È il 1993. Ti chiami Alan Moore e stai per compiere quarant’anni. Qualcosa, nel tuo percorso culturale e di vita ti spinge a determinare che, proprio nel giorno del tuo compleanno, dovrai assurgere a un nuovo ruolo.
Oltre a narratore, musicista, scrittore, aggiungerai ai tuoi talenti quello di sciamano.
Dici in giro di avere richiamato sul nostro piano –nella dimensione insomma – un demone serpente, dio della creatività e cose del genere. Lasci questo discorso in sospeso o dici che sei stato frainteso, ma è comunque uno stratagemma pratico, per far capire, forse, quali sono le tue intenzioni creative per i giorni a venire.
Sì perché lo sciamanesimo come lo intendi tu, non collima con l’idea egoista culturale degli ultimi secoli in cui, consapevolmente o meno, ogni persona del creato si immerge. Vale per ogni comune mortale: più conosco, più mi trincero nelle mie conoscenze.
Lo sciamanesimo che hai recepito vuole che questa tua conoscenza sia condivisa, che afferri l’animo di chi ti sta attorno e che costoro ne siano partecipi. Ecco perché, da quando hai intrapreso questo percorso non puoi fare a meno di pensare che altri debbano parteciparvi e questi fantomatici altri sono rappresentati dal mondo a cui riesci ad arrivare con estrema facilità. Si tratta di un pubblico piuttosto vasto che ti segue attraverso ogni peregrinazione creativa; che si tratti di romanzi, di musica o poesia poco importa, ma è soprattutto attraverso la narrazione fumettistica che decidi di dare libero sfogo a questo nuovo percorso.
Una copertina della serie America’s Best Comics “originaria”, pubblicata tra il 1942 e il 1949
E’ la fine del ventesimo secolo, quale momento migliore per accettare la proposta di quel Jim Lee fondatore della Wildstorm, che ti chiede di metterti alle redini di una nuova linea editoriale per la quale ti lascia –in ogni senso- campo libero?
L’idea mistica che ti frulla per la testa è il perno su cui deve ruotare questa nuova impresa: ogni cosa di queste tue opere, e di quelle future anche estranee a questo nuovo lavoro, prevede che ogni elemento della narrazione sia calibrato, commisurato, disegnato nel giusto modo, affinché l’immersione nel percorso magico per il fruitore sia perfetta e totalizzante.
La prima persona che contatti per entrare a far parte della crew, per quanto possa apparire assurdo, è Todd Klein, grafico e letterista dalle idee visionarie, vincitore di numerosi premi, a cui chiedi di occuparsi dell’aspetto esteriori degli albi, della loro grafica di copertina e del logo che deve distinguere l’etichetta nell’affollato mondo delle fumetterie.
America’s Best Comics, ecco il nome dell’etichetta, ed ecco l’idea che vuoi proporre al pubblico: storie che suggeriscano il gusto dei comics del passato senza, peraltro, risultare nostalgici. Riportare in auge quel sense of wonder di cui si era persa traccia nei decenni passati attraverso le varie decostruzioni dei miti fumettistici.
Personaggi resi alle volte fin troppo umani ed estremi in questo loro essere, hanno allontanato il lettore dal mondo dei sogni. E’ questo che pensi.
La tua non vuole essere una operazione nostalgia, ma molto di più.
Già il nome della linea editoriale avrebbe richiamato o ricondotto, alla memoria le vecchie storie di un tempo, con la loro genuinità e il senso di meraviglia che è andato estinguendosi.
In più, riassumendo il nome nell’acrostico ABC, avresti subito condotto inconsapevolmente i lettori nel percorso magico iniziatico a cui anelavi.
Ma le tre iniziali così allineate erano già sfruttate da un’altra piccola etichetta, e per molti americani quella associazione alfabetica si riconduceva a un canale televisivo.
Todd Klein si concentrò a lungo per la realizzazione del logo: passò dapprima attraverso una piramide sulle cui facciate fossero visibili lettere A e B. Ci lavorò un po’ su, ma la cosa non lo soddisfaceva.
Bisognava pensare ad altro: per restare a capo dell’alfabeto la connotazione grafica doveva risultare unica e ovviamente magica e fu quel che avvenne, la lettera A di America’s si fuse con una stella trasformandosi in una sorta di pentacolo aperto. Aperto alle contaminazioni, aperto alle idee, aperto alla magia.
Quando ci si immerge nella lettura di queste storie non si sa davvero cosa aspettarsi.
Se l’operazione nostalgia a suo modo risulta evidente, ma non pedante, si viene presto travolti da uno slancio visionario e sognante, lo stesso che caratterizzava le strisce dei quotidiani e gli albi su cui facevano le loro apparizioni eroi oggi classici come Superman.
Non si tratta di una operazione di rinverdimento o di rinnovamento; non si tratta di dare nuovo lustro a qualcosa di conosciuto, quanto di recuperare la bontà dei classici dimostrando come questi non siano migliori, ma non smettano mai di raccontare.
Semmai li immerge in scenari differenti la cui unica somiglianza col passato è nel gusto, che è simile ma non lo stesso.
Moore cerca di mettere una certa distanza tra i personaggi moderni, che dagli anni ’80 si son fatti più cupi e tormentati, con l’alibi della ricerca di una maggiore aderenza alla realtà, riformulando la ricetta. E un po’ come le ricette delle nonne che erano semplicemente “un po’ di questo e un po’ di quello” senza niente di specifico, trasforma storie, personaggi e avvenimenti in qualcosa di classicamente nuovo.
Tom Strong è il Super Uomo dell’oggi che cerca di risolvere tutto prima con l’ingegno, nonostante la sua grande forza fisica, le sue contraddizioni e nonostante la rettitudine; Promethea è la guerriera portatrice di un messaggio d’amore vero così come lo era l’epigona Wonder Woman; Top Ten è il supergruppo in una realtà fatta di supers; la Lega degli straordinari Gentlemen è il vero mantenimento delle promesse narrative e le Tomorrow Stories sono i racconti nei quali Moore si diverte a sperimentare e –passatemelo – a cazzeggiare un po’.
Storie e personaggi diversi tra loro, che convivono in uno stesso universo narrativo tuttavia non così stringente: le avventure di ogni personaggio sembrano avvenire distanti l’une dall’altre.
In quale modo però questa distanza si definisca non è chiaro –anche perché i personaggi s’incontrano, specie nell’armageddon finale che porta a compimento l’universo ABC.
Questa eterogeneità nei contenuti la ritroviamo anche nella squadra che i contenuti li ha messi insieme: non c’è nesso, tantomeno somiglianza di stili tra i vari disegnatori o coloristi, che si firmano co-creatori delle varie testate.
ABC rappresenta la riuscita di uno sforzo creativo il cui scopo è quello di riunire i motivi, più disparati, per cui ci piace leggere fumetti: disegni e parole che si inseguono e si uniscono, offrendoci una visione su quel mondo di sogno da cui non vorremmo mai essere abbandonati.
Fine prima parte
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