedervene uno, e anche chi ha avuto la sfrontatezza di chiedervene tanti, come chi continua a chiedervene sempre.

E non dimenticate mai i vostri primi abbracci e i vostri ultimi, perché sono importanti,

ma ricordate che a volte i migliori si celano nel mezzo.

 Vi abbraccio tutti,

Smartiesdimare



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