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Abdicazione di Vittorio Emanuele III – 9 maggio 1946

Creato il 09 maggio 2014 da Marvigar4

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Umberto-II

   L’Italia non poteva aspettarsi un re che sostenesse l’intero paese nell’opera annosa di consolidamento del processo di unificazione e sviluppo, non poteva perché Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia accettò obtorto collo di salire al trono dopo l’uccisione del padre, Umberto I, caduto a Monza il 29 luglio 1900 sotto i colpi dell’anarchico Gaetano Bresci; poi perché sotto il suo regno una già traballante nazione veniva trascinata in due guerre mondiali, dalle quali ne uscì a brandelli; e ancora perché in seguito alla marcia su Roma dei fascisti, 28 ottobre 1922, consegnò questa povera patria a Mussolini e ai suoi squallidi e balordi seguaci, che la tennero in ostaggio per 21 anni facendole toccare il fondo e disonorandola definitivamente con le leggi razziali del 1938, firmate proprio da Vittorio Emanuele III; infine perché dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 del territorio italiano fu fatta carne di porco, da parte dei tedeschi e anche degli Alleati, grazie anche alla sua miseranda e attivissima ignavia.

   46 anni di regno che pesano ancora oggi come un macigno. L’eredità di quel periodo storico ce la porteremo addosso finché l’Italia non si deciderà a farla finita con quell’atteggiamento culturale perniciosissimo, inaugurato e consolidato sotto la “guida” di Vittorio Emanuele III. L’arte dell’arrangiarsi, del temporeggiare, dell’asservirsi a questo o quel gruppo di potere (strutturale e sovrastrutturale, ossia paese, religione o disegno politico e economico altrui), del non crescere mai in attesa di un’improvvisa, miracolosa impennata, del piccolo o grande compromesso, del vivacchiare sistemandosi in una poltrona (in due parole, del cerchiobottismo e panciafichismo, termini promossi da Mussolini, il quale ben conosceva e ben incoraggiava questo comportamento)… Ecco cosa è stato e cosa ha rappresentato Vittorio Emanuele III nei 46 anni del suo regno: un piccolo, abulico personaggio catapultato nell’agone politico e sprezzante verso sé e verso gli altri, un distonico che assunse il potere e si circondò di altri distonici per avere un minimo di complesso di superiorità. Il risultato non poteva che essere il disastro che abbiamo ereditato e non siamo ancora riusciti a risolvere.

   Nel frattempo siamo passati a un regime repubblicano, democratico, ma quei due anni, otto mesi e un giorno in cui Vittorio Emanuele III ha fatto le bizze rifiutandosi di abdicare, aiutato in questo da numerosi personaggi politici italiani, sono la base su cui si è fondata la “nuova” Italia, nata già vecchia e decisa a non morire mai per poi rinascere sul serio. Da quel 9 maggio 1946 il nostro paese ha fatto numerosi lifting, si è trapiantato i capelli in testa, non ha mai accettato la propria decrepitezza (in questo Berlusconi incarna perfettamente l’unica vera ambizione italiota, ossia rimanere eternamente moribondi). Tutto ciò che puzza di progresso e di evoluzione lo abbiamo innestato come un corpo estraneo, puntualmente rigettato da un organismo cronicamente putrido. Possono passare gli Alleati, gli americani, i papi, i banchieri teutonici, ma noi, imperterriti, restiamo sempre fedeli al pronipote del Re Tentenna…

Marco Vignolo Gargini



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