Ricevo da Narda Fattori e pubblico volentieri, ringraziando l'autrice.
Abele Longo, Reversibilità, Edizioni ATd’ O – Neobar
I libri si scrivono perché siano letti e vogliono rappresentare uno spaccato del sentire personale in un tempo, in un luogo. Ma la scrittura, Cassandra inascoltata, è multiforme, inafferrabile, sgusciante : fra le dita restano solo frammenti del lungo discorso che la agita; la poesia soprattutto gode di questo statuto di ambiguità, di spregiudicatezza, di salvataggio all’ultimo istante prima della caduta delle lettere sul foglio… e di reversibilità.
La buona poesia, dunque, è un concentrato semantico, talvolta ossimorico, ha visioni nette da analisi al microscopio e altre che trasvolano senza confini territori estremi, mai estranei, però.
La reversibilità nasce dalla capacità di farci intendere il senso celato, contrapposto , forse solo immaginato, come la faccia oscura della luna.
Anche l’oggetto – libro che contiene le poesie è ibrido: molti versi, illustrazioni infantili, riproduzione di quadri. Buona parte della reversibilità risiede nei disegni infantili della figlia del poeta, qui assunti non a ornamento e corollario, ma portatori di un loro semantema autonomo, aspro e felice nello stesso tempo. D'altronde anche la vita ha queste caratteristiche e i disegni ne mostrano la consapevolezza. E se il padre si sgrava dei pesi, il figlio glielo permette o se li assume?
Il libro è ibrido anche per la pluralità dei temi che affronta: la bellezza della natura, l’ingiustizia sociale, il dolore dell’uomo e di tutte le creature, l’assenza di comportamenti compiutamente etici,..: l’uomo , argilla manipolata, porta in sé la fragilità della materia da cui è stato tratto e anche quella impervia categoria della consapevolezza ( a sua immagine e conoscenza – di Dio- afferma la Genesi). Si leggano questi versi:” Lo sposo in chiesa stringeva/ le palline del rosario./ Aspettava la falena/ sotto il lume del calvario.” le asperità tutte sono presenti: le preci ( rosario), la sposa- falena che si avvicinerà fino a bruciarsi le ali al lume del calvario, dove il calvario non è certo causato- auspicato dallo sposo ma è preesistente, è nella natura della vita.
Il pessimismo cosmico, se così vogliamo chiamarlo, ha un suo contrappunto felice in attimi di felice innocenza, quando la vita non ha ancora presa certa .
L’angoscia si stempera nella possibile reversibilità, nella taciuta speranza che qualcuno, ancora innocente ne sia esentato.
La incisività del dettato di Longo trafigge senza far male quasi che travasasse un contenuto suo in un contenitore altro perfettamente adattato; è un grande merito perché avvicina alla poesia anche chi questa tipo di poesia non ama; i versi si fanno strada senza sangue, con taglio netto anestetizzato non da sostanze estranee ma per loro intrinseca qualità. Raramente usa stratagemmi retorici per richiamare l’attenzione o per épater le bougeois; non mancano anafore di tipo rafforzativo, né versi ironici, che invitano al sorriso ( amaro), qualche accostamento sarcastico e inconsueto, intere poesie intrise di perplesso stupore. Alcune poesie possono essere accostate a dei calembour, ma mai scadono in giochetti verbali.
E’ un volume che merita di essere letto. Apre la mente, senza dolore.
Narda Fattori
La linea
La linea che mi separa dal prima,
dagli anni per inerzia dissipati,
viene nei momenti meno opportuni
a cercarmi, e sui piedi s'accuccia.
Confonde il suo far finta di niente,
sembra dire ignorami, parla pure,
fa' credere che sai il fatto tuo
che alla sconfitta non segue la resa,
tanto io lo so e ti voglio bene
e mai ti lascerò per un istante.
Se soltanto avessi un po' di coraggio,
boa intorno al collo, ti squarterei
il ventre, ma scivoli via scaltra,
solerte cintura dei pantaloni,
sognante ricamo dell'orizzonte.
Fondali
Eclissi di sagome in fila
vicoli chiusi torri d'avvistamento
e sempre un piccione ogni volta
che lavo la macchina aspetta
(e il cigno che mi assale in bicicletta)
nel punta in cui converge il sonno di un altro
non il disgraziato che si perde
passa il testimone nel dormiveglia
ma qualcuno che continua a dormire
mentre io trattengo il respiro
un altro me stesso che resta
al di qua della cartapesta
L'angelo del gel
Se solo il pennuto avesse intuito,
mentre toglievi lacrime pungenti
e rinsecchite dalle ciglia finte,
la tua volubilità, quell'estetica
forgiata dalle suore, I'abbandono
concitato nell'atto del dolore,
si sarebbe fatto un mezzo bicchiere.
Eccolo invece etere che singhiozza
dopo aver assistito al tuo sconcerto
,
al ribrezzo di vederti di fronte
alucce rade ed ispide di gel.
Cupido e I'arpione
Non si può fare a meno dell'amore,
oltrepassa I'impaccio dei silenzi,
gli attimi di sconforto.
Mi chiedo pero come pub succedere
che a un certo momento uno dei due
dice non ti amo più,
e prego per quelli che si innamorano
alla nostra età e si pisciano addosso
perdono peso e trovano le ali,
prima che come in sogno si risveglino
con una testa enorme spelacchiata,
che se non è l'arpia è il suo maschio
Se dio esistesse
Se dio esistesse gli consiglierei
di non esistere che a niente serve
essere unico e perfetto senza
neanche uno straccio di donna 0 uomo
che versino di vino nel bicchiere,
giocare solo a scopa con il morto
quando fuori scatena un uragano
e tutti che ti chiamano.
Nino e Federico
Immagino una pacca o una carezza
dopo aver inseguito insieme delle note.
Un'intesa che a Nino
non riuscì nemmeno con Luchino
ma che con Federico accanto
diventava un'alchimia quanta
quella che unisce il cielo al mare,
le dita allo strumento, le foglie al vento.
L'uomo triste
Mettiamolo sopra i tombini
semaforo di cortei funebri,
espressione afflitta di chi pensa
(tanto sappiamo cosa pensa).
La barba lunga sotto la calura,
gli scarpini con i calzini.
Sottovoce: prova a volare via
dal teatro di questi due birbanti,
aquilone a strisce sui cielo
di Palermo, uccello che si dirige
verso le spiagge di Mondello.
Sensale
Niente di più italico del sensale
mestiere più antico delle puttane
prima forma di baratto in natura
carne viva per scarti di maiale
figli di preti e baroni trattarono
sorelle e figlie con gli americani
uno I'ho visto io che bestemmiava
I'untore durante I'estrema unzione
indicava nel suo biascicamento
qualcuno da rifilare al padreterno
sfurnò il piano al suono delle campane
quando il predestinato salutò
erano anni belli e non lo sapeva
una yashika in mano a primavera
Tristizia
la certezza di essere più su di un altro
la parola negata come segno
d'inasprimento a vita
veniva a scuola con un occhio nero
la maestra che ci parlava di civiltà
marito fabbro poeta in vernacolo
padre che sotterra la pensione
affoga i cani nel pozzo
immondi lo siamo sempre stati
secondo un modello nato altrove
inclini per natura al buonumore ,
a chiudere con buona pace di tutti
cade una neve lenitiva
sulle vene trafitte della terra