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Abitante, cittadino o cliente?

Creato il 23 giugno 2009 da Andreaant54
I recenti scandali che riguardano il capo del governo italiano, lasciando da parte le implicazioni morali o partitico-politiche, mettono bene in chiaro una mentalità, ormai generale e consolidata che sta, a mio avviso, alla radice di gran parte della problematica ambientale: tutto è merce. Ad esempio, nel caso di cui sopra, i corpi delle donne (ma anche degli uomini) che chi può permetterselo, può acquistare per un effimero godimento. Ma anche ogni bene comune: acqua, aria, beni naturali, il territorio, il paesaggio e ogni cosa che può essere accaparrata da qualcuno per il proprio tornaconto economico e di potere.
Così capita che a Macerata un consigliere comunale propone per alleviare la crisi dei commercianti del centro storico, di liberalizzare il traffico automobilistico e il parcheggio: libera auto in libera piazza (o via). Un'idea come tante? Non propriamente perché dietro questa proposta (per niente nuova e innovativa tra l'altro, anzi l'unica che i commercianti hanno saputo elaborare negli ultimi decenni) c'è una visione (angusta e miope a mio avviso) del mondo.
Prima di tutto già ora a Macerata si circola e si parcheggia dappertutto ad ogni ora del giorno e della notte. Anche volendo non si capisce quali altri ulteriori posti potranno essere aggiunti a meno che non si voglia parcheggiare su tutta la carreggiata (a Corso Cavour ci siamo vicini). C'è forse un'unica via a Macerata centro storico dove le auto circolano poco ed è via Garibaldi che, guarda caso, è sempre colma di gente. Piazza Annessione, ad esempio, pur utilizzata in gran parte a parcheggio, è sempre piena di gente, specialmente di studenti. Questo però, a qualche commerciante di via Garibaldi, sembra dare quasi fastidio poiché a tutti questi "utilizzatori" della via non corrisponde un evidente incremento degli affari: la gente passa ma non compra. Allora il problema è diverso e riguarda forse di più la tipologia di negozi presenti nel centro storico e il tipo di prezzi che vi vengono praticati, piuttosto che il libero accesso automobilistico.
Ora proporre di utilizzare gli spazi urbani per definizione "pubblici" a libero parcheggio significa di fatto privatizzarli, a favore di una o poche categorie che, traendone profitto, li trasformano di fatto in "merce". L'ulteriore paradosso sta però nel fatto volutamente sottaciuto che il costo di tale merce competerà non a chi ne trae profitto, ma ai cittadini che mantenendone la proprietà nominale, pur essendone espropriati nell'uso, dovranno far fronte con le tasse (chi le paga) alle spese di gestione e manutenzione del tessuto urbano e delle sue strutture. Un bellissimo esempio di come si può privatizzare i profitti socializzando le perdite o, in termini più economici che politici, di esternalizzazione dei costi.
Ora se una tale proposta appare ai più ragionevole ed accettabile è perché negli ultimi anni si è definitivamente conclusa una mutazione antropologica: l'abitante (habitus - habitat è sia ciò che si è, sia quali relazioni si intrecciano con il mondo che ci accoglie e ci fa vivere) è diventato un semplice residente e, in ultimo, da cittadino si è trasformato in anonimo cliente. La città, infatti, non è più l'inestricabile insieme di edifici, vite umane e socialità, ovvero la matrice grazie alla quale l'individuo si fa cittadino responsabile e consapevole (l'aria della città rendeva liberi) ma solamente un banale aggregato di rendite immobiliari da "valorizzare" economicamente. Non si riconosce più alla città, frutto di un'incessante evoluzione organica millenaria, una sua propria e irripetibile identità, non alienabile, ma il suo motivo d'essere è riduttivamente: se produce profitto. Ovvero una merce come tante altre. Le merci sono fatte per essere consumate, acquistate e vendute; i valori sono fatti per essere condivisi e scambiati. Qui sta il punto fondamentale di discriminazione, che rende incommensurabili le due visioni del mondo: il mondo merce o il mondo habitat.
Giustamente questa brama di appropriarsi di ogni bene comune per farne una merce e uno strumento di profitto è stato indicato come la grande idolatria della società moderna. Bisognerà meditare su ciò che già gli antichi avevano ben compreso "Le terre non si potranno vendere per sempre, perchè la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti" (LEVITICO 25,23)

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